Ryszard Kapuscinski, il grande giornalista polacco morto nel 2007, ritorna con un imperdibile libretto inedito dedicato al Guatemala 1970 (Perché è morto Karl von Spreti, Il Margine, 13 euro). Oltre al racconto della storia specifica, Kapuscinski si concede, com’è nel suo stile, spunti di riflessione che valgono per tutte le storie.
Gli uomini che scrivono la storia dedicano troppa attenzione ai momenti clamorosi e analizzano troppo poco i periodi di silenzio. Si tratta di una mancanza di intuizione, quell’intuizione così infallibile nelle madri quando sentono che nella stanza del loro bambino si è fatto improvvisamente silenzio. La madre sa che quel silenzio non significa nulla di buono. Interviene di corsa perché sente che il male è nell’aria. Nella storia e nella politica il silenzio svolge la stessa funzione. Il silenzio è un segnale di sventura, e spesso è il segnale del crimine. È uno strumento politico del tutto uguale allo strepito delle armi. Il silenzio è necessario ai tiranni e agli occupanti che ben si adoperano affinché il silenzio accompagni la loro opera… Il silenzio ha la capacità di diffondersi e per questo usiamo espressioni come «tutto intorno regnava il silenzio» oppure «il silenzio ha coperto tutte le cose». Il silenzio ha anche la capacità di aumentare di peso e per questo diciamo «un silenzio che pesa», così come parliamo del peso dei corpi solidi e liquidi. Oggi si parla della lotta al rumore, ma la lotta al silenzio è molto più importante. Nella lotta al rumore è in gioco la tranquillità dei nostri nervi, nella lotta al silenzio è in gioco la vita umana.
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