Cultura

L’energia non è più un bene pubblico

L’ex ministro Alberto Clò: "L’Enel volle imitare la California, ecco il risultato".

di Giuseppe Frangi

“La crisi ha più cause e più responsabili, non riducibili alla sola necessità di realizzare maggiore potenza”. Aveva scritto questo l?ex ministro dell?Industria, Alberto Clò, qualche settimana fa in un lungo e documentato rapporto sulla situazione del sistema energetico del nostro Paese (rivista Energia, 3/2003). Oggi, professore, è ancora della stessa idea? Alberto Clò: Assolutamente sì. Parlare di centrali, come parlare di nucleare, è parlare d?altro. Vita: Proviamo a rivedere questo film. Nella notte di domenica 28 un albero cade sulla linea elettrica a Brunnen. Tutto per un albero? Clò: La questione dell?albero è risibile. Pensi a quanti alberi in 50 anni possono essere caduti sulla rete dell?Enel senza mai causare danni. Ma c?è qualcosa di ancor più risibile: aver subito un blackout in un momento di domanda minima. Mi sembra di sentire la voce del gestore che si consolava pensando che essendo l?Italia in recessione, la domanda era più bassa e quindi almeno eravamo garantiti dai blackout. Bella consolazione davvero? Vita: Mi sembra di capire: avevamo un buon sistema in regime di monopolio, ne abbiamo uno pessimo in regime di liberalizzazione? Clò: Le cose stanno così. Mi è capitato in questi anni di trovarmi di fronte a incompetenze incredibili. Pensi che nel 1998 la rivista dell?Enel, con Tatò presidente, suggeriva di seguire il modello californiano. ?California docet?, titolavano. Si è visto com?è finita: una delle zone più ricche della terra è in crisi perché le manca il bene primario, l?energia. Oggi anche noi ci troviamo nella stessa situazione: ricchi ma privi di un bene essenziale. Abbiamo fatto un riforma a spezzatino, prendendo un po? da Los Angeles e un po? da Londra, distruggendo un sistema che funzionava e lasciandoci in balia del vuoto. Vita: Vuoto in che senso? Clò: Che oggi ci troviamo senza unità di comando del sistema. Torniamo alla notte tra sabato e domenica. In quel momento per il 30% dipendevamo dalle forniture estere. Non mi chiedo ora le ragioni di questa scelta, ma mi chiedo se qualcuno aveva previsto il margine di rischio che un andamento così ovviamente comportava, e se si era cautelato. Purtroppo la risposta è: nessuno. Vita: Per inadempienze? Clò: No, perché il sistema non prevede un?autorità, per esempio il gestore, che abbia potere sanzionatorio. Si limita a prendere e a far circolare l?elettricità messa a disposizione dai produttori. Ma non può imporre niente a nessuno. Per questo, o si ricostituisce l?unità del comando del sistema, o con i blackout dovremo abituarci a convivere. Ma questo per qualsiasi Paese è un vero disastro. Vita: Si compra dall?estero perché conviene? Clò: Certamente. Ma noi consumatori paghiamo una quota ai produttori per una percentuale di energia di riserva, che non viene venduta. In realtà con questo vuoto di autorità l?unico criterio che regge è quello dell?interesse delle società che producono. Oggi i produttori non hanno obblighi, perché la riforma del 1999 ha lasciato scoperto questo punto cruciale: l?energia, essendo un servizio essenziale, deve essere un obbligo sanzionabile. E ovviamente remunerato. Vita: Questo vuol dire che si è perso il concetto di bene essenziale? Clò: Vuol dire che il nostro sistema non è in grado di disporre con certezza della continuità delle forniture elettriche, qualunque sia la domanda potenziale che essa esprime. Che sarebbe l?obiettivo primo e minimo di un sistema elettrico che possa dirsi moderno ed efficiente. E questo obiettivo, oggi, il nostro sistema elettrico non è in grado di garantirlo. Purtroppo una situazione così grave è gestita da personale politico del tutto incompetente, come le reazioni di questi giorni hanno evidenziato. A giugno ci hanno raccomandato di non lavarci per consumare meno! Oggi ci vogliono far credere che basta costruir centrali per risolvere tutto. Ma la quantità non è una soluzione al caos.


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