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Ladozione pende sempre ad est
La Commissione adozioni internazionali ha autorizzato undici nuovi enti ma la maggior parte dei opererà solo nellEuropa orientale
Aveva promesso di eliminare tutti contenziosi pendenti entro la fine di maggio e così è stato. Melita Cavallo, neopresidente della Commissione per le adozioni internazionali, il 31 maggio ha chiuso la partita con gli enti che avevano fatto ricorso per ottenere l?autorizzazione alla gestione delle adozioni internazionali e ha permesso l?iscrizione di undici nuove associazioni nell?elenco ufficiale. Gli enti a disposizione delle coppie che desiderano adottare bambini stranieri passano così da 46 a 56, visto che il Servizio Sociale Internazionale di Roma ha chiesto e ottenuto la propria cancellazione dall?albo. Dall?ente, che ha lo status di organismo internazionale e si occupa di tutelare i rifugiati e gli stranieri in difficoltà, spiegano di aver chiesto la cancellazione su decisione della sede centrale di Ginevra, che considera contrario ai fini statutari dare corso ad adozioni a pagamento.
L?ingresso di undici nuovi enti – insieme ai numerosi allargamenti del campo di operatività nazionale di quelli già esistenti – promette di cambiare completamente gli equilibri e la gestione del sistema adozioni. «Abbiamo esteso la competenza in nuove regioni a tutti gli enti che ce lo hanno richiesto» commenta la presidente Cavallo, «d?altra parte, avevamo già accordato ad alcune coppie la possibilità di rivolgersi ad enti al di fuori della loro regione di residenza, se erano legate a questi da particolari motivi di fiducia». L?associazione Gianni Pirina e l?associazione Brutia, ad esempio, sono state autorizzate anche per rispondere all?esigenza di due regioni come Sardegna e Calabria di avere un ente autorizzato che fosse espressione originaria del territorio. La Commissione Adozioni, evidentemente, ha deciso di seguire alla lettera le indicazioni della Commissione Affari Sociali della Camera che, nel dicembre scorso, aveva raccomandato di aumentare il numero degli enti e di allargare le aree geografiche di competenza. Un orientamento su cui gli operatori delle associazioni ?storiche? non sono affatto d?accordo. La maggior parte di loro si domanda come sarà possibile operare un controllo su così tanti enti autorizzati che si troveranno, tra l?altro, tutti a ?competere? negli stessi Paesi esteri.
Non a caso, nove degli undici nuovi autorizzati hanno come ambito operativo l?Europa dell?Est, in Paesi dove le adozioni sono bloccate, come la Romania, la Moldavia, la Bielorussia, la Russia. «È vero, quasi tutti questi nuovi enti andranno a cooperare con l?Est» dice la Cavallo. «Ma la Commissione non può sindacare la scelta del Paese straniero fatta dall?associazione. Questo, comunque, è il segnale di una forte richiesta da parte delle coppie italiane di bambini europei a discapito di quelli di altre etnie. Stiamo cercando di promuovere l?apertura delle associazioni anche ad altri Paesi, come quelli africani, che finora sono rimasti piuttosto emarginati».
I due enti ?controcorrente? che hanno scelto Paesi meno richiesti, sono il movimento Shalom, di San Miniato, che gestirà le adozioni dal Burkina Faso, e l?associazione Agapè, di Catania, che coopera con El Salvador. Entrambe hanno una lunga esperienza di cooperazione internazionale e di adozioni a distanza, a cui è seguita l?idea di gestire anche adozioni vere e proprie. «Abbiamo chiesto l?autorizzazione per il Burkina Faso perché è il Paese più povero con cui cooperiamo» spiega il fondatore di Shalom, don Andrea Cristiani, «e ci siamo proposti con uno spirito di provocazione: chi vorrà rivolgersi a noi per adottare questi bellissimi bambini neri, che non vuole nessuno? Dovranno essere coppie con tanto amore per la vita e voglia di sfidare i pregiudizi».
Anche l?associazione Agapè intende puntare sullo spirito di cooperazione verso un paese, El Salvador, che ultimamente è stato messo in ginocchio anche dal terremoto: «Stiamo lavorando alla costruzione di una casa-famiglia» dice la rappresentante, Silvana Valentino. Perché «l?adozione deve essere l?ultima possibilità, all?interno di un progetto di sostegno e di cooperazione a distanza».
All?indomani della pubblicazione del nuovo albo, la presidente Cavallo ha convocato tutti i rappresentanti degli enti, «per conoscerci e per stabilire strategie comuni», ha spiegato. «Ora la parola d?ordine dovrà essere collaborazione, fondamentale per rendere le adozioni sicure e per aprirsi sempre più verso Paesi e popoli davvero emarginati».
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