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L’altra faccia delle penne nere. Alpini, l’arma più buona che ci sia

Nel 2001 hanno donato milioni di euro in danaro, beni e ore di lavoro: sono i militari in congedo che fanno volontariato. "Perché le stellette se ne vanno, ma i valori restano".

di Giampaolo Cerri

Ha un bel dire Berlusconi, che non ci sono rischi per gli alpini . Quelli dell?Associazione nazionale, la grande famiglia dei militari in congedo, guardano all?invio della brigata Taurinense in Afghanistan, con un certo timore. «Speriamo che li mandino equipaggiati e con gli strumenti necessari». A parlare è Luigi Marca, classe 1943, ufficiale in congedo, «tenente del IV reggimento Alpino in Val Pusteria negli anni 70». È il segretario dell?Ana, l?Associazione nazionale alpini, gioiosa macchina della solidarietà che muove, per dirne una, 10mila volontari di protezione civile. Precisa di parlare a titolo personale, «tutt?al più come segretario della sezione di Monza». Preoccupati e fieri Preoccupato, sior tenente? «Sì perché sappiamo che è un teatro difficile, prima di intraprendere azioni del genere sarebbe stato meglio aver già definito cosa significhi nuovo modello di difesa», dice Marca. Le penne nere in congedo sono notoriamente amareggiate dalle ristrutturazioni che le Forze armate hanno subito. In più di un?occasione hanno gridato che «si vogliono far fuori gli alpini». Per questo, insieme ai timori per la missione afghana, coltivano anche un po? d?orgoglio: «Siamo fieri del fatto che gli Stati Uniti abbiano chiesto gli alpini e non dei generici ?soldati di montagna? come vorrebbero i comandi dell?Esercito». A testimoniare la diversità dell?alpino, c?è un attaccamento al berretto con la penna che dura praticamente in eterno, come dimostra la vivacità delle associazioni di militari in congedo. «Guardi, questo è un patrimonio di valori: si possono smettere le stellette ma si rimane sempre alpini». E quali valori ci sono nell?indossare una divisa? «Quelli che derivano dal rapporto con la montagna: il sacrificio, il rispetto della natura, il rispetto delle istituzioni. Cose che, se uno ci crede, le vive tutta la vita. Non voglio dire che diventi un cittadino modello ma?». E poi, l?obbedienza: «Noi siamo quelli che sanno ubbidire quando è ora». Come nel caso dell?Afghanistan? «Certo, si tratta di decisione politiche che competono al Parlamento. Gli alpini vanno dove li comandano». Anche correndo il rischio di passare per guerrafondai? «Per carità, nessuna retorica della guerra. Lei non sentirà mai in bocca a un alpino discorsi militareschi e se viene ai nostri raduni, vedrà ex ufficiali e soldati che si danno del tu, perché quando si fanno 300 metri di dislivello insieme, si diventa fratelli. Noi non abbracciamo la carriera militare, contro la quale peraltro non abbiamo nulla, se risponde a una missione ideale, ma non ci piace l?esercito esclusivamente professionale». All?Associazione nazionale alpini sono per un modello di difesa misto: leva obbligatoria, «perché lo stabilisce la Costituzione», e professionisti. Hanno paura che con l?esercito di volontari finiscano per fare gli alpini persone che non ne hanno la sensibilità. «Quando sono andato alla visita di leva, ho tirato fuori la tessera del Club Alpino, mi sono fatto in quattro pur di venir preso», dice Marca, «oggi temiamo che non ci siano più i giovani adatti: perché al Nord si profilano molte sistemazione alternative e perché l?obiezione di coscienza è ormai diventata un diritto». Sior tenente, ce l?avete anche con l?obiezione? «No. Ma non è più quella eticamente irreprensibile di una volta: oggi spesso è un ripiego». Penne solidali Oltre che di difendere la tradizione degli alpini, le 329mila penne nere in congedo si preoccupano del prossimo. Dai già citati volontari di protezione civile che si mobilitano a ogni emergenza, alla presenza nella Colletta della Fondazione Banco alimentare, all?impegno nella ricostruzione del Kosovo sotto l?egida della Missione arcobaleno, alla miriade di raccolte, promozioni, manifestazioni di aiuto che li vedono impegnati in tutta Italia. «Le dico la verità», si schermisce Marca, «non riusciamo a censire tutto: vuoi perché gli alpini preferiscono fare piuttosto che dire, vuoi perché i 4mila gruppi locali e le 131 sezioni fanno autonomamente tante cose». Il bilancio ?parziale? del 2001 risulta comunque impressionante: sono stati donati 2,7 miliardi di vecchie lire, 1,1 miliardi in beni e merci e 360mila ore di lavoro in attività che hanno coinvolto 20.356 soci. «Siamo dei muli anche per la solidarietà», gongola Marca. Complimenti, sior tenente.


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