Sostenibilità
Lambiente allo sbaraglio
Il decreto delega del governo riletto dal wwf: cancellata la norma che disciplina il risarcimento del danno ambientale. Ma non solo...
Delega che ti delego. E dopo averti delegato mi impegno a mantenere la delega. Scherziamo? Niente affatto. La legge delega sull?ambiente del governo è esattamente questo. Nulla di chiaro, tutto di preciso. La redazione dei testi, infatti, è attenta, curata, abile per cui in un contesto così prospettato, oltremodo generale, quindi condivisibile per la sua generalità, porta il lettore ad accettare ciò che nella delega è scritto e, per ciò stesso, non criticabile. I testi, infatti, riportano spesso ampi stralci delle direttive comunitarie, quelle dell?Unione europea; ripropongono pezzi di articolati delle stesse leggi che dichiarano di abrogare e, poi, su questi innestano norme che contraddicono o rendono inattuabili i principi appena affermati.
E noi? Ci capiamo poco. E, allora, che fare? Affidarci a chi più di noi ne capisce e queste materie le studia. Di seguito ci lasciamo condurre dal WWF per capire, contestare e, magari, contestualizzare ciò che la legge delega sull?ambiente ci racconta e, di sicuro, ci occulta.
Non abbiamo un giudizio sulla questione delle aree protette. Non è un?omissione. Il testo, su quest?ultimo argomento, non è ancora stato redatto. Ci scusiamo anzitempo per il tecnicismo della trattazione. Eppure non si può fare altrimenti. Uno sforzo in più ci consentirà di essere più consapevoli.
Danno ambientale, norma cancellata
Il decreto dovrebbe applicare in Italia la direttiva europea sulla ?responsabilità ambientale? (direttiva 2004/35/ Ce). In pratica, però, cancella totalmente la norma che disciplina il danno ambientale, la responsabilità e il risarcimento da danno ambientale – l?art. 18 della legge 349/1986 – senza sostituirlo con nuove regole più adeguate all?evoluzione giurisprudenziale degli ultimi 20 anni né alle norme comunitarie, ma invece riducendone fortemente il contenuto e il campo di applicazione.
Stiamo parlando non di leggi astratte e lontane dalla nostra vita quotidiana, ma di regole concrete che dovrebbero garantire anzitutto che non accadano i gravi fatti di inquinamenti e disastri ambientali di cui siamo vittime sempre più frequentemente e che, quando questo succede, comunque il responsabile debba pagare per riparare i danni provocati all?ambiente e alla salute.
Con il decreto vengono stabilite nuove norme sul procedimento amministrativo, che rendono più complicato l?accesso ai tribunali amministrativi, senza che questo fosse previsto dalla legge delega; definita una nuova procedura per le azioni di risarcimento del danno ambientale limitative rispetto alle norme ora in vigore, che sembrano scritte allo scopo di alleggerire la responsabilità di chi provoca danni all?ambiente e alla salute piuttosto che per garantire la ?prevenzione? e la ?riparazione? dei danni come prescritto dalle leggi e dai principi dell?Unione europea. Alcune norme poi sono scritte in maniera non chiara, e si prestano quindi a difficili e non univoche applicazioni ed interpretazioni.
Il fatto che appare più grave è il ruolo marginale di regioni ed enti locali. Di fronte a un rafforzamento del ruolo dello Stato, in particolare del ministro dell?Ambiente e dei prefetti, è prevista come facoltà, ma non come obbligo del ministro dell?Ambiente, di collaborare con Regioni ed enti locali . Questi vengono relegati a ruoli secondari , con grave violazione delle loro competenze costituzionali ed incoerenza rispetto all?evoluzione ?regionalista? o addirittura ?federalista? degli ultimi anni.
La tendenza ?centralista? è confermata dagli articoli del testo in cui regioni ed enti locali vengono coinvolti nelle procedure di riparazione del danno ambientale, di cui unico titolare è il ministro dell?Ambiente, solo «se del caso» o «in caso di urgenza estrema».
Bonifiche: ma chi è il responsabile?
