Mondo
Kosovo: eletto premier ex guerrigliero Uck
E' Ramush Haradinaj il nuovo capo del governo kosovaro. Piccolo particolare: potrebbe essere incriminato per crimini di guerra dal Tribunale dell'Aja...
di Paolo Manzo
Nella sua seduta inaugurale l’Assemblea del Kosovo ha confermato Ibrahim Rugova alla presidenza ed ha eletto a capo del governo Ramush Haradinaj, il leader dell’Alleanza per il futuro del Kosovo ed ex capo dell’Uck che potrebbe essere incriminato per crimini di guerra dal Tribunale dell’Aja. Haradanaj – che ha 36 anni – ha ottenuto 72 dei voti favorevoli, e tre contrari, dei deputati albanesi dell’Assemblea di 120 seggi. Decisa da un accordo chiuso a metà novembre tra l’Ldk di Rugova e l’Alleanza per il futuro del Kosovo che lascia all’opposizione il Pdkl di Hashim Thaci e l’Ora di Surroi, la nomina di Haradinaj da settimane ha provocato preoccupazione e timori nella comunità internazionale che con la missione dell’Onu Unmik e della Nato Kfor gestisce il processo di stabilizzazione della provincia. Più esplicito è stato Javier Solana, l’Alto rappresentante per la Sicurezza e la politica estera della Ue, che nei giorni scorsi ha detto che dubita che ”una persona in una tale posizione se, incriminata dall’Aja, possa essere la migliore persona per lavorare all’applicazione degli standard per il Kosovo”.
Più cauti i commenti di Soren-Jessen Petersen secondo il quale ”in caso di di continuazione del processo dell’Aja contro Haradinaj, il Kosovo sarà in grado di mostrare l’esempio di un’azione conforme al processi giudiziari ed al rispetto della democrazia”. Ma tra i membri della Nato esiste la preoccupazione che un’eventuale incriminazione del premier possa provocare nuova instabilità nella regione, a nove mesi dagli scontri tra albanesi e serbi che, esplosi a Mitrovica e poi diffusasi in tutto il Kosovo, hanno provocato 19 morti e la distruzione di centinaia di abitazioni e chiese serbe. ”Condividiamo la preoccupazione di Solana riguardo alla possibilità che un’incriminazione dell’Aja possa provocare instabilità”, spiega un alto funzionario diplomatico statunitense, il quale però, pur sottolineando che si possono ”avere dubbi sulla saggezza politica” dell’accordo che ha portato a questo governo, ribadisce di sostenere la posizione di Petersen che ha dichiarato corretto e giusto sia il processo elettorale di ottobre che quello politico che ha portato all’accordo di governo.
Il secondo partito del Kosovo, il Partito democratico del Kosovo di Hashim Thaci, si è astenuto. Intervenendo nella seduta inaugurale, Haradinaj ha detto che ”le priorità di questo governo saranno l’applicazione degli standard democratici per la metà del 2005, lo sviluppo economico e la creazione di un Kosovo indipendente”. Secondo il processo avviato dalle Nazioni Unite, che amministrano la provincia che formalmente fa ancora parte della Serbia-Montenegro, dovrebbe iniziare a metà dell’anno prossimo il processo di revisione dei progressi ottenuti sulla via della costruzione di uno stato democratico e multietnico – definiti appunto standard per il Kosovo – come prerequisito all’avvio dei negoziati per lo status. Ma la realtà nel paese appare abbastanza scoraggiante, sia per quanto riguarda la ricostruzione economico sociale – basti pensare che il tasso di disoccupazione è del 70 – che per i progressi fatti per il ritorno dei 200mila serbi che hanno lasciato il Kosovo dopo la fine della guerra e l’integrazione degli 80mila che di fatto vivono in enclavi protette dalle forze della Kfor.
Colta di sopresa dalle violenze esplose lo scorso marzo a Mitrovica e poi si sono diffuse in tutto il Kosovo provocando 19 morti e mettendo in fuga altri 3mila serbi, la forza multinazionale della Nato, composta da quasi 18mila unità, sostiene di aver imparato la lezione di marzo, come prova il fatto che le elezioni dello scorso ottobre si siano svolte senza incidenti. Da Bruxelles diplomatici dell’Alleanza ricordano come in questi mesi si sia lavorato per migliorare la qualità della presenza della Kfor sul territorio – che ha il mandato di ”provvedere ad un ambiente sicuro per tutta la popolazione del Kosovo”- attraverso un aumento del lavoro di intelligence sul territorio. Ma soprattutto eliminando una serie di limitazioni, che nel linguaggio della Nato vengono chiamate ‘caveat’, all’azione dei diversi contingenti nazionali, che avrebbero ritardato e limitato la reazione delle forze della Kfor a marzo.
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