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Kosovo: la posizione delle Acli

Un commento di Andrea Olivero, presidente delle Acli. L'ong dell'associazione, Ipsia, è presente in Kosovo dagli anni Novanta.

di Redazione

«L?indipendenza era inevitabile. Ma ci si poteva arrivare diversamente». E’ il commento di Andrea Olivero, presidente delle Acli. L’ong delle Acli, Ipsia, è presente in Kosovo dagli anni Novanta.

«Sono passati pochi giorni dalla dichiarazione d?indipendenza rilasciata dal Premier Hashim Thaci, in cui il Kosovo si dichiara ?uno stato sovrano, indipendente e democratico?» scrive Olivero. «Questa frase tanto attesa ha decretato l?inizio della Repubblica del Kosovo, anche se il modo in cui ci si è arrivati non è sicuramente stato il migliore: con una dichiarazione unilaterale, di fatto decisa e sostenuta da parti di rilievo della comunità internazionale, ma senza un?assunzione di responsabilità formale e politica in merito e senza arrivare a nessun tipo di accordo con la Serbia».

«Arrivare all?indipendenza era inevitabile ma arrivarci in altro modo avrebbe sicuramente fatto vivere questo momento con più serenità. Per nove anni l?amministrazione internazionale in Kosovo ha impostato l?apparato politico della Provincia come quello di uno Stato, promettendo e anticipando nei fatti l?indipendenza. Negare il riconoscimento ora sarebbe stato un tradimento delle promesse e non farebbe altro che far esplodere la rabbia e la frustrazione. Ce lo confermano del resto i racconti e le testimonianze dei nostri cooperanti di Ipsia, che è presente in Kosovo dal 1999, nella zona di Prizren e nel Sud Ovest del paese, a contatto diretto con le popolazioni».

«Ora però per il Kosovo inizia un periodo difficile, dove al di là delle dichiarazioni demagogiche tutti i problemi restano sul campo. La contrapposizione serba (con il supporto della Russia) in qualche modo si farà sentire (economico e/o diplomatico). La popolazione e lo stesso nuovo Stato kosovaro dovranno cominciare a lavorare per costruire quell?identità che tanto hanno cercato e declamato in questi anni. Dovranno soprattutto dimostrare che l?identità kosovara non coincide con l?identità etnica kosovaro-albanese e che tutti gli abitanti del nuovo Stato hanno realmente pari dignità e diritti, qualsiasi sia la loro etnia o la loro religione».

«Nonostante tutte le dichiarazioni contrarie di questo periodo, inoltre, non è possibile non considerare che il Kosovo costituirà un precedente, e che basandosi sugli stessi principi altri territori (o parti dello stesso territorio kosovaro) potranno decidere di scegliere unilateralmente l’indipendenza. E non potrà essere accettabile l?impedire con la forza che questo avvenga».

«In questo quadro delicato, per un verso incoraggiante per un altro preoccupante, la comunità internazionale e l?Europa in particolare dovranno riuscire a fare quello che finora purtroppo non hanno fatto: assumersi la responsabilità di guidare e accompagnare le fasi di questo cambiamento perché non diventino traumatiche e pericolose. L?affermazione unilaterale dell?indipendenza kosovara è stata il risultato del fallimento della mediazione delle Nazioni unite. La reazione in ordine sparso dell?Unione europea, con l?incapacità di arrivare ad una posizione comune sul riconoscimento del nuovo Stato, è stata ? va detto ? imbarazzante. Ma l?Europa non potrà permettersi questa volta di abdicare, di rinunciare al suo ruolo e alle sue responsabilità. Le popolazioni dei Balcani hanno bisogno di poter contare su un?Unione europea finalmente unita e politicamente forte. L?Italia (qualsiasi sia il Governo del Paese) può e deve svolgere in questo un ruolo determinante».


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