Politica

Kyenge: vorrei tanto una «g» in meno

Il ministro Kyenge debutta in conferenza stampa. Ripete che «io sono nera e ci tengo a sottolinearlo». Il suo obietitivo è, «come ha detto già don Ciotti, trasformare il ministero dell'integrazione in ministero dell'interazione».

di Sara De Carli

Il neoministro Cécile Kyenge debutta oggi alla sua prima conferenza stampa. Dice che le deleghe sono  in via di definizione, e che il suo ministero è quello dell’integrazione, non c’è la cooperazione internazionale: «Stiamo definendo le deleghe, ma è evidente che non possono essere le stesse di Riccardi perché non ho la cooperazione internazionale». Alla domanda sul cambiamento della legge di cittadinanza dice «dobbiamo partire dalla quotidianità, che mi dice che ci sono ragazzi che nascono in Italia e non si sentono né italiani né della cittadinanza dei loro genitori». Delle critiche razziste che sono arrivate alla sua nomina dice che: «l’Italia non è un Paese indietro, è un passaggio che l’Italia doveva fare, è un termometro per capire a che punto siamo, ogni paese ha il proprio percorso». Quello che vorrebbe fare è «dare delle Linee guida per l'integrazione», che «riguarda tutti, non solo gli stranieri. Io ribadisco che serve la mixité».

Ecco il testo del suo intervento di presentazione:
«Io sono nera e sono italo-congolese, e tengo a sottolinearlo. Appartengo a due culture e due paesi, che sono entrambi dentro di me. Non potrei dirmi interamente italiana né interamente congolese, questa è la prima cosa. Io non sono di colore, sono nera e lo ribadisco con fierezza. Penso sia giusto cominciare a utilizzare le terminologie giuste e i modi giusti per chiamare le persone, perché questo rafforza la nostra identità.
Pochi sanno chi sono, ma non è da oggi che io lavoro per dare voce a chi è senza voce. Un partito mi ha dato la possibilità di farlo, al proprio interno, il Pd. Dentro il Pd abbiamo creato il Forum  per l’immigrazione e l’integrazione portando all’interno del partito un modo di pensare che devono andare verso politiche di accoglienza e non pensare l’immigrazione in termini di sicurezza. Oltre questo, ho lavorato nell’associazionismo, a fianco delle persone in molte piazze e in molti luoghi, in Italia e all’estero, dove la gente chiedeva di essere ascoltata.
Io sono medico oculista e ho capito che chi ha la capacità e può mettere al servizio degli altri le proprie competenze lo deve fare, anche per rappresentare altre persone. Questo ha rafforzato in me l’idea di fare politica, che è essere in mezzo alle persone per tradurre meglio un progetto politico.
Io oggi sono ministra dell’integrazione e riprendo quanto ha detto don Ciotti, spero di includere nel mio ministero l’interazione, togliendo la g. Forse ne abbiamo paura. Io mi sento emiliana e nella mia terra colpita dal terremoto sono i muri: noi abbiamo dovuto mescolarci per forza, creando percorsi di interazione. Se volgiamo nuova coesione sociale bisogna conoscere le persone e le culture e insieme ripartire. Finché avremo frontiere, di qualunque tipo, è difficile fare un percorso.
Essere al governo è una sfida. qui ci sono altre forze politiche, tutti partiti con cui dobbiamo imprarae a tracciare un terreno condivuso, un linguggio che possa non offendere l’altro, uno spazio che possaimo fare nostro. La suqadra funziona quando troviamo punti di convisione, dentro al goervno e dentro al paese.
 


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