Formazione

L’adolescenza rottamata

Ogni anno, nel mese di maggio, 100 ragazzi italiani tentano il suicidio per problemi legati all’andamento scolastico (di Vittorio Lodolo D’Oria).

di Redazione

Evviva, è suonata l?ultima campanella. Tutti felici e pronti per il mare (tranne chi è chiamato agli esami). Tutti, ma proprio tutti? Nemmeno per idea. Non c?è spazio per i deboli. Tanto meno per le cure. Si tratta di una selezione naturale. Per insegnanti, genitori, studenti, dirigenti, la solidarietà e la condivisione rischiano di restare parole astratte. Ognuno conti sulle proprie forze e basta: al di là del tuo ego non c?è nulla. E le cose stanno veramente così da quando abbiamo cominciato a rottamare la famiglia, bombardandola con gli slogan pubblicitari, pronunciati da suadenti fanciulle. Si finisce col credere alla storiella del “Tutto intorno a te”, perché è istintivo e appagante sentirsi ombelico del mondo quando tutto gira per il verso giusto, finché un brutto giorno (che solitamente arriva in anticipo rispetto alle nostre previsioni) non ti ritrovi solo e pensi che far harakiri – brutta fine per un ombelico e tanto più se giovane e col piercing – sia l?unica soluzione. Da dove mi proviene tutto questo pessimismo (o realismo?) è presto detto: ogni anno sono circa 100 i ragazzi tra i 14 e i 18 anni che, nel periodo tra maggio e giugno, tentano il suicidio, spesso riuscendoci. Così come è stato, secondo i primi accertamenti, per la ragazzina di 14 anni trovata morta in Valtellina e che si sarebbe gettata da un ponte per timore di essere bocciata all?esame di terza media. “I casi di suicidio tra i giovani”, afferma il neuropsichiatra Levi, “in pochi anni sono raddoppiati e la tendenza segnala un?ulteriore crescita”. La causa, secondo il neuropsichiatra infantile, è la depressione che tocca fasce d?età sempre più basse. Il 2,8% della popolazione tra gli 8 e i 13 anni è depresso, e su 100 ragazzi depressi quattro almeno tenteranno il suicidio: ecco che il problema si delinea nella sua gravità. “La tragedia”, spiega Levi, “è che a scuola troppo spesso la depressione è scambiata per svogliatezza, così il giudizio dei professori non è favorevole e la sofferenza aumenta. Un?interrogazione andata male, il timore di essere bocciati, la perdita di un oggetto d?amore anche piccolo (come il cane o il gatto) e la reazione dell?adolescente scoppia con forza incommensurabile. “Si pensi che per ogni suicidio riuscito”, dice ancora il neuropsichiatra, “ci sono otto tentativi compiuti con serietà e determinazione”. Nei due terzi dei casi i giovani aspiranti suicidi, secondo Levi, hanno problemi psicologici ma un elemento tragico li accomuna tutti: “Pretendono troppo da se stessi, si prefiggono ideali irraggiungibili, si sentono crollare davanti al giudizio sfavorevole degli adulti. Si tratta di ragazzi tristi, spenti, inibiti, bloccati, incapaci di gridare il loro dolore e la loro sofferenza”. Su quest?ultima affermazione vale la pena riflettere. Perché dovrebbero ?gridare? (cioè comunicare imperiosamente) il loro dolore se sono convinti che oltre a loro non ci sia nessuno? “Tutto intorno a te”, dice la pubblicità, sottintendendo che non hai bisogno di niente, di nessuno. Se potessimo smascherare l?inganno capiremmo che alla regola del “tutto intorno a te” ne consegue una altrettanto vera del “nessuno intorno a te”. è proprio a scuola, all?interno della classe dove spesso i problemi nascono, è lì, suggerisce Levi, che deve essere affrontata la sofferenza mentale del singolo per cercare di trovare una soluzione. Se il neuropsichiatra avesse letto lo studio Getsemani, comprenderebbe quanto è diffusa la sofferenza nella scuola medesima e forse si domanderebbe – io stesso me lo chiedo – se i nostri adolescenti potranno realmente attingere speranza da una classe docente così sfiduciata e logorata. Credo ancora, e fortemente, che la soluzione passi attraverso la restituzione della centralità alla famiglia, altrimenti saranno … pazzi nostri Vittorio Lodolo D?Oria.


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