Welfare

Jointly, quando il supporto alla genitorialità è innovazione

Il Ceo di una delle società italiane più qualificate del settore parla dei servizi ai dipendenti delle imprese e ai loro familiari, in un periodo storico in cui si rischia di perdere il posto di lavoro se non si trovano le dovute modalità per farsi carico anche di figli e parenti anziani che necessitano di cure e attenzioni

di Luigi Alfonso

«Avere preoccupazioni o carichi di cura per un figlio o per un familiare anziano, comporta stress, ansia, si rischia non solo il burnout ma anche di compromettere la propria professionalità. In un mondo in cui non esiste più una rigida separazione tra casa e ufficio, tra tempi di vita e di lavoro, le misure di welfare aziendale a supporto del benessere possono avere un impatto non solo sui collaboratori ma sulle loro famiglie e i loro territori di riferimento». Nelle parole di Francesca Rizzi, Ceo di Jointly, c’è quanto basta per capire come mai il supporto alla genitorialità sia diventato uno dei servizi più innovativi e caratterizzanti di questa azienda che si occupa di welfare aziendale, il tema al centro del numero di Vita Focus on line dalla scorsa settimana.

«Il benessere delle persone è oggi una priorità strategica per le aziende, e bisogna saper ascoltarle per capire i loro bisogni», spiega la dirigente della società benefit che gestisce una delle piattaforme più avanzate d’Italia. «Che sia psicologico, fisico, relazionale, economico o di formazione, il benessere è fondamentale per il lavoratore, per la sua famiglia e per l’azienda stessa. Rispetto ai carichi di cura dei genitori, Jointly ha un’offerta integrata: da un lato un programma di formazione interattivo composto da percorsi multicanale, differenziati in base alle necessità di genitori e figli che si chiama “Professione genitori”, proprio perché è un “mestiere” che si impara; dall’altro una piattaforma digitale personalizzabile di servizi, “Jointly 0-18”. Entrambi i progetti sono stati studiati dai nostri esperti insieme a un’equipe interdisciplinare».

“Professione genitori” è un programma flessibile e modulare che accompagna genitori e figli nei momenti di maggiore criticità attraverso le nuove sfide nell’utilizzo consapevole delle tecnologie (modulo Genitori digitali: parliamo di fruitori che spesso sono inconsapevoli, dunque non sanno orientare ed educare correttamente i propri figli), nel complesso periodo dell’adolescenza (modulo Genitori nell’Odissea dell’Adolescenza) – reso più complesso dalla pandemia (modulo SOS genitori) – e nell’orientamento scolastico attraverso il programma storico di Jointly Push to Open, sia per le medie (P2O Junior) che per le superiori (P2O Diplomandi).

«Ci sono molteplici interventi, con moduli da svolgere in community, sotto la guida di speaker con elevate competenze», sottolinea Rizzi. «Il tema del digitale, per esempio, è affidato tra gli altri a un avvocato esperto di rischi di cibersecurity. I genitori lavorano in gruppo, per loro è un arricchimento importante. Il tema non è “a che età do il cellulare o il tablet a mio figlio”, semmai l’utilizzo corretto di questi strumenti. Per l’orientamento nella scuola, invece, ci rivolgiamo a esperti che spiegano anche le ricadute occupazionali al termine di un percorso di studi. Ogni anno, poi, misuriamo l’impatto sociale: una società di consulenza esterna rileva non solo il grado di soddisfazione, ma anche la ricaduta in termini di consapevolezza, di fiducia verso se stessi e verso l’azienda. Il datore di lavoro deve sapere se il lavoro è stato fatto bene e se ha ricadute importanti».

«Jointly Professione Genitori – prosegue Rizzi – è un programma che ha impatti positivi rendicontabili ai fini della sostenibilità: infatti non ha un impatto “solo” in termini di benessere individuale per genitore e figlio, o organizzativo per l’azienda, ma anche in termini di benessere per tutta la comunità. Per ogni euro investito in Push to Open, per esempio, il valore economico del ritorno sociale dell’investimento è pari a 2,35 euro, in termini di maggior coinvolgimento di scuole e ragazzi, di minor abbandono scolastico e scelte più consapevoli per il proprio futuro in Italia».

Sino ad oggi, Jointly ha erogato servizi per “Professione genitori” a più di 24mila tra genitori e ragazzi, con più di 220mila ore di alternanza scuola lavoro.

Il secondo gruppo di interventi a supporto della genitorialità, “Jointly 0-18”, dà un aiuto a una vasta gamma di genitori: da quelli che hanno figli appena nati sino a coloro con figli che hanno appena raggiunto la maggiore età. Si tratta di una piattaforma a supporto della genitorialità con oltre 700 servizi selezionati per la cura, l’assistenza e l’istruzione dei figli, che vanno dagli asili ai campus estivi, dalle babysitter al sostegno allo studio e all’orientamento scolastico.

«In questo caso – precisa Rizzi – interveniamo soprattutto a livello organizzativo, per esempio nelle esigenze pratiche di cura e assistenza, al supporto nello studio sino allo sviluppo di nuove competenze con i campus e i soggiorni esperienziali. Sono interventi che vanno modulati a seconda delle aziende: alcune di esse hanno dipendenti con un’età media elevata, dunque con figli mediamente grandi, mentre altre hanno lavoratori giovanissimi con figli molto piccoli. Non diamo mai soluzioni fatte e finite, interveniamo dove c’è un concreto bisogno. Nel mondo dei primi anni, per esempio, ci affidiamo a una rete di strutture di prima infanzia accreditate su tutto il territorio nazionale. Le aziende danno un supporto di tipo economico ma anche di aiuto nella scelta in termini di qualità e affidabilità delle strutture».

«È vero che, con la pandemia, si è sviluppata moltissimo la modalità dello smart working», sottolinea il Ceo di Jointly, «ma questa non può essere la soluzione a problemi di questa portata. Innanzi tutto perché, se sto a casa, o mi dedico al lavoro oppure mi devo occupare dei miei cari, bimbi o anziani che siano. In secondo luogo, non tutti possono permettersi di lavorare da remoto. Sembra un fatto marginale ma non lo è, perché queste condizioni ancora determinano la fuoriuscita dal mondo del lavoro di molte donne, soprattutto dopo la nascita del primo figlio. Se non possono accedere ai servizi per l’infanzia, o se non possono permetterselo dal punto di vista economico, non hanno alternative».

Non ci sono soltanto i problemi legati ai bimbi più piccoli, naturalmente. «Sono sempre di più le famiglie con figli che hanno disturbi di apprendimento (Dsa, Bes). Lavoriamo con gli esperti del territorio sia nel campo della consulenza che nell’affiancamento alle famiglie. C’è poi tutto un mondo legato al sostegno allo studio: tra le varie proposte, offriamo le ripetizioni con classi virtuali dove i ragazzi si trovano online ad affrontare lezioni di recupero delle materie con metodologie molto moderne. Infine, c’è lo sviluppo delle competenze per il futuro: in estate ci dev’essere il legittimo spazio per il gioco e lo svago, ma i bambini devono poter avere anche dei momenti di apprendimento nei campus o nei soggiorni esperienziali, con attività che riguardano l’ambiente, la sostenibilità, l’inclusione, le nuove tecnologie. Devo ammettere che ci gratifica molto vedere la soddisfazione dei ragazzi e la gratitudine dei genitori dopo queste esperienze di crescita fuori dal comune».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.