Non profit
Linutile 9 aprile di Aly Baba Faye
L'editoriale/ Indiscrezioni politiche sulle composizioni delle liste. Poche parole per la gran folla di nomi chiamata a fare solo da comparsa per riempire gli elenchi.
Faceva una certa impressione, nei giorni passati, leggere le indiscrezioni politiche sulle composizioni delle liste. L?impressione era quella di assistere non solo a uno spettacolo con risvolti di (consueta) indecenza, ma di assistervi nell?impotenza più assoluta. Spettatori e basta. Le cronache riferivano dei candidati sicuri, perché piazzati nei primi posti delle liste; di quelli nella fascia di incertezza, perché ?appesi? al successo o meno della lista. Poche parole per la gran folla di nomi chiamata invece a fare solo da comparsa per riempire gli elenchi, presumibilmente senza nessuno stimolo e certamente senza nessuna prospettiva. I giochi insomma sono fatti, senza che neppure una scheda sia ancora caduta nell?urna. Potremo, come elettori, decretare la fortuna o il siluramento di qualche decina di candidati, che sono quelli che i partiti ha gettato in ?pasto? ai flussi elettorali. Ma niente di più. Naturale che in questo meccanismo blindato – degno di una nomenklatura – tutti i meccanismi di rappresentanza cadano a pezzi. Lo abbiamo ripetuto nelle scorse settimane: nonostante qualche candidatura di eccellenza, il sociale il 9 aprile non avrà voce. Il primo effetto lo abbiamo potuto già registrare nei programmi elettorali, che su questioni decisive per il nostro futuro si dimostrano drammaticamente evasivi o rivelano incoerenze e incompetenze.
Queste liste elettorali, insomma, hanno poco o nulla a che vedere con quello che è in realtà l?Italia. Proviamo a essere più chiari con un esempio: al posto numero 24 della lista dell?Ulivo per la Camera, a Roma, troviamo il bravissimo Aly Baba Faye. Per chi non lo conoscesse, Baba Faye, senegalese, in Italia da 20 anni, è responsabile immigrazione dei Ds. è un punto di riferimento per la grande comunità degli immigrati in Italia: insomma è un personaggio che riscuote grande simpatia e consenso e che ha un?indubbia rappresentatività. Con quella sua collocazione alla casella 24 non ha nessuna possibilità di andare in parlamento; dove invece siederà, senza far troppa fatica, Paolo Gambescia, già direttore del Messaggero, noto per le sue torrenziali apparizioni in video e in radio, che ha conquistato il posto numero 11 di quella stessa lista.
Onore all?Unione (piccolo onore?) che ha almeno ha aperto una porticina a qualche immigrato candidato. Fatto raro. Del resto il diritto di voto per gli immigrati non c?è, e i pochi che lo hanno conquistato hanno dovuto aspettare i tempi biblici della concessione della cittadinanza. Ma questo significa che il 9 aprile il 5% della popolazione italiana – cioè i quasi 3milioni di immigrati regolari – saranno spettatori ancor più impotenti di quanto non siamo noi votanti. Eppure quei 3 milioni contribuiscono a fare l?asfittico Pil di questo paese e anzi stanno dimostrando un dinamismo imprenditoriale molto al di sopra della media (secondo una recente ricerca di Unioncamere, le imprese individuali di cittadini extracomunitari hanno avuto un balzo del 15% nel 2005 superando quota 200mila). Intanto qualche centinaia di migliaia di italiani che vivono all?estero e che in buona parte non sanno più com?è fatto il nostro paese, potranno eleggere una trentina tra deputati e senatori. La politica avrebbe tanto da fare per rendere meno pazzesca la distanza tra il palazzo e la realtà. Ma ci vorrebbe ben altra politica?
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