Politica
Katainen (UE): «Non conosciamo l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul mondo del lavoro»
Per il vicepresidente della Commissione per il lavoro, la crescita, gli investimenti e la competitività nella Commissione Juncker: «nessuno può affermare con certezza quale sarà il futuro del lavoro» in un mondo controllato da algoritmi e AI. Il rischio è grande. Ma per rispondere adeguatamente al rischio, osserva Jyrki Katainen, dobbiamo cogliere a pieno la sfida culturale che l'innovazione ci lancia
di Marco Dotti
Sull'Intelligenza Artificiale nessuno può dire dove stiamo andando. Soprattutto, ha dichiarato Jyrki Katainen, «nessuno può affermare con certezza quale sarà l'impatto dell'AI sul mondo del lavoro». Le preoccupazioni non sono infondate e l'ottimismo, come insegnava Hans Jonas, quando ci sono di mezzo rischi cruciali, non è una medicina. Tutt'altro.
Parlando all'incontro organizzato da Google e Debating Europe sul "Futuro del lavoro", il vicepresidente della Commissione per il lavoro, la crescita, gli investimenti e la competitività nella Commissione Juncker, ha poi osservato che «siamo di fronte a qualcosa di allarmante, ma che non ci deve bloccare. Non dobbiamo essere eccessivamente preoccupati delle ripercussioni su quanti posti di lavoro si potranno perdere, ma concentrarci sulle opportunità».
Il problema a oggi più grande, sembra suggerire Katainen, è di tipo etico e culturale. Se nessuno conosce realmente il potenziale impatto dell'AI e dell'automazione sul mondo del lavoro, anche l'impatto etico dei programmi che genericamente vanno sotto il nome di "Intelligenza Artificiale" è incerto.
Culturalmente, invece, le cose sono più chiare: si possono cogliere le sfide se si hanno strumenti culturali e non solo tecnologici adeguati. Strumenti (culturali) che, a oggi, mancano.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.