Famiglia

L’assenza della legge produce mostri. Giuridici

Il magistrato minorile avverte: nessuna legge né procedura codifica come devono essere svolti gli interrogatori dei minori che avrebbero subito abusi...

di Gabriella Meroni

Il magistrato non ha dubbi: la fase cruciale di un?indagine di pedofilia è la prima. Anzi la primissima: quella che precede la denuncia. Se si fanno passi falsi, si invalida tutto. Peggio: si rischia di prendere fischi per fiaschi. Dove i fiaschi, in questi penosi casi, coincidono con l?annientamento di vite umane, quelle dei presunti pedofili e quelle delle presunte vittime.

Piercarlo Pazè è un magistrato minorile di lunga esperienza: già procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino, oggi dirige la rivista interdisciplinare di studi giuridici Minorigiustizia (Franco Angeli). Il caso di Rignano Flaminio non lo conosce direttamente, e per questo non ne vuole parlare. Troppa confusione, troppe voci contrastanti. Ma in quel caso, come nei tanti che ha potuto vedere da magistrato, l?imperativo rimane lo stesso: non forzare.

Vita: Dottor Pazè, quanto incide nelle inchieste di pedofilia il ?fattore umano?, ovvero l?allarme sociale che anche solo il sospetto che siano accadute violenze sui bambini suscita?
Piercarlo Pazè: La psicosi è sempre possibile, come è possibile che una mamma spaventata possa creare un allarme sproporzionato rispetto ai fatti accaduti. Va detto però che nella maggioranza dei casi le violenze pedofile denunciate trovano riscontri nella realtà. Al massimo può succedere che si amplifichino alcune situazioni, ma sono casi rari. Detto questo, è chiaro che qualsiasi forzatura è assolutamente da evitare, soprattutto quando ci si rapporta a dei bambini piccoli.

Vita: Che cosa secondo lei può causare queste ?forzature??
Pazè: Sulla pedofilia è giusto che ci sia la massima sensibilità, la massima preoccupazione. Se questa però si trasforma in uno stato di perenne allarme allora si può anche arrivare alle false accuse. Che però, lo ripeto, statisticamente non sono molte.

Vita: Secondo i giornali a Rignano Flaminio i bambini sarebbero stati ?interrogati? dai genitori in vari modi, anche con l?ausilio di video casalinghi e attori improvvisati. È regolare una deposizione raccolta in questo modo? Cosa dice la legge sui metodi per interrogare un bambino?
Pazè: La legge non dice niente. Non esistono procedure codificate, consolidate, seguite da tutti. La fase di predenuncia, per così dire, che è quella su cui si gioca la credibilità di tutte le inchieste come queste, non è regolata da nessuna norma giuridica.

Vita: Vuole dire che è lasciata al buon senso dei magistrati?
Pazè: Al buon senso di chiunque raccolga la testimonianza dei bambini: assistenti sociali, psicologi, genitori, insegnanti. In carriera mi sono imbattuto alcune volte, specie nelle cause di separazione, in madri visionarie che si inventavano i peggiori abusi sui figli, e non solo accusavano gli ex mariti, ma cercavano di convincere i bambini di aver realmente subito violenze mai accadute. Ci vuole molta attenzione, molta sensibilità.

Vita: In mancanza di procedure giuridiche, che cosa può sostenere chi indaga in questo lavoro così delicato?
Pazè: Esistono regole di prudenza ed esperienza che sono state anche messe nero su bianco da alcune associazioni nazionali e internazionali. In Italia per esempio c?è la Carta di Noto, redatta nel 1996 da un team di magistrati, avvocati, psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, criminologi e medici legali. Anche il Cismai, il coordinamento dei servizi contro il maltrattamento e l?abuso all?infanzia, ha diffuso delle linee guida. Ma non esiste nessun obbligo di seguirle.

Vita: Il suo consiglio?
Pazè: Evitare gli atteggiamenti sicuramente sbagliati, che possono rovinare da subito un?intera inchiesta penale. Il bambino ha i suoi tempi, non bisogna mai forzarlo. Se ha davvero subìto violenze, in genere le tira fuori spontaneamente se si trova a proprio agio e capisce che si può fidare di chi ha di fronte.


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