Welfare

L’amore dietro le sbarre di San Vittore

I detenuti del carcere milanese, lo raccontano nell’ultimo film di Davide Ferrario presentato al Torino Film Festival. Culla di molte altre pellicole a sfondo sociale

di Antonio Autieri

Dal carcere San Vittore di Milano con amore. È il caso di dirlo a proposito del film Fine Amore: Mai, che narra storie di affettività vissute nel carcere milanese. Tra comicità, ironia, confessioni e consapevolezza dei limiti oggettivi causati dall?internamento, si raccontano storie d?amore e anche di sesso tra detenuti. Ma anche della mancanza dell?amore e della sessualità. E sono stati gli stessi detenuti, attraverso il gruppo Audiovisivi di San Vittore, a curare la regia della pellicola, coordinati da Davide Ferrario. Il regista già noto per Tutti giù per terra, tratto dal romanzo di Giuseppe Culicchia, e Guardami, storia di una pornostar che lotta contro una malattia. «Ho cominciato a frequentare San Vittore un paio di anni fa», afferma Ferrario, «per una lezione di montaggio. Sono stato colpito dall?umanità dei partecipanti al gruppo Audiovisivi (che è nato su iniziativa della stessa direzione del carcere) e dei loro compagni. Da allora inventiamo storie, piccoli episodi di vita carceraria e li mettiamo in scena. Fino a oggi, questo è il nostro lavoro più complesso». Un documentario, un?inchiesta o un reportage. I registi non lo hanno definito: è il documento di come si può vivere l?esperienza dell?affettività anche in carcere, con i ricordi della vita esterna, l?arrivo di nuovi detenuti e a volte persino i matrimoni. A dimostrazione, , come dice il titolo, che l?amore non finisce tra le mura della detenzione, anzi, può diventare un?ossessione, su cui i detenuti però ironizzano: ecco allora fare il loro ingresso nel film persino Aldo Giovanni e Giacomo, con alcuni sketch scritti dai carcerati e interpretati dai tre comici. Fine Amore: Mai è stato presentato al 19° Torino Film Festival, kermesse del cinema indipendente conclusasi il 23 novembre, che ha lanciato altre pellicole di grande interesse sociale. Destinate, in molti casi, al circuito televisivo. Ecco, ad esempio, l?iraniano Zir-E-Poost-E-Shar, ottava fatica di Rakhshan Bani Etemad, che racconta la difficile vita di Tuba, una donna che lavora in fabbrica per procurare un futuro migliore al figlio Abbas. Oppure Muno di Bouli Lanners, film belga già presentato quest?estate a Locarno, che narra le tristi vicende di un giovane africano che, assalito e picchiato, finisce in ospedale. Raphael, che lavora in una radio locale, viene a conoscenza del fatto e decide di tornare nella propria città per combattere il razzismo della sua comunità rurale. Grazie alla Televisione svizzera italiana, con la regia di Michael Beltrami e Ruben Rossello, giornalisti di Tsi, è stato presentato Valentina è partita, altro lavoro sull?immigrazione. In particolare, sulla sofferenza di un?adolescente e l?orgoglio di una madre sposata con un marocchino ridotti a vivere in una casa malsana e fatiscente di un paese del Bresciano. Ancora in Italia è ambientato Signorina Fiat, che narra le vicende di Maria Teresa Arisio, impiegata dal 1961 al 1994 alla Fiat di Torino che, dopo diverse battaglie aziendali, compresa la marcia dei 40mila del 1980, verrà licenziata a causa di una ristrutturazione. Una storia vera, scritta e diretta da Giovana Boursier. C?è anche la malattia fra i temi del festival. In Socialmente Pericolosi di Fabrizio Lazzaretti si vedono storie di assassini e maniaci raccolte tra le celle dei corridoi dell?ospedale psichiatrico di Aversa.


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