Formazione
Kosovo, i miliardi buoni e quelli no
Da una parte la gestione dei Fondi privati. Dallaltra quella dei fondi statali da parte della Protezione Civile.Ecco le storie opposte delle due Missioni Arcobaleno
Se di solito l?arcobaleno viene dopo la tempesta, questa volta la tempesta è venuta dopo Arcobaleno. Una tempesta fatta di procure e mass media, di resoconti a pezzi e spese pazze che come tutte le tempeste crea confusione e sconcerto e impedisce di distinguere i contorni delle cose. Con questo numero speciale ?Vita? prova a chiarire qualche contorno e a fissare due o tre punti fermi, con l?aiuto di cifre, fatti, nomi, numeri, luoghi e persone che più di tante parole ci spiegheranno che cosa è stata veramente la Missione Arcobaleno. Che prima di tutto ha avuto tre facce ben distinte: l?una privata, composta dai fondi (132 miliardi) raccolti e consegnati dagli italiani a un commissario straordinario, il professor Marco Vitale, perché li gestisse a favore dei kosovari; la seconda statale, rappresentata dalla Protezione civile, cioè il dipartimento ministeriale che ha la funzione di affrontare le emergenze e che ha gestito i campi profughi in Albania e in Italia, la terza, l?esercito italiano presente nei Balcani con 10.300 uomini. Come tutti sanno, l?inchiesta della Procura di Bari che ha portato a quattro arresti e nove indagati riguarda la seconda colonna della Missione: la Protezione civile, di cui l?architetto Massimo Simonelli (arrestato) era addirittura il numero due. In pratica il vice di Franco Barberi, il suo capomissione.
Un?importante differenza
Il marcio sarebbe dunque tutto nel pubblico? Lo stabilirà la magistratura. Da parte nostra possiamo soltanto osservare, e mettere a disposizione dei nostri lettori perché se ne formino un giudizio, quanto è dato sapere dai resoconti e dalle cifre o dai silenzi ufficiali che in cui si sono prodotti i responsabili di Arcobaleno, dalla sponda statale e dalla sponda privata. Con un?importante differenza: il nostro compito di cronisti è stato molto più facile per la gestione privata che per quella statale, i cui conti lasciano spazio all?indeterminatezza e a ogni sorta di dubbio. I budget di esercito, vigili del fuoco e guardie forestali intervenuti nei Balcani durante l?emergenza, non siamo nemmeno riusciti a ottenerli dai ministeri competenti. Altra musica con la Missione Arcobaleno-Fondi privati, che ha stilato un resoconto settimanale delle spese, inviato a tutti i maggiori organi di stampa, da cui si evince chiaramente come sono stati impiegati i fondi, 131 miliardi diventati 132 per effetto degli interessi, di cui 85 sono andati a finanziare progetti di 52 ong principalmente in Albania e Kosovo. Per quanto riguarda le spese della Protezione civile, alle pagine 10 e11 scoprirete quanto sia lacunoso e approssimativo il rendiconto disponibile, riferito a settembre 1999 e non ancora aggiornato né tantomeno chiuso a otto mesi dalla fine della guerra in Kosovo.
E se sul fronte dell?economicità e della trasparenza praticamente non c?è gara, anche dal punto di vista dell?efficacia degli aiuti la bilancia pende inesorabilmente a favore della gestione privata e del lavoro delle ong. Per convincersene basta fare i classici conti della serva: se, infatti, la Protezione civile ha utilizzato circa 70 miliardi per assistere 60 mila profughi, attraverso le ong ne hanno spesi 85 per beneficiare oltre 600 mila kosovari. Un milione e 200 mila lire per persona nel primo caso, 142 mila nel secondo. È vero che nei campi della Protezione civile i profughi trovavano vitto e alloggio, ma è anche vero che sono stati assistiti solo per un paio di mesi, mentre i kosovari cui le ong stanno continuando a portare aiuto ritroveranno grazie a loro una casa, una scuola, un lavoro che li accompagneranno per tutta la vita (vedi le pagine seguenti).