I l testo relativo alle bonifiche va letto in modo congiunto e parallelo a quello sul danno ambientale. Anche in questo testo manca una chiara definizione del ?responsabile? della bonifica e non si risolve il problema delle ?responsabilità condivise? che hanno bloccato sino ad oggi gli interventi più complessi (si pensi a Marghera). Vengono previsti accordi di programma che, però, sono di portata enorme e possono addirittura stravolgere il procedimento ordinario e negoziare sui tempi degli interventi di bonifica di aree gravemente inquinate. I limiti tabellari vengono affiancati dall?introduzione di una procedura detta di ?valutazione del rischio? e non si capisce se questa possa essere utilizzata anche per evitare o posticipare un intervento di bonifica, o se possa ammettere la presenza di inquinanti fuori dai limiti stabiliti dalla legge. Prevede l?autocertificazione che, se accolta nella fase iniziale, chiude il procedimento dell?autorità pubblica.
Rifiuti: l’Italia se ne fa un baffo dell’Europa
I l WWF ha denunciato alla Commissione europea la violazione delle leggi comunitarie sui rifiuti attuata con la ?legge delega? (legge 308/2004) e ottenuto l?avvio di una ?procedura di infrazione? nei confronti dell?Italia, avviata lo scorso agosto perché, scrive la Commissione Ue, l?Italia ha modificato le direttive europee sui rifiuti di modo che «sostanze e oggetti che sono da considerarsi rifiuti secondo la direttiva 75/442, vengono invece sottratti all?ambito della legislazione italiana sui rifiuti».
L?Italia è quindi «venuta meno agli obblighi previsti». In sostanza questo significa che oggi in Italia molte materie e sostanze, soprattutto residui di lavorazioni industriali anche pericolosi e contaminati, sono considerati come materie normali, riutilizzabili e commerciabili senza controlli. L?Italia potrebbe diventare la pattumiera d?Europa, perché negli altri paesi vigono regole ben più severe e controlli sui rifiuti .
Nel decreto sui rifiuti formalmente vengono abrogate queste leggi contestate dall?Europa, ma poi vengono di nuovo rimesse nel testo mascherate e difficilmente individuabili se non dagli addetti ai lavori. Per citare le prime cose che balzano agli occhi, evidenziamo che vengono riproposte le ?materie prime seconde? non previste dall?Europa, il principio di precauzione posto sullo stesso piano di quelli dell?efficienza e dell?economicità, si riscrive la nozione di rifiuto, viene istituita anche un?apposità Authority che però, occupandosi anche di acque, viene prevista all?interno del decreto legislativo relativo appunto alle acque.
Acque: prevale la burocrazia e non la geofisica
N el prevedere (finalmente) il recepimento della direttiva 2000/60 sulla tutela delle acque, non si procede alla corretta definizione del cosiddetto distretto idrografico preferendo la scelta di una perimetrazione giuridico amministrativa rispetto a una geofisica. La questione non è di poco conto se si considera che i bacini idrografici devono contemplare anche la valutazione delle acque sotterranee. Il nuovo testo abroga e riscrive la legge in difesa del suolo (l. 183/89), quella sulla tutela delle acque (l. 152/99) e la ?legge Galli? sugli acquedotti (l. 36/94).
Segnaliamo come punto di delicatezza da riscontrare, come è stato risolto il problema, indicato esplicitamente in legge delega, dell?armonizzazione dei piani di bacino o idrici rispetto ai piani regolatori, per esempio in relazione alle aree inedificabili destinate alle esondazioni dei fiumi .
Inquinamento atmosferico: sanzioni minime
Il decreto dovrebbe riscrivere le regole per tute le attività umane che producono emissioni nocive o pericolose per la salute e per l?ambiente, adeguandole anche alle più recenti direttive europee in materia. Poiché si tratta di attività industriali che possono, se non gestite correttamente, provocare gravi e drammatici casi di inquinamento, si dovrebbe stabilire pesanti sanzioni, soprattutto economiche, per chi non rispetta i limiti e le regole imposti dalla legge.
Cosa rischierà chi, ad esempio, «inizia a costruire o esercisce un impianto in assenza della prescritta autorizzazione» o dopo «l?ordine di chiusura dell?impianto»? Sarà punito «con la pena dell?arresto da due mesi a due anni o con l?ammenda da 258 euro a 1.032 euro». Chi, invece, non rispetta i limiti di emissioni stabiliti dalle autorizzazioni, ?rischia? fino a un anno di arresto o il pagamento di ben 1.032 euro. Insomma, in Italia sarà molto più rischioso e costoso superare di 20 chilometri il limite di velocità per le automobili che gestire un impianto industriale inquinante.
