Mondo
LItalia arriva, ma sta alla porta
Siamo stati lultimo dei maggiori Paesi occidentali ad arrivare a un accordo. Però ora la Cina sta ripensando le sue politiche. E anche da noi cè chi dissente...
L’ Italia sarà l?ultimo Paese occidentale ammesso a fare adozioni in Cina. Su questo punto le autorità di Pechino sono state chiare già nel 2006, quando il presidente Prodi e il ministro Bindi, in visita ufficiale, hanno concluso un?intesa che si attendeva da nove anni. Dopo essere stata per un decennio al top della classifica mondiale delle adozioni internazionali, con grande bacino di minori adottabili, una relativa velocità nel disbrigo delle pratiche (14-15 mesi dalla compilazione dei primi moduli) e oltre 10mila minori l?anno adottati attraverso gli accordi sottoscritti con 16 Paesi stranieri, la Cina ora ha deciso di invertire la rotta.
L?Italia ha iniziato a occuparsi del problema degli orfani cinesi dieci anni fa, attraverso uno dei più storici e autorevoli enti impegnati nelle adozioni, il Ciai, che per primo ottenne l?autorizzazione dall?Ufficio giustizia minorile: in quel periodo, l?autorità italiana competente. Quasi a ruota, nel 1998, ha ottenuto il via libera un altro grande ente, l?AiBi. Bambini cinesi, però, in Italia non ne sono mai arrivati, perché le autorità di Pechino hanno sempre manifestato l?esigenza di un accordo diplomatico tra Stati prima di consentire l?operatività delle organizzazioni.
In quegli stessi anni l?Italia ha avviato una serie di importanti passi legislativi nel quadro dei diritti dell?infanzia: la ratifica della Convenzione dell?Aja ha portato un cambiamento radicale nel settore delle adozioni internazionali, mettendo fine all?era del ?fai-da-te? e imponendo che l?adozione venisse fatta solo attraverso enti appositamente autorizzati dalla neonata Commissione adozioni internazionali. Per Ciai e AiBi quell?autorizzazione comprende, tra i diversi Paesi stranieri, anche la Cina. Ma in assenza di un accordo intergovernativo non può che restare lettera morta.
Gli anni passano, la Commissione adozioni internazionali fa il suo lavoro e si arriva così al 2006 con un totale di sette enti autorizzati per la Cina da parte italiana, ma non operativi: si tratta, oltre ad AiBi e Ciai, di Cifa, dell?Agenzia per le adozioni della Regione Piemonte, del Naaa, di Nadia e Bambarco Onlus.
Dopo il tour diplomatico del governo Prodi nel settembre 2006, la situazione si sblocca definitivamente, con un?intesa ufficiale cui è stata data ampia pubblicità. Al suo perfezionamento certamente è servita la rappresentanza di un ministro, Rosy Bindi, che si è presentata anche come presidente della Cai, dopo anni di presidenze ?tecniche?. Nel dicembre 2007 una delegazione cinese del Centro per le adozioni di Pechino (China Center of Adoption, CCAA), arriva in visita a Roma per concordare le modalità applicative dell?accordo bilaterale. Per la prima fase di applicazione è stato stabilito che opereranno, sui sette candidati, solo i due enti italiani che da più tempo sono autorizzati dalla Cai, Ciai e AiBi. I due enti hanno già volontari operativi nel continente: il Ciai, in particolare, ha già anche inviato i primi dossier di coppie disponibili all?adozione.
Nessuno sa come andrà a finire, ma intanto il China Center of Adoption già un anno fa ha annunciato a tutte le organizzazioni internazionali operative nel settore, una politica più restrittiva: meno possibilità di adottare per single, coppie omosessuali, persone in età avanzata e per chi soffre disturbi di salute, tra i quali l?obesità. Alle coppie straniere verranno preferite le famiglie cinesi che desiderano un secondo figlio e che sono disposte ad adottarlo. Proprio le politiche demografiche cinesi hanno acceso da noi un confronto sull?opportunità di effettuare adozioni. Sotto il manifesto Genitori sì complici no, promosso dal coordinamento di enti autorizzati Cea, alcuni rappresentanti dell?associazionismo, delle famiglie e delle ong chiedono infatti all?Italia un dietrofront, con una moratoria dei procedimenti adottivi.
CRONISTORIA
- 1997
Il Ciai ottiene dall?Ufficio giustizia minorile l?autorizzazione a effettuare adozioni internazionali in Cina. Poco dopo anche AiBi ottiene lo stesso via libera
- 1998
Le autorità cinesi impongono che le adozioni avvengano solo dopo la stipula di un accordo intergovernativo. Nel frattempo, l?Italia ratifica la Convenzione dell?Aja e riordina il settore attraverso il sistema degli enti autorizzati e la Commissione adozioni internazionali
1999-2000
Arriva l?Albo degli enti autorizzati
- 2001
Con la legge 149, l?adozione diventa un mezzo per dare una famiglia ad un bambino. Vengono ritoccati i limiti d?età per l?adozione e altri criteri di selezione dei genitori adottivi
- 2002-2005
Salgono a sette gli enti autorizzati per le adozioni in Cina, che però non possono operare: manca sempre l?accordo diplomatico con Pechino
- 2006
Durante la visita ufficiale di Romano Prodi a Pechino, il ministro della Famiglia Rosy Bindi, presidente della Cai in pectore, porta a casa l?intesa: la Cina apre le porte all?Italia in tema di adozioni
- 2007
Tra novembre e dicembre l?accordo viene ratificato con la firma del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. L?accordo attribuisce l?operatività a due soli enti italiani (sui sette autorizzati), Ciai e AiBi
- 2008
Inviati a Pechino i primi dossier di coppie
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