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L’indultino alla prova del Senato. Ma Pera non è Casini

All’ovvia opposizione di Lega e An si è aggiunta la freddezza di Pera, i dubbi nell’Udc e il solito Ulivo in ordine sparso.

di Ettore Colombo

Licenziato, meno di un mese fa, dalla Camera, il testo che porta la firma del deputato indipendente del Prc, Giuliano Pisapia, e dell?onorevole dello Sdi, Enrico Buemi, l?indultino (agli atti la ?proposta di legge Pisapia-Buemi?), è ora approdato a palazzo Madama per la sua (teorica) approvazione definitiva.
Ma, al Senato, è finito in men che non si dica nelle secche dei regolamenti e del filbustering parlamentare. Non certo aiutato ad uscirne dal comportamento del presidente del Senato, Marcello Pera che sta tenendo nei suoi confronti un atteggiamento ?istituzionale? a dir poco freddo e sfuggente, come denunciano gli stessi radicali, che hanno allungato ad libitum lo sciopero della fame sul tema.
Di certo un atteggiamento, quello di Pera, distante anni luce dal vigore e dal calore con cui il presidente della Camera, Pierferdinando Casini ha seguito l?iter della legge, quando è toccato a lui farlo, conscio che le promesse da lui solennemente pronunciate davanti a folle di detenuti vocianti e disperati andavano, poi, davvero mantenute.
Ecco, dunque, perché l?iter dell?indultino, che al Senato ha preso ufficialmente il via solo mercoledì 26 febbraio tramite la prevista riunione della commissione Giustizia, ha scarse possibilità di vedere la luce. Intanto, tra i partiti si discute e ci si divide sulla proposta dei Radicali, che hanno chiesto una conferenza dei capigruppo del Senato per calendarizzare la discussione sulla sospensione della pena, facendola approdare direttamente in aula e saltando, di conseguenza, il passaggio in commissione: “Per velocizzare i tempi”, dicono. “Per affossare definitivamente l?indultino”, dicono i loro oppositori, visto che, come spiega senza giri di parole il presidente della commissione, il senatore di An, Antonino Caruso (anche qui: alla Camera il presidente della commissione Giustizia si chiamava Gaetano Pecorella e la musica era tutt?altra), “passare direttamente all?esame dell?aula equivale a un suicidio politico”.
Pera e Caruso non sono gli unici a mettersi di traverso al provvedimento di clemenza. Un no al provvedimento così com?è stato licenziato da Montecitorio arriva anche dal senatore dell?Udc, Melchiorre Cirami, un cognome assai illustre, e che dimostra quanto i cattolici del Polo abbiano posizioni variegate al loro interno.
Anche i senatori dell?Ulivo non scherzano, in quanto a sfumature e diversità di posizioni. Si va dalla proposta di legge del magistrato Elvio Fassone (Ds), che prevede un indulto di sei mesi per tutti, al verde Zancan che boccia senz?appello la proposta dei Radicali, al senatore della Margherita, Nando Dalla Chiesa nettamente contrario all?indultino perché teme ch?esso nasconda ?il virus amnistia?.
Per chiarirsi le idee ci sarà tempo sino al 6 aprile quando il provvedimento andrà all?esame dell?aula anche nel caso che la commissione Giustizia non ne abbia concluso l?esame.

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