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Junior Cally e le donne nella trap

Su Junior Cally si è abbattuto uno tsunami di critiche per una sua vecchia canzone. Accusato di sessismo e di incitamento al femminicidio si è meritato anche l'intervento del presidente della Rai, Marcello Foa. Non è chiaro se si procederà alla sua esclusione dalla kermesse. Ma il rapper romano è davvero il mostro che viene descritto? Forse no

di Lorenzo Maria Alvaro

Junior Cally è un rapper romano di 28 anni. Sarà concorrente al prossimo festival di Sanremo e la sua partecipazione era stata annunciata, come di consueto, a dicembre. Negli ultimi giorni però, dopo il caso Amadeus, ne è stata chiesta l'esclusione per via di un suo pezzo “Strega” il cui testo è accusato di misoginia, sessismo e incitazione al femminicidio. Un caso che ha anche visto l'intervento del presidente Rai, Marcello Foa, anche se non è chiaro se si auspichi l'allontanamento del concorrente o semplicemente una presa di posizione di qualche genere del Festival e dell'artista.

Qualcosa di molto simile alla polemica contro Achille Lauro e la sua Rolls Royce dell'anno scorso o nei confronti di Sfera Ebbasta per incitazione all'uso di droga per cui furono fatti anche degli esposti da alcuni parlamentari. Si potrebbe derubricare tutto alle tradizionali schermaglie sanremesi più dovute alla necessità di creare attenzione che di affrontare seriamente argomenti scottanti.

Eppure qualcosa di misterioso c'è se Junior Cally viene considerato dai più inadatto a calcare il palcoscenico del Festival mentre al Dopofestival viene tollerata silenziosamente la presenza di M¥ss Keta, scelta da Nicola Savino per la co-conduzione. Un'artista che tra le tante cose canta nella sua celebre “Milano, sushi e coca” «Toccami la gamba, passami la bamba, Kyto, Poporoya, je sono la tua troia. Milano, coca, sushi, moda. Hashtag. Milano sushi e coca. La noche esta loca, strisce, righe e moda, M¥ss Keta la tua droga».

https://www.youtube.com/watch?v=4CTMzWCko1A

l motivo per cui vengano presi così di mira gli artisti trap è un rebus. Non si ricordano polemiche del genere quando nel 1995 Marco Masini cantava «mi verrebbe di strapparti quei vestiti da puttana e tenerti a gambe aperte finché viene domattina. Ma di questo nostro amore così tenero e pulito non mi resterebbe altro che un lunghissimo minuto di violenza e allora ti saluto… bella stronza».

Incensato da tutti come prodigio, etichettato come genio, tanto da meritarsi prime pagine e copertine, compresa quella di Rolling Stone che è tante cose tranne che un magazine politicamente scorretto (è ciò che di più innocuo ci possa essere dopo solo a Sanremo) Salmo cantava in “Yoko Ono”, che è una carrellata di ragazze finite nel suo letto che lui disprezza apertamente e nel video uccide: «Sto pensando a parole che possano farti del male. Ho una Yoko Ono sul letto il suo braccio sopra il petto. Gloria il suo nome: la peggiore troia della storia. Trucco pesante, black eye liner, eyes of tiger, ha il culo a forma di geyser. Sai per me compensa il fatto che ha il viso di Liv Tyler. Le passeggiate, zitti, guardando i passi. Amava il mio silenzio, pensava che l'ascoltassi. Occhi blu profondo come il veleno che sputo. Piacere tutto mio di non averti conosciuto».

A ben vedere la strofa, perché di una sola strofa si sta parlando, per cui Junior Cally viene crocifisso è molto marginale nell'economia del pezzo. Le parole contestate sono: «Lei si chiama Gioia, ma beve poi ingoia. Balla mezza nuda, dopo te la da. Si chiama Gioia perché fa la troia. Sì, per la gioia di mamma e papà. Questa frate non sa cosa dice. Porca troia, quanto cazzo chiacchera? L'ho ammazzata, le ho strappato la borsa. C'ho rivestito la maschera».

Ma è il resto del pezzo che invece, alla luce soprattutto del rumore mediatico di oggi, lo rende attuale ma anche molto bello e sensato. Ma per giudicarlo servono delle conoscenze. Serve sapere chi è Cally, perché dice certe cose e cosa significano.


