Mondo

Kirikù, il diverso sarai tu

Un milione e mezzo di spettatori hanno visto il piccolo Kirikù che sconfigge la malvagia strega Karabà, opera di Ocelot, uno dei più originali autori francesi.

di Carlotta Jesi

Kirikù e la strega Karabà sono nati da Michel Ocelot e da un racconto africano. Una storia di lotta contro la malvagità che si è trasformata, in una settimana esatta, in un cartone animato campione d?incassi. Ma solo sulla carta, perché a trovare un finanziatore cui piacesse un bambino come Kirikù, che gira tutto nudo, si taglia da solo il cordone ombelicale e cerca di sconfiggere la malvagità della strega Karabà, Ocelot ci ha messo due anni. E altri due per portare nelle sale il suo capolavoro: un milione e mezzo di spettatori in Francia. Un sacco di tempo, insomma. Che tuttavia per il ?papà? di Kiriku non ha alcuna importanza: Princes et Princesses, una successione di 8 storie in ombre cinesi appena uscito nei cinema francesi, arriva sullo schermo 10 anni dopo la sua nascita e l?intera vita di Ocelot ha orizzonti temporali indefiniti. «La mia data di nascita?, preferisco dire che numero di scarpe ho, o che taglia porto», risponde a chi cerca di dargli un?età e deve accontentarsi di indicazioni vaghe. «Sono nato verso la metà del secolo scorso, e penso di essere uguale a dieci, venti e anche trent?anni fa».
E cioè come? Chi è l?autore della favola di Kiriku e Karabà, bimbo bianco e strega nera che hanno conquistato il cuore di americani, africani, italiani e tedeschi? Sicuramente un tipo particolare. «Uno che non legge tanto i giornali perché dopo il crollo dell?impero russo non è successo più niente», risponde. E qualche indicazione te la dà solo sul periodo più bello della sua vita: unico bambino bianco a frequentare una scuola pubblica piena di africani in Guinea. «Essere bambino mi divertiva un sacco, poi al liceo il buio: a parte i temi in classe, non ricordo un solo giorno in cui mi sia divertito». Il solito secchione? No, Ocelot è piuttosto un tipo curioso che senza sapere nulla su come si gira un cortometraggio, comincia a farlo perché il cinema di animazione è l?unico modo con cui riesce a viaggiare nel tempo e ad esplorare la vita. Anche se non ci mangia. «Sono stato disoccupato per la maggior parte della mia vita, periodi lunghi che si ripetevano. All?inizio ero un disoccupato patetico». Fino a quando si trova un?occupazione e come il resto del mondo deve salire su un autobus tutte le mattine. Poi arrivano i primi premi e riconoscimenti, ma la disoccupazione ritorna. «Solo che non era più patetica perché, anche se povero, ero famoso». È allora che ?nascono? Kirikù e Karabà, ma che parto!
«Per un finanziatore le donne africane del film non dovevano stare a seno nudo, per la Bbc Kirikù avrebbe dovuto nascere vestito di tutto punto, per i tedeschi una favola africana non avrebbe portato gente al cinema e americani e africani si lamentavano perché nelle case mancavano i telefoni cellulari». Per Ocelot è un incubo, ma a snaturare il suo cartone proprio non ci sta e per fortuna alla fine le cose si sistemano. Tutti capiscono che Kirikù è un tipo semplice, senza fronzoli e interessato a sconfiggere la malvagità senza far male a nessuno. Proprio come chi l?ha creato? Forse, o forse no. Di certo si sa che Ocelot preferisce farsi la barba davanti a un libro che allo specchio, non ascolta mai musica prima di mezzogiorno e chiede ai suoi collaboratori di usare un walkman se proprio non resistono. Nella sua casa c?è un telefono che non funziona, una tv perennemente spenta e grandi muri bianchi. E lui, per la strada gira sui pattini a rotelle.

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