Mondo

L’Africa tutta virtuale. Perché non va il piano di Berlusconi

Dopo il G8. L’Italia punta sull’e-government. Berlusconi ha lanciato l’idea di un progetto informatico per aiutare l'Africa. (di Massimo Pallottino)

di Redazione

Calgary, luglio Un vertice concreto» è stato il commento del presidente del Consiglio al termine del vertice di Kananaskis. Ma nel Piano di azione per l?Africa, la concretezza è difficile da trovare, e l?inconsistenza degli impegni degli otto grandi nei riguardi del continente dimenticato, ha trovato larga eco in tutti i commenti. La responsabilità di questo deludente risultato va suddiviso tra i leader degli otto Paesi, che non hanno tuttavia avuto lo stesso atteggiamento dei riguardi del Nepad (il piano di azione preparato dai leader africani e presentato nel corso del vertice). Alcune delegazioni, come quelle americana e giapponese, si sono opposte ferocemente alla definizione di qualsiasi impegno, mentre il leader canadese Chrétien usava l?aumento del budget degli aiuti del proprio Paese per rispondere alle domande sull?assenza di impegni nel Piano per l?Africa, a lui rivolte in quanto presidente di turno del vertice. Un défilé per il premier E l?Italia? Come già avvenuto in alcune occasioni recenti, il premier Berlusconi ha utilizzato questa occasione per rafforzarsi sia sul piano interno, che sul piano internazionale. In ciò ottimamente supportato dai giornalisti italiani presenti, le cui domande gli hanno permesso di evitare ogni commento diretto sul Piano per l?Africa. Il premier ha avuto buon gioco nel rivendicare addirittura un ruolo centrale nell?inserimento del russo Putin nel consesso del G8, sorvolando sulle cause del lunghissimo percorso di ridefinizione degli scenari internazionali (abbondantemente ricordati dalla stampa non italiana). Allo stesso modo si spiega l?enfasi sul modello informatico dell?e-government, tanto pubblicizzato da Berlusconi quanto sostanzialmente ignorato negli interventi degli altri leader europei e africani. Questa iniziativa riveste tuttavia un carattere assai interessante per decifrare l?atteggiamento di fondo del nostro Paese nei riguardi delle politiche di aiuto: presentata come esempio della genialità italica, questa iniziativa rappresenta la spina dorsale (e invero pressoché l?unico elemento) dell?iniziativa italiana a sostegno del Nepad. Si tratta del classico uovo di Colombo che dovrebbe permettere, nel giro di un anno, un anno e mezzo, secondo quanto affermato da Berlusconi durante la conferenza stampa, a una cinquantina di Paesi di disporre di strumenti di bilancio pubblico avanzati e conformi agli standard internazionali. Senza voler sottostimare la necessità di una trasformazione della pubblica amministrazione dei Paesi in via di sviluppo (ma anche, per dire la verità, nei Paesi industrializzati), chiunque abbia una pur minima esperienza di queste materie potrà confermare che non è certo la mancanza di strumenti gestionali sofisticati a impedire lo sviluppo dei Paesi più poveri del mondo. Mercati superprotetti I governi del Sud si trovano invece a dover fronteggiare l?alea di prezzi internazionali e la continua e drammatica caduta del valore dell?export rispetto all?import. Condizioni in cui ogni pianificazione di bilancio sul medio termine è impossibile. Senza contare il fardello del debito, che pesa oggi per più di 300 miliardi di dollari sui soli Paesi dell?Africa, e che l?iniziativa Hipc (heavily indebted poor countries, ovvero Paesi poveri più fortemente indebitati) è riuscita soltanto a intaccare. Per non dire degli enormi interessi in gioco nel caso dei Paesi produttori di materie prime strategiche (il petrolio per la Nigeria, o il coltan per i Paesi dell?Africa centrale), e che nessun ?buon governo elettronico? può modificare. La posizione del governo italiano sui temi dello sviluppo, per quanto segnata da qualche limite dovuto a una scarsa frequentazione della tematica, è comunque del tutto coerente con uno scenario internazionale per cui lo sviluppo dei Paesi poveri è visto in stretta correlazione con la necessità di ampliare i mercati delle imprese del Nord, oltreché con la necessità di contrastare i flussi migratori che provengono dal Sud del mondo. Quello che manca nel nostro Paese è una visione equilibrata, in cui a un interesse puramente ?mercantile? e di difesa dei confini, faccia riscontro la possibilità di altri settori della società di esprimere voci alternative: quando Berlusconi cita gli ambasciatori del Regno Unito come esempio di rappresentanza e promozione degli interessi commerciali del loro Paese, dimentica che lo stesso Regno Unito dispone di uno dei dipartimenti per la cooperazione più potenti e indipendenti del pianeta. Il caso e-government L?interesse dell?Italia nel settore dell?e-government assume un valore paradigmatico non solo quindi perché permette di giocarsi una carta assai gradita da una potente fetta dell?industria privata in un settore tutto sommato marginale e poco rischioso della cooperazione, ma anche perché rappresenta il naturale complemento di un?immagine del mondo in cui il sottosviluppo è sostanzialmente responsabilità dei Paesi «che sono rimasti indietro a causa della mancanza di democrazia e delle guerre», come ha detto Berlusconi a Kananaskis. Si tratta in definitiva di una visione degli equilibri internazionali in cui la democrazia liberale e il liberalismo economico si sostengono a vicenda, determinando le condizioni necessarie alla crescita economica e a uno ?sviluppo? equilibrato e a beneficio di tutti. È una visione largamente ?inconsapevole? dei contesti internazionali, degli equilibri di potere, e del fatto che gli stessi Paesi ricchi non mettono in pratica le ricette che propongono (vedi le scandalose politiche agricole protezioniste di tutti i Paesi industrializzati). Visione in crisi sul piano analitico ma che non ha assolutamente perso il suo appeal, sia a livello di decisioni politiche che di volgarizzazione di queste presso il pubblico. Con iniziative come quella dell?e-government, e con annunci a effetto non seguiti da fatti concreti (l?aiuto pubblico allo sviluppo all?1% del Pil), il governo italiano trova una collocazione in un contesto internazionale dove, sotto il manto dell?aiuto umanitario, potenti interessi cercano nuovi equilibri. Non vorremmo tuttavia che questo tentativo vada a discapito di un reale impegno a favore dei Paesi poveri, dove altri argomenti devono trovare applicazione. Massimo Pallottino


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