Scrive su“ La Stampa” Alice Castagneri: «Era in ospedale, era solo un bambino. Gli avevano appena prelevato il midollo osseo. Non riusciva a dormire perché aveva paura di non svegliarsi più. Quella fu la notte in cui Antonio Signore incontrò per la prima volta Junior Cally, anche se lo capì soltanto anni dopo. Nel letto accanto, tra fili delle flebo e lenzuola arricciate, vide una figura. “Sembrava una grossa testa deforme. Mi fissò, mi entrò dentro con lo sguardo”, racconta. Quel fantasma sparì, ma le ansie e le insicurezze quelle no, non sparirono. Fino a diciotto anni (ora ne ha 28) Antonio ha vissuto con la paura di morire. Aveva un problema al sangue che i medici non riuscivano a capire. “A che mi serve la scuola se tanto non vivrò a lungo?”, questo pensavo per la maggior parte del tempo in quel periodo. Dunque, non studiava, se ne stavo in giro senza fare nulla e a volte aiutava suo padre a pulire le vetrine dei negozi a Focene, dove è cresciuto prima di trasferirsi a Fregene. Finite le medie ha lasciato la scuola e ha cominciato a pensare di poter diventare qualcuno con il rap».

Ecco che la canzone assume un nuovo senso. «Medici privati costano troppo. Come cazzo faccio coi medicinali? Fanculo lo Stato, fanculo l'Italia. Fanculo ogni membro della polizia. Ci entro dentro con lo sguardo di mio padre che entra dentro una farmacia», canta JC la cui peculiarità, l'avere il volto coperto da una maschera, si scopre non essere un vezzo o una trovata di marketing ma un'esigenza psicologica.

Ma il cuore della canzone riguarda un fatto generazionale. «Siamo le streghe libere di bere per tutta la noche. Beviamo, cantiamo, corriamo, moriamo veloce. Ci bruciano in piazza, ma tanto lo sai che resuscitiamo» è il ritornello. Ed è in qualche modo esattamente quello che succede oggi. Junior Cally viene bruciato sul rogo del inquisizione pubblica. Così come i suoi colleghi trapper.

Una generazione di ragazzini cresciuti senza famiglia, a contatto con ogni tipo di droghe che, quelli che ce l'hanno fatta, sono sopravvissuti grazie esclusivamente alle proprie forze. Sono vittime di una società edonista, egoista e individualista che li ha prima abbandonati e adesso vuole moralizzarli.

E tutto questo avviene per una grande incomprensione: i critici e il pubblico generalista ascolta e guarda ai testi di questi ragazzi (ma spesso anche del rap) come fossero manifesti, come se si trattasse di cantautori. Mentre si è di fronte a un genere che è descrittivo: racconta ciò che vede e ciò che vive, spesso sottolineandone gli aspetti più turpi.

Il sessismo e la violenza sulle donne sono nella società non in Junior Cally. Lui prende solo uno specchio e obbliga la società a guardarsi. Ecco il perché di una reazione tanto violenta. È intollerabile quel dito puntato.

A questo va aggiunto che nella poetica trap le donne si dividono in due grandi categorie. Da un lato ci sono le mamme, cioè le donne accudenti e amorevoli. Dall'altro le bitch, cioè le donne che si concedono e danno amore sessuale in cambio di visibilità o soldi. Per i rapper è chiarissimo quale sia il modello virtuoso e non usano mezzi termini per definire le altre. Una dicotomia addirittura banale. E infatti Ghali canta in “Ricchi Dentro” “Mamma, dai, sincera ti aspettavi tutto questo? Eravam già ricchi dentro. Mio dio che bello dirti "Te l'avevo detto". È tanto che non ti sento. Mamma, dai, sincera ti aspettavi tutto questo? Eravam già ricchi dentro». E Sfera Ebbasta dedica i propri concerti alla madre Valentina.

Allo stesso modo c'è una certa ruvida spietatezza per quelle donne o ragazze che invece si comportano in modo disinibito. E qui avviene un corto circuito molto curioso: l'opinione pubblica così come si scandalizza quando scopre che esistono adolescenti che si concedono in cambio di ricariche telefoniche (il caso romano di qualche anno fa diede vita anche ad una serie su Netflix) trova inaccettabile che qualcuno definisca donne che si comportano in quel modo a chiare lettere.

A essere davvero sconcertante è questa totale incapacità del mondo adulto di fare autocritica, di chiedersi il proprio ruolo nell'equazione. (Ne avevamo già parlato su Vita.it dopo la morte del trapper amerciano Juice WRLD)

Se c'è una cosa certa è che il mondo trap, almeno dal punto di vista lavorativo ed economico, è molto meno discriminante di tanti altri ambienti. Il caso di Madame, sorpresa femminile della scena hip hop italiana, che a 17 anni è stata salutata dai colleghi come prodigiosa e inserita in tantissimi dischi e collaborazioni, quasi tutte di maschietti affermati. Mentre sul palco di Sanremo, e in tantissimi altri luoghi della società italiana, alle donne è chiesto di stare “un passo indietro”, nel rap se hai talento vieni valorizzata. Anche questa potrebbe essere una lezione da imparare da questi ragazzini.


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