Famiglia

L’anno del Microcredito. Un’esperienza italiana: sia credito per tutti

Le Bcc sono la prima delle grandi istituzioni ad aver puntato sulla “finanza solidale”. Con successo. Come racconta il presidente Alessandro Azzi.

di Francesco Maggio

Alessandro Azzi ha avuto la vista lunga tre anni fa a lanciare Microfinanza Campesina, il progetto di microfinanza portato avanti in Ecuador. Non solo perché in breve è diventata una best practice apprezzata in tutto il mondo. Ma anche perché con questa iniziativa è stata la prima grande istituzione finanziaria italiana a dimostrare che nel settore c?è spazio per tutti, grandi e piccoli. L?importante è entrarci con convinzione. «Vi ritrovo nelle sue modalità operative, nelle implicazioni relazionali che lo contraddistinguono», afferma il presidente di Federcasse, la federazione che raggruppa le banche di credito cooperativo italiane, «la storia delle Bcc in un contesto che mi sono immaginato ci fosse da noi cento anni fa». Oggi quindi plaude alla decisione dell?Onu di dedicare il 2005 al microcredito e spiega in questa intervista le potenzialità che racchiude.
E&F: Il 2005 si è aperto con una immane catastrofe naturale. Pensa che il microcredito potrà aiutare le popolazioni del Sud-Est asiatico colpite dal maremoto a ricostruire il proprio tessuto economico?
Alessandro Azzi: Credo proprio di sì perché io penso che la vera prospettiva di sviluppo delle economie di tanti Paesi in via di sviluppo risieda nella capacità di autoalimentare lo sviluppo. Quindi non interventi calati dall?alto, di beneficenza o caritatevoli. Certamente, se non in una primissima fase, il microcredito potrà rivelarsi un ottimo strumento per creare uno sviluppo che nasca dal basso e che si autoalimenti efficacemente.
E&F: Fino a non molto tempo fa il microcredito veniva considerato uno strumento efficace solo per combattere la povertà. Oggi è diventata una best practice anche per i colossi della finanza. A cosa si deve la svolta?
Azzi: I fattori sono numerosi a cominciare dalla consapevolezza diffusa tra gli uomini che ciascuno, a vario titolo, debba contribuire allo sviluppo. Una seconda ragione è che si sono toccati con mano i successi che hanno avuto nel mondo le iniziative di microcredito. E quindi è venuto meno molto dello scetticismo che circondava lo strumento. Terza considerazione è che grazie all?impegno di tanti, anche di Vita, ormai è stato smentito il luogo comune che microcredito significa fare attività marginali.
E&F: L?Italia finora ha sperimentato buone pratiche di microcredito ma il loro numero rimane ancora piuttosto esiguo. Cosa bisognerebbe fare per accrescerne la diffusione?
Azzi: Bisogna tener ben presente innanzitutto a chi ci si rivolge: ai poveri, ai nuovi poveri, agli emarginati, agli immigrati, agli anziani, ai giovani senza un lavoro stabile. Per ciascuna tipologia di destinatari vanno messe in campo iniziative ad hoc. E poi bisogna fare uno sforzo collettivo affinché si diffonda la cultura che fare ?piccolo? credito è un?attività importante che compete a strutture specializzate e non a soggetti pericolosi come gli usurai.
E&F: Il credito cooperativo due anni fa ha lanciato in Ecuador il progetto Microfinanza campesina. Cosa ha insegnato questa iniziativa alle Bcc italiane?
Azzi: Tante cose. Abbiamo sperimentato in prima linea cosa può significare fare finanza solidale al di là e al di fuori della nostra esperienza tradizionale. Abbiamo ritrovato quei valori e quegli impegni che erano un po? confinati nella oleografia tradizionale delle casse rurali di cui abbiamo sentito parlare tanto e abbiamo visto che invece lì sono ancora ben presenti. Questo ha dato forza e motivazione ai nostri uomini che hanno visitato l?Ecuador, facendo riscoprire loro il valore genuino di un?attività finanziaria solidale.
E&F: E personalmente cosa l?ha più colpita?
Azzi: Verificare che in zone sperdute delle Ande ci sono delle attività relativamente recenti che si stanno diffondendo e la gente, senza il tradizionale padrone, si organizza e valorizza le risorse locali, ha la propria banca e la banca sostiene col credito questo sviluppo. Qui non c?è bisogno né dell?emissario governativo né del latifondista o dell?industriale che vengano a dettare legge, tutto nasce dal basso in una logica di inclusione e di valorizzazione di tutti. Ho rivisto la storia delle Bcc in un contesto come immagino che ci fosse da noi cento anni fa.
E&F: L?anno del microcredito è appena cominciato. Cosa vorrebbe veder realizzato alla sua conclusione?
Azzi: A livello internazionale, per ciò che concerne le Banche di credito cooperativo vorrei che, oltre alla crescita già sicura della nostra iniziativa in Ecuador, ne partisse anche un?altra, probabilmente in Argentina. Il governo argentino ci sta invitando già da un po? a fare qualche riflessione in proposito visto che gli italiani sono molto presenti in quel Paese. Vorrei però anche che partissero un fiorire di iniziative grazie ad altre partnership europee. Per quanto riguarda l?Italia mi auguro di poter sviluppare forme di accesso al credito innanzitutto nei confronti degli extracomunitari. Anche perché dietro la microfinanza c?è un messaggio culturale molto forte che è quello dell?inclusione, che non si può essere cittadini se non si ha la cittadinanza economica. E per avere la cittadinanza economica oggi bisogna essere interlocutori di una banca.

Microfinanza campesina
Il progetto che piace all?Onu

Non ha ancora tre anni di vita ma già si è imposto come una delle best practice mondiali della microfinanza, al punto da essere inserito dall?Onu tra i dieci migliori progetti di microcredito selezionati nell?ambito dei World Business Award dell?International Chamber of Commerce.
Si tratta del progetto Microfinanza campesina in Ecuador, lanciato dalle Banche di credito cooperativo italiane, che mira a concedere piccoli prestiti a favore di oltre 65mila famiglie di contadini che vivono sulla cordigliera andina.
Il programma, realizzato in partnership con Codesarollo (un sistema finanziario etico alternativo, nato in Ecuador nel 1997, composto da un network di circa 800 casse rurali che nelle comunità erogano prestiti di piccola entità, soprattutto in forma comunitaria) ha visto finora il plafond di finanziamenti superare i 10 milioni di dollari, cui vanno aggiunti circa 550mila dollari raccolti tramite donazioni.

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