Famiglia

L’uomo del treno: due francesi da accademia

Recnsione del film "L'uomo del treno" di Patrice Leconte.

di Giuseppe Frangi

Ha fatto bene la giuria dell?ultima Mostra del cinema di Venezia a non premiare L?uomo del treno di Patrice Leconte. Pubblico e gran parte della critica lo avevano osannato, facendo pensare alla solita miopia dei giurati troppo cinefili. Intendiamoci, L?uomo del treno è un film di qualità, recitato da due attori di una bravura quasi imbarazzante (Jean Rochefort e Johnny Hallyday), sui quali la cinepresa scava con insistiti primi piani, che permettono di contare le rughe e quasi di misurarne la profondità. Le loro sono storie altamente improbabili: Rochefort è un insegnante scapolo in pensione, che ha trascorso la sua vita tra libri e pratiche onanistiche e che scopriamo voglioso e addirittura determinato a ribaltare la propria vita. Hallyday, invece, è un rapinatore professionista, dai riflessi di ghiaccio, che decide di chiudere la sua carriera con un colpo a una piccola banca, in una cloroformica cittadina della provincia francese. I due destini naturalmente s?incrociano e ribaltano. Il bandito impassibile si rivela capace di tocchi di tenerezza, l?insegnante decaduto scopre un?imprevista voglia di infrangere le regole. Ma è una dinamica che si coglie sin dalle prime inquadrature, e che il regista trascina, con un narcisismo velato dal minimalismo del racconto, per i 90 minuti del suo film. Sino al finale, altamente improbabile come tutta la storia.


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