Famiglia
Kusturica, la mia banda suona il rock
Dal regista di Underground un film sui No smoking, il gruppo in cui suona con il figlio Stribor. Canzoni che hanno scandito i venti anni più difficili della ex-Jugoslavia
Un suo film-documentario ci fa scoprire la seconda attività-passione di Emir Kusturica: quella di musicista rock nel complesso dei No smoking. Un gruppo la cui vicenda è fortemente collegata a quella del popolo slavo, così colpito nella sua storia recente da sofferenze e divisioni.
Appena uscito nelle sale italiane, Super8 Stories (prodotto dalla Fandango e la tedesca Pandora, con Tele+) è infatti sia un documento su una band in tournée, alle prese con le prove e i concerti (come quello che apre il film, all’Olympia di Parigi), sia il racconto delle vite dei musicisti, bravissimi anche se tutti non professionisti. Kusturica fa parlare i suoi protagonisti – fra cui il figlio Stribor, coinvolto nel gruppo anche per farlo espatriare durante la guerra – di sé, del proprio passato, delle proprie speranze, del rapporto con la propria terra: vediamo scorrere, per ognuno, le immagini di Super8 amatoriali che illustrano l’infanzia, la vita in famiglia, insomma le proprie radici. Tema vitale per chi ha visto fare a pezzi il proprio Paese. «La musica è un modo di esprimere le emozioni personali», dice il giovane Stribor Kusturica davanti alla macchina da presa del padre. «Volevo raccontare le persone nel loro intimo», ha spiegato a Milano il regista presentando il film, «per questo ognuno ha portato come contributo le immagini del proprio passato».
Fondato nel 1980 da Nelle Karajilic come gruppo rock alternativo al conformismo culturale jugoslavo, i No smoking avevano l’obiettivo di «essere una band di punk-anarchico», scriveva il fondatore, «eppure essere convinti che l’universale deve essere cercato nelle storie e nelle radici locali».
In queste parole sta il segreto e la forza culturale della loro musica, che in effetti è la riproposizione moderna (nota a chi conosce le musiche dei film di Kusturica) di sonorità antiche mescolate a influenze esterne: al punk balcanico e agli ottoni zigani si sommano il country, i suoni latinoamericani, il rock puro. Una musica folle, scatenata, divertente ma, al tempo stesso, dolorosa e malinconica. E i musicisti che la propongono sui palchi di tutta Europa, si agitano e si divertono come pazzi, ma al tempo stesso ti comunicano una profonda inquietudine.
Dopo i primi anni di folgoranti successi, che diedero vita anche a un fortunato programma tv di satira, per i No smoking cominciarono i problemi quando durante un concerto il leader Karajilic fece un accenno satirico alla morte di Tito. Il gruppo si scioglie, ma si riforma già nel 1986, con il batterista Kusturica, regista emergente che ha già vinto i festival di Venezia e di Cannes. Tornato in tv, Karajilic inizia a proporre scene satiriche che preannunciano profeticamente i futuri massacri tra jugoslavi (e lo spezzone che si vede nel film, con due amici che iniziano a litigare per futili motivi, fa correre brividi lungo la schiena). Con la guerra, la band inizia a uscire dal Paese e a girare l’Europa, facendo scoprire sonorità poco conosciute: musica che è un atto di amore per le proprie radici culturali condito da ironia e curiosità per il mondo. Sintesi perfetta è una frase di Honoré de Balzac che Kusturica ama citare: «Se vuoi essere veramente universale parla del tuo villaggio».
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