Cultura

Johnson: un artista vero che regala sensazioni

Recensione del libro "I giorni e gli anni" di Uwe Johnson.

di Domenico Stolfi

Ci sono dei libri scontrosi che non cedono facilmente il loro senso. Libri che esigono fedeltà e fatica, ma che alla fine dischiudono un nucleo luminescente di verità. È questo il caso de I giorni e gli anni (Feltrinelli, 28 euro) di Uwe Johnson, prima puntata di una tetralogia fluviale che mescola narrativa, saggistica, filosofia e memorialistica. Cosa racconta Johnson? Tutto e niente, i due poli, cioè, tra i quali s?è dilacerato il Novecento, secolo di visioni totalizzanti e polverizzazioni nichilistiche. Giorno per giorno, dal 21 agosto 1967, Gesine Cresspahl, emigrata dalla Germania a New York, recita la parte dell?angelus novus di Walter Benjamin: voltandosi indietro, il suo sguardo cade sulla storia come cumulo di rovine; guardandosi intorno coglie significati metafisici nella cronaca più spicciola. Davanti, invece, non getta lo sguardo: il futuro per lei è astrazione e menzogna. A quel processo di declino che è la storia (ancora Benjamin!), Johnson sottrae oggetti e immagini per collocarle in un ordine nuovo, immettendoli in una rete d?allegorie dal senso spesso inafferrabile. Quasi ogni evento descritto ne ricorda un altro, in ogni persona vi sono tratti che fanno pensare a un?altra, in un continuo déjà vu che richiama lo slancio ideale di Novalis verso l?unità organica del cosmo, rovesciandone però il senso: se là le connessioni rappresentavano l?apertura alla possibilità, qui diventano sinistro presagio di sventura.


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