Famiglia

L’allarme da Milano, adozioni a zero

Solo il 20% delle coppie in attesa di adottare è disposto ad accogliere un bimbo con disabilità leggera. Dalla primavera del 2006 sono crollate anche le risposte agli appelli dei tribunali

di Sara De Carli

Trovare famiglia ai bambini disabili è la sua specialità. Alberto Pozzi, pediatra e giudice onorario del Tribunale dei minori di Milano, dal dicembre del 2004 si occupa esclusivamente di bambini con handicap. Con lui cerchiamo di capire le proporzioni di questa realtà, visto che dati nazionali non ce ne sono. Melita Cavallo, capo del Dipartimento di Giustizia minorile, assicura che i numeri dei minori abbandonati a causa di malformazioni, malattie e disabilità ci saranno in ottobre, con la banca dati nazionale dei minori abbandonati, ma a occhio e croce sono meno di un centinaio. L?Istituto degli Innocenti, nel suo ultimo rapporto, parla di un centinaio di bambini l?anno per cui non c?è verso di trovare famiglia, o perché sono troppo grandi o perché hanno un handicap: e questo nonostante vi siano 13 coppie in attesa per ogni bambino adottabile.

A Milano, invece, il dato c?è: in due anni e mezzo il giudice Pozzi ha dato in adozione 47 bambini con handicap. Contando quelli assegnati ai suoi colleghi, si arriva a 20 bambini all?anno solo su mezza Lombardia, da Sondrio a Pavia, perché il resto della regione è di competenza del tribunale di Brescia. Venti bambini a fronte di 4.500 coppie in attesa di diventare mamma e papà: sembrano una quisquilia. Invece, spiega Pozzi, «tra queste un 20% scarso è disposto ad accogliere bambini con handicap, e solo se l?handicap è lieve o reversibile: un bambino nato prematuro, il labbro leporino, un lieve strabismo, una sordità che si risolve con l?apparecchio. Stop. Per tutto il resto, che pure c?è, difficilmente troviamo disponibilità. Nel secondo semestre del 2006 nessuna coppia tra quelle in attesa ha accettato un bambino disabile. Dalla primavera scorsa siamo con l?acqua alla gola anche per le risposte agli appelli che pubblichiamo sui giornali».

Pozzi non tira in ballo l?egoismo e l?individualismo. Anzi, dice che prima di fare questo lavoro non immaginava che esistesse tanta gente buona: la spiegazione più attendibile, per lui, è che per accogliere un bambino con handicap bisogna avere una certa mentalità ma soprattutto disponibilità di tempo, certezze economiche, un programma di futuro. «E siccome il contesto certezze non ne dà, la disponibilità si è ridotta». Ciò che è richiesto a queste famiglie è pesante, e al tribunale preferiscono descrivere il bicchiere mezzo vuoto, anche a costo di smorzare qualche entusiasmo: «Se dai illusioni, poi ti riportano indietro il bambino, e questo è il peggior danno. Devi dare a ogni coppia un peso che può portare. Il cammello e il mulo se li sovraccarichi si inchiodano: l?uomo invece è più imbecille e si sobbarca del carico, fa dieci metri e poi stramazza a terra. A volte respingiamo le coppie perché mancano le condizioni: se due sono da soli, il carico è troppo grande, serve l?accordo dei nonni e dei figli».

I buchi nel sistema per Pozzi sono tre: «Pubblicizzare il fatto che questi bambini ci sono, anche se non ci piacciono, e che hanno bisogno di genitori. Il secondo è il futuro: questi genitori oggi accolgono il bambino, ma domani non ci saranno più. Cosa fai, lo lasci in carico ai fratelli? E se non sono d?accordo? Infine la burocrazia: nei servizi spesso il telefono è uno sconosciuto». Ben venga allora ogni aiuto, a cominciare dal mantenere un rapporto con le comunità di accoglienza da cui i bambini vengono, soprattutto se di impronta clinica.

Trovare una famiglia a questi bambini è una corsa contro il tempo. Più crescono e più pesa una sorta di ?secondo handicap?: l?età. Ma per Donata Nova Micucci, presidente dell?Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, la colpa è anche delle istituzioni, che non garantiscono quel sostegno economico previsto dalla legge 149: «L?articolo 6 dice che le Regioni nelle adozioni di bambini con handicap possono intervenire economicamente fino a che gli adottati hanno 18 anni. Ma quel ?può? molto raramente si trasforma in realtà». Pozzi racconta un aneddoto illuminante: «Un bambino in comunità costa dai 120 ai 200 euro al giorno. Un sindaco di un piccolo Comune mi ha detto che mantenere una bambina per un anno gli costava quando l?appalto per la raccolta della spazzatura e quindi doveva scegliere: o la bambina o la raccolta della spazzatura». è cinico, ma pare siamo arrivati lì: rifiuti ingombranti?


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