Politica
Juncker: “Europa, basta avere paura”
Nel suo discorso sullo stato dell'Unione Europea, il presidente della Commissione UE, Jean-Claude Juncker punta il dito contro un'Europa priva di idee e di coraggio. "È giunto il tempo dell'azione", in particolare sulle migrazioni. Anche perché "il nostro è un continente vecchio colpito da un declino demografico. E avremo bisogno di talenti".
“C’è poca Unione e poca Europa”. Esordisce così Jean-Claude Juncker nel suo primo discorso sulla stato dell’Unione (qui la versione integrale) rivolgendosi agli eurodeputati riuniti in sessione straordinario a Strasburgo. Per il Presidente dela Commissione europea è una prova del fuoco (tutt’ora in corso). Migrazioni, Grecia, cambiamento climatico. Temi caldissimi su cui l’UE ne è spesso uscita a pezzi. L’emergenza profughi è l’utima di una serie di crisi che hanno minacciato le fondamenta del sogno europeo e la dimostrazione che “l’Unione Europea non versa in buone condizioni”. Gli euroscettici godono, ma Juncker li zittisce subito rivolgendosi al leader britannico Farage: “Quello che dici non ha valore”.
Basta retorica, serve l’azione
Ma siamo solo all’inizio delle stoccate indirizzate alle istituzioni UE, Stati membri compresi. Con la crisi migratoria, è giunto infatti il tempo di finirla con la paura e i dissidi. “Basta retorica, adesso serve l’azione”. E ancora: “Sono alla guida di un organismo politico, sono un politico. Non un politicante. È finito il tempo del ‘business as usual’. Non è il momento dei discorsi, ma della sincerità”. Annunciando il suo piano di accoglienza per altri 120mila rifugiati in Europa (ai quali si sommano i 40mila già previsti), Juncker chiede “che questo meccanismo venga adottato immediatamente”, per poi diventare permanente, il che “ci consentirà di affrontare situazioni di crisi in modo più agevole in futuro”. “Gli europei devono prendersi carico di queste persone, abbracciarli e accoglierli”, ha aggiunto. “Se fossi un padre con un figlio in un mondo che crolla non esiterai ad attraversare alcun mare. Lo fareste anche voi”, ha detto rivolgendosi agli eurodeputati.
“Mi auguro veramente che lunedì prossimo i ministri degli Interni dei paesi Ue decidano senza esitazioni la ripartizione di 160 mila persone, ognuno deve fare la sua parte”. “Tra poco arriva l’inverno, vogliamo che le famiglie dormano al freddo nelle stazioni di Budapest?”. No, insiste Juncker. “L'Europa non è chi si volta da un’altra parte, chi appicca il fuoco ai campi di raccolta. L’Europa sono i ragazzi di Kos che portano i panini ai siriani, chi ha applaudito il loro arrivo nella stazione di Monaco”. Ma anche il popolo di Lampedusa e il mondo delle associazioni e del volontariato italiani che hanno prestato soccorso ai migranti quando l’Italia si è fatta carico da sola dell’emergenza profughi, potremmo aggiungere.
Altro che accogliere 160mila rifugiati…
Anche sui numeri, Juncker ha deciso di dire basta all’ipocrisia. Nell’ultimo anno è arrivato nell’Ue mezzo milione di persone, in massima parte proveniente da Siria, dalla dittatura eritrea e fuggiti dal terrore dello Stato islamico. Duecentomila rifugiati si sono diretti in Grecia e presto diventeranno 250 mila, 150 mila in Italia. Ma anche se è vero che il numero dei rifugiati che giungono in Europa è “senza precedenti”, si tratta pur sempre "dello 0,11% della popolazione dell'Unione europea”. Da cui l’invito ad “applaudire la Turchia, la Giordania e il Libano che accolgono complessivamente più di 4 milioni di profughi”. Altro che 160mila.
Ma con questi numeri, ognuno deve fare la sua parte. “Gli standard europei, le regole sulla migrazione ci sono. Ma sono gli Stati membri che non le hanno applicate. Ora devono rispettarle: è in gioco la credibilità dell'Europa”, ha ammonito. “La Commissione Ue viene additata di non fare le cose bene quando le cose in patria non funzionano. Questo scaricabarile, non aiuta rifugiati. È necessaria un'agenda comune per agire. L'Italia, la Grecia e l'Ungheria non devono essere lasciate sole”.
L’Europa, un continente vecchio in cerca di nuovi talenti
E ancora. Con chiaro riferimento alla linea dura adottata dal premier ungherese Orban, che non vuole accogliere profughi musulmani, Juncker ha anche dichiarato che “non si può fare distinzione di credo, etnia o di altro tipo”. Anche perché l’Europa non se lo può permettere. E qui arriviamo ad uno dei passaggi chiave dell’intervento del Presidente della Commissione UE, une verità sempre nascosta dalla leadership europea per paura di perdere consensi elettorali: “Non dimentichiamoci che il nostro è un continente vecchio colpito da un declino demografico. Avremo bisogno di talenti. Bisogna affrontare le migrazioni in un altro modo: non più come un problema da eliminare, ma una risorsa da gestire in modo efficace”.
Sempre nel suo discorso, Juncker ha annunciato un pacchetto di misure che verranno presentate all’inizio del 2016, dichiarando inoltre voler rafforzare l’agenzia Frontex e che “Schengen non si tocca finché sarò presidente della Commissione”. Infine, l'ex Premier lussemburghese ha annunciato la volontà della Commissione UE di istituire un Fondo fiduciario di emergenza dotato di 1,8 miliardi di euro di finanziamento per far fronte alle crisi che continuano a destabilizzare l'Africa (Sahel, Lago Ciad, Grandi Laghi e Corno d'Africa). "Vogliamo contribuire a creare stabilità durevole, ad esempio attraverso la creazione di opportunità di lavoro nelle comunità locali, e quindi affrontare le cause profonde di destabilizzazione, spostamenti forzati e la migrazione illegale", ha detto Juncker.
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