Cultura

Kill BIll, cinema da doppia visione

Recensione dei film "Kill Bill" e "Kill Bill 2" di Quentin Tarantino (di Andrea Leone).

di Redazione

“Prima la mitologia, poi le risposte”. Questa dichiarazione di Tarantino ci aiuta a comprendere la ragione della divisione del suo ultimo film in due parti. Se il primo volume presentava, attraverso un continuo fuoco d?artificio stilistico, l?azione e la lunga coreografia della morte con lo scatenarsi della vendetta della Sposa contro le forze del male, nel secondo il tempo rallenta e si apre (soprattutto nel finale) alla dimensione simbolica e psicologica. Sorprendentemente in Kill Bill Tarantino (autore dei dialoghi tra i più geniali della storia del cinema ) abbandona la consueta macabra ironia e la parola a favore dell?epica, il discorso a favore delle immagini. è come se Tarantino cercasse di liberarsi dal Verbo, cioè dal tempo, per passare nettamente alla dimensione del mito, attraverso una serie di immagini che hanno le caratteristiche della leggenda; immagini talvolta di una bellezza lancinante, spesso di una potenza icastica degna del cinema muto o della pittura. In questo film sembra svanire o almeno attenuarsi la concezione pessimistica e materialistica delle altre opere di Tarantino, e la violenza della prima parte assume connotati quasi liberatori, catartici ; l?unico lungo duello di cui è fatto questo film sembra essere la lotta per ritrovare l?innocenza perduta ; la figlia ritrovata, in un finale che a detta di molti risulta un po? debole e sentimentale, è il premio dopo la lunga esperienza del crimine, della violenza e del male, rappresentata dal padre-marito-killer. Questi possono essere visti come i limiti di Kill Bill, che invece, dal punto di vista strettamente cinematografico, sfiora la perfezione. Tarantino è il più grande dei manieristi; la sua grandezza è l?assoluta padronanza linguistica. Non è esattamente un citazionista, ma un poliglotta. Parla perfettamente la lingua dei suoi maestri per rendere reale, attraverso il ricorso all?immaginario collettivo e personale, ciò che sta narrando; se la storia della Sposa e della sua vendetta fosse narrata con il linguaggio naturale sarebbe intollerabile e ridicola. L?ambito di Tarantino è l?impero dell?infanzia, il tempo (da qui l?importanza assoluta della musica) perfetto del mito. Il suo cinema ossessivamente enciclopedico può essere visto come il tentativo di ritrovare quel linguaggio perduto; ma la sua venerazione filologica nei confronti del passato è sorprendentemente capace di trasformarsi in originalità e novità inaudita.

Andrea Leone


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