Valutazione di impatto ambientale: ci interessa davvero?
E’ un?importante procedura prevista dalla direttiva 97/11/CEE, che stabilisce che la Via – Valutazione di impatto ambientale «mira a fornire alle autorità competenti le informazioni adeguate che permettano di decidere su un determinato progetto con cognizione di causa per quanto riguarda il possibile notevole impatto sull?ambiente», e che «la procedura di valutazione è uno strumento fondamentale della politica ambientale quale definita dall?art. 130 R del trattato e del quinto programma comunitario a favore dell?ambiente e di uno sviluppo sostenibile».
Secondo l?art. 130 R del Trattato Ue (paragrafo 2) la politica comunitaria per l?ambiente è fondata sui principi di «precauzione e prevenzione» e «sul principio della correzione, alla fonte, dei danni creati all?ambiente, nonché sul principio chi inquina paga».
Secondo la direttiva 97/11/Cee la Via è uno strumento a carattere «preventivo e integrativo» delle autorizzazioni su progetti «per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o ubicazione» (art. 2) .
Le finalità della procedura di Via sono l?individuazione, descrizione e valutazione «per ciascun caso particolare (?) degli effetti diretti ed indiretti di un progetto su: uomo, flora, fauna, suolo, acqua, aria, clima, paesaggio, beni materiali e patrimonio culturale» e l?interazione tra questi fattori (art. 3).
Altro principio inderogabile della direttiva è l?informazione e consultazione del pubblico e delle autorità interessate dal progetto e quindi l?obbligo per gli Stati membri di garantire che «ogni domanda di autorizzazione sia messa a disposizione del pubblico entro un termine ragionevole per dare la possibilità agli interessati di esprimere il proprio parere prima del rilascio dell?autorizzazione», nonché l?adozione di misure necessarie «affinché le autorità che possono essere interessate al progetto per loro specifica responsabilità in materia di ambiente, abbiano la possibilità di esprimere il loro apre sulle domande di autorizzazione».
Tutto questo viene cancellato con il nuovo decreto sulla Via che prevede: che la procedura, che comprende la valutazione da parte di una commissione di tecnici (non politici o amministratori) e la partecipazione del pubblico con osservazioni e proposte, nonché di Regioni ed enti locali, si deve concludere in 90 giorni dalla pubblicazione del progetto.
Trascorso questo termine, si può sostituire nella decisione il Consiglio dei ministri (che quasi sempre è il ?proponente? delle ?grandi opere pubbliche?, le più impattanti per l?ambiente) e se neanche questo decide, passati altri 60 giorni, il progetto viene comunque approvato.
Dice testualmente il decreto che il superamento dei termini «equivale a giudizio positivo incondizionato sulla compatibilità ambientale del progetto presentato». Si tratta del più grave caso fino ad ora registrato di violazione di una direttiva europea.
Come se non bastasse, vengono esclusi a priori dalla procedura di Via tutti i progetti destinati a scopi di protezione civile: poiché è il presidente del Consiglio dei ministri che emana le ordinanze di protezione civile, potrebbe essere facile far passare tante opere con impatti negativi sull?ambiente – come è già accaduto – per opere di protezione civile.
L’iter legislativo
Un Testo unico, di 318 articoli, invece di cinque decreti. Ha preso la forma di un codice unico per l?ambiente l?attuazione della legge delega ambientale di cui parliamo in queste pagine.
L?iter legislativo che aspetta il nuovo Testo unico è molto articolato: una volta approdato al Consiglio dei ministri, dovrà passare all?esame delle Commissioni parlamentari chiamate a esprimere un parere che dovrà essere recepito dal ministero competente. A quel punto il decreto tornerà al Consiglio dei ministri per l?approvazione definitiva. È probabile che il nuovo ?codice? delle leggi ambientali venga approvato a inizio 2006 ma sarebbe auspicabile una proroga dei tempi di approvazione per un riesame e la correzione dei tanti aspetti negativi.
Per saperne di più
il testo legislativo: www.wwf.it/ambiente/dossier/
ElencoDossier.asp?nArgomento=132&nDossier=25
le critiche del WWF: www.wwf.it/ambiente/dossier/
ElencoDossier.asp?nArgomento=136&nDossier=4
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