Cultura

L’Africa di Caino e Abele di Magalini? Esordio da 10

Recensione del libro "L'albero dei piedi alto" di Fabio Magalini.

di Paolo Manzo

Un volontario con il sogno di diventare scrittore. Questo è Fabio Magalini, romano, classe 1958. Ed è una fortuna per chi legge che, finalmente, il suo sogno si sia tramutato in realtà, e abbia scritto L?albero dei piedi alti (Mursia, 12,90 euro). Un libro che cattura e che, pur rimanendo un ?semplice? romanzo, descrive in uno stile ?neorealista all?africana? una delle realtà più sofferenti del mondo: il nord dell?Uganda. Esercito regolare, banditi karimojong, ribelli del Lord?s Resistance Army, bande di bambini soldato. E poi la guerra, i campi profughi, la vita e la morte. È questa l?Uganda raccontata da Magalini, un Paese dilaniato in cui cerca di muoversi Pietro, un volontario italiano il cui destino incrocia quello dei fratelli Oboke Owen, Charlie e Lester, sorta di Caino e Abele moderni e africani. La presenza di un volontario indurrebbe a immaginare una forte componente autobiografica, ma il 45enne scrittore romano rifiuta ogni addebito: “Sono stato e sono un volontario, ma la mia trama è pura fiction letteraria”. Sarà, ma la storia africana raccontata “all?ombra dell?albero dei piedi alti”, dà voce a chi non ha voce, in un contesto sociale e politico travagliatissimo e, ciò che più colpisce, è l?efficacia della descrizione del quotidiano duello tra il ?Bene? e il ?Male?, che apre al trionfo della vita sulla morte. Un romanzo che spalanca gli occhi di chiunque sul significato di un?autentica solidarietà.


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