Famiglia
Lessere-con al centro di tutto
Il testo di Ratzinger come sfida allindividualismo. E risposta alla solitudine
Uno squarcio nell?ideologia contemporanea dominata dal narcisismo egoistico. Questa è l?Enciclica: che rilancia il volontariato non come accessorio ma come essenza di un vivere sociale degno. Eppure a me, laico, resta aperta una domanda: la centralità assoluta di Dio mi esclude. O no?
L?educazione «alla disponibilità a dare non semplicemente qualcosa, ma se stessi». «L?amore che non cerca se stesso, ma che proprio nella disponibilità a ?perdere se stesso? per l?altro, si rivela come cultura della vita»… Questi passaggi della recentissima enciclica del nuovo Papa Deus caritas est, hanno la forza di uno squarcio nel paesaggio apparentemente consolidato della ?ideologia contemporanea?, intreccio di individualismo possessivo e di narcisismo egoistico, di esasperazione del sé e di oblio dell?altro. In un mondo in cui cresce rapidamente la solitudine degli individui, sempre più uniti in uno spazio comune ma sempre più separati l?uno dall?altro come atomi senza legami, vi si rivendica, con forza, la centralità della relazione. Dell??essere-con?. E dunque, il ruolo strategico dell?Altro (sempre più spesso ignorato, usato, ridotto a ?cosa?, a ?straniero?, a ?nemico?…), senza la cui presenza fondante l?Amore sarebbe espressione priva di senso.
E’ da questo punto di vista significativo che questo primo messaggio si apra con un riconoscimento non formale, né marginale, ma cruciale – ?strategico? si potrebbe dire – al volontariato, che dell?arte di costruire e ri-costruire relazioni, e della pratica del ?dono di sé? – la forma concreta e incarnata dell?agape – è in qualche misura il simbolo. L?esperienza del volontariato non come accessorio secondario, ma come essenza di un vivere sociale solidale adeguato a un ?tempo? che richiede una ?nuova disponibilità?. In qualche modo un impegnativo ?mettersi in gioco?. E tuttavia…
E tuttavia, a me laico rimane un dubbio, giunto al fondo del testo papale. E il dubbio riguarda esattamente l?incipit. O, se si vuole – ed è lo stesso – quel Deus caritas est. Che significhi che, per il credente, il rapporto con l?Altro passa attraverso la mediazione di Dio è evidente, e naturale. Che donandosi all?Altro non faccia che riprodurre il dono iniziale divino, per l?uomo di fede ha un senso indiscutibile, e si potrebbe dire obbligato. Come pure che nel volto dell?Altro egli veda il volto di Dio che è anche in lui. Cosicché non si può amare pienamente Dio se non si ama quel prossimo che di Dio porta l?impronta. Ma per chi la fede non l?ha? Per chi non ?vede? il volto di Dio? Né ?sente? il suo dono? Quell?identificazione di Dio e Carità lo priva del privilegio della seconda in assenza del primo? Quella centralità assoluta di Dio nel concetto di agape lo condanna a non ?vedere? l?Altro e a non vedersi nell?Altro? Tutto ciò significherebbe, in sostanza, che al laico è precluso l?atto caritatevole (non può pienamente donarsi) e un rapporto ?vero? e ?fondante? con l?Altro (non può veramente ?incontrarlo?)?
E’ vero che si tratta di un Papa che parla ai ?suoi? («Ai vescovi, ai presbiteri, ai diaconi, a tutte le persone consacrate e a tutti i fedeli laici», recita il testo). Ma è anche vero che il futuro dell?uomo planetario – il vero rapporto con gli Altri, con tutti gli Altri – si giocherà probabilmente sulla capacità di rapporto e di confronto, su valori davvero universali, tra gli ?uomini di Dio? e gli uomini che sono soltanto ?degli uomini?. O no?
don Antonio Mazzi
Così opera il cuore innamorato di Dio, senza intolleranze, con la pazienza di rispettare i cammini più lenti. Un amore garantito dal fatto che «all?inizio dell?essere cristiano non c?è una decisione etica bensì l?incontro con una Persona».
don Bruno Forte
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