Formazione

L’Italia non ha sangue. Caterina nemmeno

Una giovane in un ospedale del sud costretta ad affidarsi a internet per cercare donatori. fantascienza? No, il risultato del calo dei volontari e di una legge che tarda.

di Silvia Vicchi

È arrivata un?email in redazione. Un sos per Caterina, malata di leucemia, che aveva bisogno di sangue. Sembra la solita catena di sant?Antonio, uno di quei messaggi cui, se si ha tempo, si risponde: “Per favore, smettetela”. Ma Caterina esiste e ci risponde. È una donna giovane, mamma di due bambini piccoli, che si è trovata a lottare contro la malattia in un ospedale del Sud, a Caserta. Caterina ha bisogno di trasfusioni, di un gruppo poco comune, B negativo, ma il sangue manca. Così un?amica ha l?idea della mail. Funziona: l?Avis campano contatta i parenti della ragazza, e in poche ore il problema si risolve. Ma è possibile che nel 2004 si debba ricorrere a delle email per ottenere trasfusioni? Giacinto Sabatella, presidente dell?Avis di Caserta, minimizza: “La situazione è stata amplificata. Il Centro trasfusionale, prontamente contattato, ha risolto tutto. Anche se è vero che ci sono regioni, come la nostra, che non coprono il fabbisogno”. Eccome se non lo coprono, soprattutto al Sud. Un esempio? Lo scorso anno, in Piemonte, su una popolazione di 4,3 milioni di abitanti, ci sono state poco più di 174mila donazioni; in Campania, su una popolazione di 5,7 milioni, le donazioni sono state solo 32.290. In Italia, secondo gli ultimi dati dell?Istituto superiore di sanità risalenti al 2000, 8 regioni, tutte del Centro-Sud, non raggiungono l?autosufficienza in materia di sangue, mentre il numero dei donatori continua a calare, soprattutto in Campania, Sicilia e Sardegna. Ma da che cosa dipende, questa diversità? Luciano Franchi, vicepresidente dell?Avis, commenta: “Sicuramente da un differente grado di sensibilizzazione della gente e dalla mancanza di una normativa idonea. In linea di principio, lo scambio tra regioni è già possibile, ma nei fatti non avviene. L?aziendalizzazione delle Unità sanitarie locali porta a vedere la situazione locale, mentre si deve ragionare in un contesto nazionale”. Quindi la soluzione per i casi più difficili è il passaparola? “Sono contrario agli sos”, taglia corto Franchi, “preferirei che aumentassero i donatori periodici, che permettono di avere garanzie maggiori di quelli occasionali”. Conferma Luigi Cardini, presidente nazionale di Fratres: “Certamente uno dei motivi di tale differenza è da ricercarsi anche in scelte diverse d?investimento economico da parte delle Regioni. Per le campagne di sensibilizzazione, per esempio. Inoltre, ci dovrebbe essere uno scambio del surplus, da parte dei Centri regionali di riferimento, ma manca una normativa che lo faciliti. Tutti aspettiamo la riforma della 107/90, che prevede strutture capaci di avere una panoramica a 360 gradi e di ottimizzare la distribuzione”. I Centri regionali La riforma del ?sistema sangue? prevede infatti la costituzione negli ospedali di Dipartimenti di medicina trasfusionale, messi in rete e collegati tra loro dai Centri regionali di coordinamento. Oggi però il disegno di legge è fermo in commissione Affari sociali alla Camera; un appello a favore del suo ?sblocco? è recentemente arrivato anche dalla Fidas, la federazione delle associazioni donatori sangue. Perché dietro al volontariato, dietro alle istituzioni, dietro alle scelte di bilancio, ci sono sempre le persone. Come Caterina, soccorsa da un?email.

Info: Avis nazionale tel. 800.261580 – AVIS Fratres www.fratres.org Fidas, tel. 06.68891457


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