Un grazie da Peja-Pec
E non bisogna dimenticare che lo stanziamento complessivo dello Stato italiano (Protezione civile e ministero degli Esteri) per l?emergenza Kosovo ammonta a oltre 140 miliardi. Come sono stati spesi, in dettaglio? Anche qui, nessun rendiconto.
Metodi diversi, risultati diversi. Anche alla fine dell?intervento: allo smontare dell?ultima tenda dell?ultimo campo in Albania sono rimaste solo macerie e in qualche caso sospetti di saccheggio; in Kosovo grazie per esempio al progetto Grameen Bank del microcredito (finanziato da Arcobaleno con 9 miliardi) nasceranno nuove imprese artigiane, nuovi negozi, nuove attività. E se sul suolo albanese c?è il chiacchieratissimo boss Rami Isufi che parla bene degli italiani, in Kosovo abbiamo raggiunto una voce sicuramente più autorevole, l?amministratore del governo provvisorio delle Nazioni Unite (Unmik) Alain Leroy, responsabile della zona di Peja-Pec, che così parla dell?intervento delle ong italiane finanziate da Arcobaleno: «Devo dire grazie a Missione Arcobaleno per il sostegno determinante alla municipalità di Peja-Pec», dice a ?Vita?. «La scorsa settimana sono arrivati 10 scuolabus donati da Arcobaleno, ma tanti progetti sono stati realizzati nei mesi scorsi: ospedali, scuole, case che danno anche all?Unmik grande credibilità. Missione Arcobaleno ha ben pianificato l?arrivo degli aiuti, e in Kosovo sono giunti soldi e progetti nell?ambito di un sistema efficiente, molto più efficiente di tutte le altre organizzazioni internazionali».
Un grazie dall?Onu
Caro Professor Vitale,
ci sono momenti in cui si volta indietro e si fa un esame di coscienza su come abbiamo affrontato i mesi passati. Uno dei questi ?crocevia? è senza dubbio la fine dell?anno. Ebbene, mi creda, nella mia personale ?carrellata? degli avvenimenti di questo difficile 1999, un posto particolare si meritano nella mia memoria le attività in Kosovo della Operazione Arcobaleno.
Nelle emergenze, e ancor più nell?immediato periodo post-emergenza è essenziale che gli interventi siano rapidi, concreti, diversificati e relizzati con particolare attenzione ai bisogni reali della gente. Questo non sempre si avvera perché le ?grandi strutture umanitarie? vedono di buon occhio ?grandi progetti? e questi a loro volta spesso richiedono, inevitabilmente, tempi lunghi. Che questi progetti di ricostruzione siano necessari per un bilancio di una Regione devastata dalla guerra, non vi è dubbio, ma nel frattempo non possiamo e non dobbiamo tralasciare le quotidiane necessità della gente del Kosovo che deve essere aiutata concretamente a ricominciare una vita normale e non lasciarsi andare ad una futile spirale di vendetta. È proprio in questo spazio intermedio tra l?emergenza iniziale e la ricostruzione che ho potuto constatare con i miei occhi quanto efficace, vitale, appropriato e attento alle esigenze reali della gente sia stato l?intervento dell?Operazione Arcobaleno in Kosovo. Questa difficile Regione tuttora afflitta dalla incapacità di voler vivere una realtà multietnica, merita comunque una mano nell?applicare almeno una forma di coesistenza pacifica. E questo obiettivo che è molto più realisticamente realizzabile ha bisogno di continui fatti concreti di interesse comune a tutta la comunità locale come gli ambulatori, le discariche, gli scuola bus; il microcredito bancario, l?assistenza alle donne e ai bambini afflitti da stress post-traumatici, le stufe, le scuole, l?aiuto alla ricostruzione delle case…
Tutto questo lo sto vedendo in Kosovo realizzato anche e molto bene dalla Operazione Arcobaleno in Kosovo e vorrei, a nome dell?Onu, e mio personale ringraziare Lei, i suoi collaboratori, e le migliaia di silenziosi e generosi ?azionisti della buona volontà? italiani che hanno reso tutto ciò possibile durante questo difficile 1999 in Kosovo.
Grazie. Suo,
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