Volontariato

L’Europa pensa ai giovani ma l’Italia no

«Senza cambiamenti radicali i nostri ragazzi resteranno senza futuro», ha denunciato il commissario Mario Monti. E infatti, se si va a vedere cosa fanno i partner europei...

di Carlotta Jesi

Mammoni, pigri, irresponsabili e imbranati. Le accuse ai giovani italiani piovono ormai da ogni parte. E se quelle, da palcoscenico, lanciate da avvocati e opinionisti di grido (spesso gli stessi che pagano collaborazioni da fame lucrando sui servizi dei giovani in attesa di vera occupazione) durano il tempo di un talk show, più preoccupanti e degni di nota sono i toni misurati con cui il Commissario europeo Mario Monti ha stigmatizzato la condizione di impari opportunità vissuta dai ragazzi italiani: «Senza cambiamenti radicali», ha dichiarato il professore, «andranno incontro a un futuro con garanzie e speranze molto lontane da quelle dei loro coetanei europei». Un giudizio duro che ha seguito la sua provocazione estiva di uno ?sciopero generazionale?. Sta di fatto che, se si mettono a confronto le politiche giovanili dei vari stati Ue, l?Italia ne esce a pezzi. Tanto per capire cosa generi l?assenza di politiche giovanili, vale la pena ricordare i tristi record italiani: un terzo delle regioni europee a più alto tasso di disoccupazione giovanile, il 64% dei giovani italiani che impiega più di un anno per trovare lavoro mentre la media europea è del 38%, l?85% dei ragazzi italiani sotto i 24 anni che vivono a casa dei genitori mentre i coetanei del Vecchio continente lasciano il nido all?inizio dell?università, verso i 19 anni. Record che non sono colpa dei ragazzi ma, piuttosto, di una società corporativa, chiusa, e di una politica volta a garantire più i padri che i figli. As more sign up, fewer sign on. (?Più persone partecipano al programma, meno si iscrivono all?assistenza sociale?): è il motto del New Deal, la nuova strategia inglese contro la disoccupazione giovanile lanciata da Tony Blair al vertice di Dundee. Un programma che favorisce l?inserimento lavorativo dei giovani alla ricerca di primo impiego ?prelevandoli? direttamente al liceo o all?università (una parte è destinata ai ragazzi tra i 18 e i 24 anni) per accompagnarli passo dopo passo sino all?impiego o ?recuperando? gli over 25 disoccupati da più di due anni aiutandoli a riqualificarsi e a riciclarsi. «Un vero affare», lo ha definito il premier, «fra tre parti in causa che investono reciprocamente e reciprocamente guadagnano». Un affare per i datori di lavoro che assumono i giovani ottenendo un incentivo governativo (circa 162 mila lire a settimana e 500 mila per le ore di training previste dal programma); un affare per i giovani che insieme allo stipendio (minimo 110 mila lire a settimana per un part time) acquisiscono esperienza e curriculum; un affare per lo Stato che investe 9 mila miliardi di lire per abbassare il tasso di disoccupazione e il numero di clienti ?passivi? dell?assistenza sociale. Questi i servizi offerti : 4 mesi di tempo (?corridoio? verso il New Deal e in cui si può scegliere di continuare a studiare senza perdere i sussidi di disoccupazione e per la casa) in cui, insieme a un consulente personale, colmare i propri bisogni formativi e quindi cercare un lavoro; seguiti da 6 mesi di lavoro permanente o part time presso aziende pubbliche e private o strutture di servizi sociali che garantiscono training settimanale e un salario. E se i datori di lavorano non pagano, i ragazzi continuano a percepire i sussidi statali e ricevono dal New Deal circa un milione al mese. Dopo i sei mesi lo Stato offre incentivi alle aziende per confermare i contratti. Ai giovani il governo belga dedica un sito Internet ove è possibile richiedere informazioni e scoprire che esistono sussidi per ogni tipo di studi. Per gli studenti delle superiori (basta non essere ripetenti) da 10 a 48 milioni di lire l?anno secondo il reddito. Per universitari e post universitari sotto i 35 anni da 16 a 60 milioni (previsto addirittura un rimborso forfettario di 72 mila lire se si abita a più di 20 chilometri dall?università e altri benefits se si è divorziati, malati o portatori di handicap). Più molti programmi di inserimento lavorativo tra cui: ?contratti di apprendistato? per ragazzi tra i 15 ai 18 anni con durata determinata non inferiore a 6 mesi e nei quali si percepisce uno stipendio fisso perdendo il sussidio di disoccupazione, e ?convenzioni impiego-formazione? per