Sostenibilità
Johannesburg: è scontro su acqua
Gli Usa non accettano gli standard su purificazione
di Redazione
Morire per mancanza di acqua o morire per essere costretti a bere acqua non pulita. Se i grandi della Terra, riuniti a Johannesburg per il summit sullo sviluppo sostenibile, non troveranno un accordo sulle ricette per guarire il mondo dalla grande sete, a milioni di bambini, donne e uomini, che non hanno accesso all’acqua, non restera’ che scegliere tra queste macabre alternative. Il mondo e’ sempre piu’ a secco: l’uomo puo’ usare solo l’1% delle riserve del Pianeta. Oggi il 18% della popolazione mondiale (un miliardo e mezzo di persone) non ha accesso ad acqua potabile e l’emergenza idrica e’ all’origine di una vera catastrofe umanitaria: 2,2 milioni di persone, muoiono ogni anno per le malattie associate al consumo di acqua non pulita. Sono soprattutto bambini, colpiti da diarrea.
ACQUA O ACQUA PULITA? – Alla grande sete della terra sono stati dedicati i lavori in plenaria della terza giornata del Summit che deve definire la strategia da seguire per raggiungere un obiettivo gia’ condiviso e concordato: dimezzare entro il 2015 la percentuale della popolazione che soffre e muore per mancanza di acqua. Sulla possibile ricetta, e’ scontro duro tra Unione europea e Stati Uniti. La Ue vuole legare, in modo vincolante, questo obiettivo ad un altro grande target: il dimezzamento del numero delle persone che non hanno accesso ad acqua purificata, salubre, sempre entro il 2015. ”La Ue e’ ferma su questa impostazione perche’ le due cose sono strettamente correlate”, ha spiegato Hans-Chrystian Schmidt, ministro dell’ambiente della Danimarca, paese presidente di turno dell’Unione. Con un’adeguata purificazione, l’incidenza di alcune malattie, provocate da acqua sporca, si ridurrebbe del 75%.
PER USA TARGET NON SALVANO BAMBINI – In linea di principio, Canada e Giappone sono favorevoli a definire un target anche per la purificazione dell’acqua, legandolo a quello dell’accesso. Gli Usa, invece, si oppongono ad unire i due obiettivi. ”I target non salvano i bambini. L’importante e’ l’azione”: cosi’ John Turner, del dipartimento di Stato americano, ha sintetizzato ai giornalisti la filosofia che guida la presenza americana in tutti i capitoli al centro dei negoziati di Johannesburg. ”Non possiamo tollerare a lungo che un milione e mezzo di bambini muoia ogni anno di malattie come la diarrea”, ha aggiunto. La definizione di obiettivi mondiali vincolanti sull’accesso all’acqua purificata e’ considerata dagli Stati Uniti troppo onerosa. Ma gli Usa non ci stanno a fare la parte del ‘dirty boy’, l’etichetta che il Wwf ha appiccicato a Washington per il fatto di volere aprire i rubinetti dell’acqua, ma di un’acqua sporca, insalubre, non purificata secondo gli standard igienici e sanitari dati per scontati nel mondo occidentale.
MILIARDI IN PROGETTI – Proprio a Johannesburg, il governo americano ha annunciato nuovi progetti per l’Africa per 4,5 miliardi di dollari, da attuarsi con partner privati e pubblici, molti dei quali si propongono di favorire la diffusione di acqua potabile. Lo stesso ha fatto la Ue, pronta a spendere 1,5 miliardi di euro per portare acqua pulita nei paesi in via di sviluppo.
GESTIONE COORDINATA FIUMI O GUERRE – La discussione in corso a Johannesburg sulla crisi idrica mondiale rischia un passo indietro anche sulla gestione coordinata dei grandi fiumi, quelli che attraversano piu’ paesi. A Bali, dove in giugno si e’ svolto il vertice preparatorio, si era raggiunto un impegno per una gestione cooperativa dei corsi d’acqua, in mancanza della quale il controllo su questa preziosa, quanto limitata, risorsa potrebbe dare luogo a vere e proprie guerre tra Stati. Il nuovo testo e’ molto piu’ generico. A spingere per una soluzione delle controversie tra schieramenti sono ancora una volta le cifre: le Nazioni Unite stimano che nel 2025 due persone su tre soffriranno di mancanza di acqua. Se gli investimenti e le iniziative procedessero con i ritmi attuali, l’Asia dovrebbe attendere fino al 2040 per avere acqua pulita. L’Africa fino al 2050.
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