Cultura
John Bird. Il re dei giornali di strada
Dieci anni fa, il primo numero di The Big Issue. Era un mensile da 30mila copie. Oggi è un settimanale da 300mila. Venduto a Londra per strade e marciapiedi.
The Big Issue, il giornale di strada più famoso del mondo venduto dai senzatetto del Regno Unito, compie 10 anni. anni in cui è passato da mensile a settimanale, da 30mila a 300mila copie vendute, da scommessa a fenomeno editoriale. Ma la sua storia, in realtà, inizia molto prima. La sera del 23 dicembre 1967, in un pub di Edimburgo: quando il suo fondatore, John Bird, rischia di fare a pugni col suo finanziatore, Gordon Roddick. Non si conoscono ancora, tutti e due hanno alzato un po? il gomito e hanno un naso troppo grosso. Argomento su cui finiscono per litigare. John ha 21 anni e un curriculum da ragazzo sbandato: a cinque anni è rimasto senza un tetto, a sette è entrato in orfanotrofio, a dieci ne è fuggito e si è dato alla vita di strada. Gordon non è ancora diventato il famoso fondatore dei negozi Body Shop. Ma entrambi scoprono di amare la poesia, e diventano amici. Tanto, che ventiquattro anni dopo, sempre in Scozia, è a John Bird che Gordon Roddick propone di fondare il primo street paper d?Europa.
Un giornale da inventare da zero. Uniche certezze: uno studio di fattibilità fatto da Bird e 300mila sterline di finanziamento del Body Shop. John diventa editore. E i suoi programmi di sostegno ai senzatetto fanno risparmiare allo Stato 50 milioni di sterline in progetti di lotta alla criminalità.
Quel ragazzo sbandato oggi ha 55 anni e i capelli bianchi. Il 7 dicembre, la società di comunicazione strategica Ultima e il Centro servizi volontariato della Toscana l?hanno invitato a Lucca per un convegno sulla comunicazione sociale. Durante il quale ha accettato di svelare a Vita i segreti del suo settimanale. A cominciare dal nome.
Vita: Come mai hai deciso di chiamarlo in questo modo?
John Bird: Perché i senzatetto per me erano the big issue, il problema più urgente da affrontare. Tutti abbiamo un tema che ci sta più a cuore degli altri: personale, politico, a volte sociale. Per me, poi, era una sfida doppia. Avevo 45 anni, e mi sentivo instabile. Dovevo provare a me stesso che potevo farcela.
Vita: Quali sono stati gli ostacoli più difficili in questi dieci anni?
Bird: Mettere insieme una squadra che credesse in un giornale sociale senza avere un modello cui ispirarmi e da mostrare. E poi superare la paura che mi ha preso quando ho capito la responsabilità che mi ero assunto. A Natale del 1991, uno dei nostri venditori ha ucciso un collega. Sono corso da Gordon, preoccupato. E lui: «Guarda che non sei Dio, stai solo offrendo alle persone una possibilità: alcuni possono aiutare se stessi, altri no. Ma bastano poche persone liberate dalla droga per dare un senso a questo progetto».
Vita: E il servizio più bello?
Bird: Per molti, l?intervista con George Michael. Ha accettato di confidarsi con noi dopo sette anni di silenzio stampa. Abbiamo parlato con molti altri personaggi famosi, da Madonna a Sean Connery, ma anche fatto buone interviste con la gente normale.
Vita: Perché tanta gente famosa decide di aprirsi con The Big Issue invece che con i giornali più importanti?
Bird:Sanno che siamo onesti, e indipendenti. Le loro confessioni non vengono usate per fare profitto. Il 50 per cento del fatturato annuale del giornale, va ai rivenditori. E i profitti vengono investiti nella Big Issue Foundation. Che fa programmi di formazione per i senzatetto, li aiuta a trovare una sistemazione, offre loro assistenza finanziaria .
Vita: The Big Issue è diventata un?impresa sociale. Oltre a sensibilizzare il pubblico su tematiche come la povertà e il diritto alla salute, trasformate i senzatetto in imprenditori: comprano le copie del giornale a 40 pence, le rivendono a una sterlina e tengono per loro i 60 pence di guadagno.
Bird: Più che trasformare gli homeless in imprenditori, gli insegniamo a diventare responsabili, a prendere il controllo della loro vita. Diventano imprenditori nel senso che non sono impiegati del giornale, devono imparare a gestirsi il lavoro, devono pagare le loro tasse e tenere i loro conti. Crediamo che le persone non vadano semplicemente assistite, ma aiutate ad aiutarsi. Se non credi in te stesso, c?è poco che lo Stato e le charity possono fare per te. Per questo, per esempio, abbiamo istituito un fondo che concede microprestiti ai venditori che vogliono mettere su famiglia o studiare. E stiamo lavorando a nuovi progetti per l?economia responsabile.
Vita: Quali progetti?
Bird:La costituzione dei Social brokers, per esempio: fondi di venture capital sociale. L?idea è di raccogliere il denaro di chi vuole investire in progetti di business etico. Sono membro del Social network Europa, una rete di persone di varie nazionalità convinte che il business non possa più essere solo un modo di fare soldi. Ogni impresa ha precise responsabilità socio ambientali da rispettare.
Vita: Non sono esattamente le considerazioni che ci si aspetterebbe da un anarchico, come ti definiscono in molti…
Bird: Credo di essere più machiavellico che anarchico. Per me la cosa più importante è la giustizia sociale, e se per ottenerla devo venire a patti con l?establisment, rendermi in qualche modo accettabile ai suoi occhi, non ho problemi a farlo. Contro la globalizzazione mi batto non giocando il suo gioco: non ho una macchina, uso solo i mezzi pubblici o la bicicletta, spendo poco per vestirmi e viaggio solo per lavoro.
Vita: Oggi The Big Issue è un format esportato in tutto il mondo. Dall?Africa al Sudamerica, dall?Italia, all?India alla Russia. Pensi che sia un esempio di globalizzazione positiva?
Bird: Sì. La globalizzazione di una risposta positiva, adattata alle diverse realtà locali.
<> Quali sono le prossime sfide per The Big Issue?
Bird: Continuare a fare cultura e a parlare di tematiche sociali, non sono quelle legate ai senzatetto.
Vita: E i tuoi progetti futuri?
Bird: Affidare la gestione del giornale a nuove leve, e darmi alla politica. Voglio fondare un partito non per rappresentarti, ma perché tu rappresenti te stesso. Si chiamerà The Street Party, proprio come le feste di strada. Il mio messaggio è semplice: nella vita bisogna divertirsi, ma anche impegnarsi. Non si può lasciar fare ai politici. Sto anche lavorando alla mia autobiografia, che dovrebbe intitolarsi Some Luck, un po? di fortuna.
Vita: Come mai hai deciso di scriverla?
Bird: Il mio cammino dimostra che puoi sbagliare e finire al tappeto più e più volte. Ma c?è sempre la chance di ricominciare.
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