laureati e diplomati tra i 18 ai 25, a tempo parziale con 240 ore di formazione teorica all?anno, stipendio fisso e possibilità di continuare a percepire una parte del sussidio sociale. E i Paesi a noi più vicini? In Francia degni di nota sono i bassi costi universitari (circa 500 mila lire l?anno), borse di studio che coprono l?intero corso di studi per chi ha bassi redditi familiari, alloggi gratuiti per gli studenti, 300 mila lire mensili di aiuto per pagare l?affitto, sussidi di disoccupazione per chi non ha mai lavorato di 700 mila lire mensili e rimborsi governativi per chi ha lavorato almeno 6 mesi e perso il lavoro che variano a seconda del precedente stipendio. E poi gli Emplois Jeunes, i programmi di inserimento lavorativo lanciati dal ministro Aubry, che in un anno hanno creato 138.250 posti di lavoro. Destinati ai giovani tra 18 e 26 anni in cerca di primo impegno e agli over 26 che non hanno lavorato per un periodo di tempo sufficiente a ricevere il sussidio di disoccupazione. Ragazzi che vengono assunti per minimo 60 mesi da enti locali, pubblici e organizzazioni private senza scopi di lucro per svolgere mansioni che vanno dal campo sportivo ai trasporti e ai servizi sociali, con un salario concordato dal datore di lavoro che riceve dallo Stato 27 milioni di lire per ogni nuovo impiegato. Su questa strada si muove anche la Spagna che, seconda fra le regioni europee con più alto tasso di disoccupazione, offre ai ragazzi tra i 16 e i 21 anni privi di qualifiche contratti di formazione non inferiori a 6 mesi e superiori a 2 anni, retribuzione non inferiore al salario minimo di categoria e assistenza sanitaria con permesso di maternità. A laureati, diplomati e disoccupati minori di 30 anni sono invece riservati speciali contratti di pratica. In Germania, invece, si cerca di prevenire la disoccupazione con un?università praticamente gratuita (pur variando tra Länder, l?unico costo a carico degli studenti è quello assicurativo di 100 mila lire a semestre) e la possibilità di seguire scuole professionali che insegnano un mestiere subito dopo la scuola media. Sulla formazione universitaria come antidoto alla disoccupazione punta anche l?Olanda, che agli universitari versa un sussidio di 110 mila lire al mese per chi vive con i genitori e 380 mila per chi vive da solo. Inizialmente concesso come prestito e tramutabile in un vero sussidio che non va restituito se si è in regola con gli esami, può aumentare se non si viene supportati dalla famiglia ed essere prolungato per tre anni oltre la durata ufficiale dei corsi. Se i prestiti rimangono tali devono essere restituiti entro 15 anni dalla fine degli studi ma solo se il debitore può permetterselo: chi non guadagna abbastanza restituisce poco o niente e alla fine dei 15 anni ogni rimanente debito viene cancellato. Insomma, anni luce dal Bel Paese e dai suoi progetti in cui le politiche giovanili sono ripartite tra ministeri spesso non al corrente delle iniziative degli altri. E dove sembra impossibile ottenere informazioni chiare. Non rispondono, forse perché troppo occupati, i giovani consiglieri della ministra Turco. L?unica a darci udienza è la consigliera del ministro Lea Battistoni, che dice: «In quasi tutti i Paesi europei esiste un ufficio per le politiche giovanili. Si tratti di prima casa o inserimento lavorativo, è possibile tramite questi organi specifici concepire una politica generazionale che sia globale. Una struttura così, da noi, manca completamente. Ed è purtroppo normale che le iniziative rivolte ai giovani rimangono legate alle attività dei singoli ministeri. Ma stiamo cercando di portare avanti programmi comuni». Come il disegno di legge sul Consiglio nazionale dei giovani? «Sì, un progetto che dovrebbe vedere la luce in gennaio. Inizialmente avrà solo funzione di rappresentanza ma ci auguriamo si trasformi presto in un?agenzia nazionale da interpellare per decisioni politiche che riguardano i giovani dai 15 ai 29 anni». Speriamo dunque, che il Consiglio si faccia e che i suoi membri non siano solo ?politici in erba?. Per ora i giovani italiani possono contare su un Fondo integrativo per la concessione di prestiti d?onore e borse di studio universitarie , tirocini di orientamento, piani di lavoro interinale, contratti di apprendistato e formazione, contratti d?area, patti territoriali e job sharing di cui è difficile comprendere budget e destinari.


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