Mondo

L’ultimo samurai, sciabole all’americana

Recensione del film "L'ultimo samurai".

di Giuseppe Frangi

Circola un?idea davvero sciagurata a Hollywood: che per fare un kolossal di successo non ci si debba muovere dal recinto dei luoghi comuni. Così il grande cinema popolare, che un tempo sapeva entusiasmare, sorprendere e commuovere, ormai è ridotto a un liofilizzato senza odore né sapore. Non si sottrae a questo destino neppure un film che pur era arrivato sui grandi schermi ammantato di nobili ambizioni. L?ultimo samurai, con Tom Cruise protagonista, voleva essere un?apologia dell?ethos degli antichi guerrieri giapponesi, che a mani nude (cioè solo con le sciabole) sfidano la prepotenza dei nuovi rampanti, armati con il fuoco degli americani. Ovviamente è un conflitto senza scampo, in cui muore anche il leggendario Katsumoto, interpretato in modo straordinario da Ken Watanabe. Ma se muore il più grande e il più puro dei samurai, non può tramontarne lo spirito, che viene raccolto da Tom Cruise, yankee al 100 per cento, ma capace di scegliere la rigida e perfetta morale delle sciabole. Il tutto ovviamente risulta altamente improbabile. è invece altamente probabile l?intenzione di vendere spicciola filosofia new age, magari condita da un timidissimo antimilitarismo. E alla fine, per non sbagliare, l?unico a sopravvivere è sempre un americano.


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