Politica

L’occhio dell’Onu sulle multinazionali

Confindustria inglese e americana fanno resistenza. Ma colossi come Barclays, Novartis e anche l’Enel hanno dato il loro assenso.

di Francesco Maggio

Una palla di neve destinata a diventare valanga, a spazzar via l?indifferenza delle imprese per la responsabilità sociale, a renderle artefici a pieno titolo del rispetto dei diritti umani e dell?ambiente. Finalmente. E in modo inequivocabile, pena pesanti sanzioni economiche e reputazionali in caso di ?sgarro?. Con questo scopo, esattamente un anno fa, veniva approvato dalla sottocommissione dei diritti umani delle Nazioni Unite un provvedimento che subito, a ragione, fu definito «rivoluzionario». Sì, perché partendo da lontano, da più di cinque anni di lavoro che aveva coinvolto oltre 80 organizzazioni non governative (tra cui Oxfam, Terre des hommes, Amnesty International, Friends of Earth) e centinaia di esperti e ricercatori, l?organismo di Palazzo di vetro licenziava un documento che sosteneva una cosa tanto semplice quanto ?deflagrante?: che anche le imprese sono responsabili della piena attuazione della Carta dei diritti universali dell?uomo promulgata nel 1948 e che, quindi, anche le aziende sono passibili di sanzioni così come gli Stati. Braccio di ferro A distanza di un anno, che ne è stato di quel provvedimento? Si sapeva che la sua approvazione sarebbe stata solo il primo passo di un cammino lungo e accidentato, che quando sarebbe passato all?esame della commissione dei diritti umani dell?Onu (e poi, in un successivo momento, fosse stata convocata una Convenzione per la ratifica da parte dei singoli Stati) avrebbero cominciato a scatenarsi le lobby aziendali più potenti. Ma l?auspicio che, una volta messa in moto la macchina, non sarebbe stato facile fermarla, era piuttosto diffuso. E’ andata veramente così? Quali sono stati i passi finora compiuti? Autorizzano ad essere ottimisti oppure i tempi notoriamente lunghi per l?approvazione di un provvedimento targato Onu rischiano di diventare lunghissimi? «Nonostante le prevedibili difficoltà», risponde Umberto Musumeci di Amnesty International, che ha seguito per l?Italia tutto l?iter del provvedimento approvato dalla sottocommissione, «quello appena trascorso è stato un anno tutto sommato proficuo. La scorsa primavera la Commissione dei diritti umani ha discusso le norme e, com?era prevedibile, subito c?è stata da parte di alcuni una levata di scudi, soprattutto da parte della Camera di commercio mondiale, della Confindustria inglese e della Confindustria americana che hanno sollevato una questione di legittimità del documento perché, a loro avviso, presenta indicazioni troppo tassative e un documento elaborato da una sottocommissione non può spingersi a tanto ma deve semplicemente delineare i termini di una questione». Quindi? «Innanzitutto a fronte di questo affondo c?è comunque stato anche chi ha sostenuto il documento», sottolinea Musumeci, «penso per esempio ad aziende del calibro di Abb, Barclays, Novartis, l?Eni, l?Enel, che si sono dichiarate favorevoli alla sua impostazione e al suo contenuto. E poi, testimoniando una volontà reale di proseguire il percorso già avviato con l?approvazione delle norme, la Commissione ha optato per una efficace mediazione: da un lato ha riconosciuto le eccezioni formulate da Stati Uniti e Gran Bretagna, dall?altro ha deciso di affidare all?Alto commissario per i diritti umani dell?Onu il compito di redigere, entro l?aprile del 2005, un rapporto sulla responsabilità sociale d?impresa, integrando il documento dello scorso anno con ulteriori contributi che offrano un monitoraggio il più completo possibile circa le pratiche di csr nel mondo. Allo scopo, chiunque vorrà, potrà inviare, entro il prossimo ottobre, all?ufficio dell?Alto Commissario, studi e approfondimenti che mirino a ?sistematizzare? una materia complessa come la csr». Punto di riferimento Insomma, il bicchiere è mezzo pieno? «Diciamo che conoscendo i tempi lunghi delle Nazioni Unite», spiega l?esperto di Amnesty, «si può dire che siamo in tabella di marcia e questo è già molto. Inoltre, al di là dei tempi necessari ad arrivare alla Convenzione, oggi evidentemente impossibili da pronosticare, rimane in piedi un fatto molto importante: tra breve, quando l?Alto commissario concluderà i suoi lavori, sarà disponibile per tutti un documento che riassumerà tutte le norme presenti nei vari ordinamenti del mondo sulla responsabilità sociale d?impresa. Un imprenditore che, quindi, vorrà intraprendere il cammino della csr saprà a cosa guardare, con quali norme e best practises confrontarsi. Un risultato, questo, senza dubbio positivo».


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