Non profit

Kony, fuori dalla rete la mobilitazione diventa un flop

di Gabriella Meroni

Doveva invadere tutte le piazze del pianeta, è stato un flop. Il 20 aprile era la Kony2012 Night, la serata scelta dalla campagna di Invisible Children e del suo video virale per una mobilitazione mondiale finalmente offline, fatta di persone vere, fiaccolate, striscioni e raccolta firme, insomma una campagna tradizionale che facesse vedere fisicamente quanti milioni di persone erano state coinvolte davvero. Invece ? come notato dal magazine statunitense Non Profit Quarterly ? dei 3 milioni e mezzo di cittadini che avevano dichiarato online di voler organizzare un evento nella loro città se ne sono viste poche migliaia. Come mai? Il magazine azzarda delle ipotesi: dopo oltre 100 milioni di riproduzioni del video Kony2012, e l’immenso clamore suscitato, la campagna ha esaurito tutto il suo potenziale; le forze degli attivisti (come dimostra il crollo psicologico del regista del video, ricoverato in una struttura psichiatrica) si sono consumate nel circo mediatico da cui sono stati travolti, rendendoli incapaci di trasformare semplici clic emotivi in impegno razionale. Ma c’è anche dell’altro. Tra le ragioni dell’insuccesso per NPQ figurano anche le accuse di aver rappresentato i cittadini dell’Uganda come vittime del sanguinario guerrigliero e gli americani come loro salvatori, oltre ad altre insinuazioni di tipo politico, tra cui quella di aver sostenuto in passato posizioni omofobe e di essere collegata a gruppi evangelici radicali. Ma la ragione decisiva sarebbe un’altra, certo non nuova: la mancanza di trasparenza. Il Non Profit Quarterly, facendo due conti, ha scoperto che Invisible Children ha raccolto in soli due mesi 20 milioni di dollari, quando il bilancio di tutto il 2011 mostrava entrate per 14 milioni. Una somma che la ong non ha chiarito come spenderà, visto che lo scopo dichiarato della campagna era semplicemente “rendere famoso Kony”. Obiettivo centrato, ma insufficiente a muovere gli animi.

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