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L’inutile 9 aprile di Aly Baba Faye

L'editoriale/ Indiscrezioni politiche sulle composizioni delle liste. Poche parole per la gran folla di nomi chiamata a fare solo da comparsa per riempire gli elenchi.

di Giuseppe Frangi

Faceva una certa impressione, nei giorni passati, leggere le indiscrezioni politiche sulle composizioni delle liste. L?impressione era quella di assistere non solo a uno spettacolo con risvolti di (consueta) indecenza, ma di assistervi nell?impotenza più assoluta. Spettatori e basta. Le cronache riferivano dei candidati sicuri, perché piazzati nei primi posti delle liste; di quelli nella fascia di incertezza, perché ?appesi? al successo o meno della lista. Poche parole per la gran folla di nomi chiamata invece a fare solo da comparsa per riempire gli elenchi, presumibilmente senza nessuno stimolo e certamente senza nessuna prospettiva. I giochi insomma sono fatti, senza che neppure una scheda sia ancora caduta nell?urna. Potremo, come elettori, decretare la fortuna o il siluramento di qualche decina di candidati, che sono quelli che i partiti ha gettato in ?pasto? ai flussi elettorali. Ma niente di più. Naturale che in questo meccanismo blindato – degno di una nomenklatura – tutti i meccanismi di rappresentanza cadano a pezzi. Lo abbiamo ripetuto nelle scorse settimane: nonostante qualche candidatura di eccellenza, il sociale il 9 aprile non avrà voce. Il primo effetto lo abbiamo potuto già registrare nei programmi elettorali, che su questioni decisive per il nostro futuro si dimostrano drammaticamente evasivi o rivelano incoerenze e incompetenze.

Queste liste elettorali, insomma, hanno poco o nulla a che vedere con quello che è in realtà l?Italia. Proviamo a essere più chiari con un esempio: al posto numero 24 della lista dell?Ulivo per la Camera, a Roma, troviamo il bravissimo Aly Baba Faye. Per chi non lo conoscesse, Baba Faye, senegalese, in Italia da 20 anni, è responsabile immigrazione dei Ds. è un punto di riferimento per la grande comunità degli immigrati in Italia: insomma è un personaggio che riscuote grande simpatia e consenso e che ha un?indubbia rappresentatività. Con quella sua collocazione alla casella 24 non ha nessuna possibilità di andare in parlamento; dove invece siederà, senza far troppa fatica, Paolo Gambescia, già direttore del Messaggero, noto per le sue torrenziali apparizioni in video e in radio, che ha conquistato il posto numero 11 di quella stessa lista.

Onore all?Unione (piccolo onore?) che ha almeno ha aperto una porticina a qualche immigrato candidato. Fatto raro. Del resto il diritto di voto per gli immigrati non c?è, e i pochi che lo hanno conquistato hanno dovuto aspettare i tempi biblici della concessione della cittadinanza. Ma questo significa che il 9 aprile il 5% della popolazione italiana – cioè i quasi 3milioni di immigrati regolari – saranno spettatori ancor più impotenti di quanto non siamo noi votanti. Eppure quei 3 milioni contribuiscono a fare l?asfittico Pil di questo paese e anzi stanno dimostrando un dinamismo imprenditoriale molto al di sopra della media (secondo una recente ricerca di Unioncamere, le imprese individuali di cittadini extracomunitari hanno avuto un balzo del 15% nel 2005 superando quota 200mila). Intanto qualche centinaia di migliaia di italiani che vivono all?estero e che in buona parte non sanno più com?è fatto il nostro paese, potranno eleggere una trentina tra deputati e senatori. La politica avrebbe tanto da fare per rendere meno pazzesca la distanza tra il palazzo e la realtà. Ma ci vorrebbe ben altra politica?

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