Cultura
Jenin, il giorno dopo. Le accuse di Onu e Amnesty
Per inviato Onu "una pagina vergognosa per Israele", per Amnesty "Situazione scioccante". Ma Israele dice "nessun massacro, solo atto di guerra"
di Redazione
M.O.: AMNESTY INTERNATIONAL, JENIN UNA CATASTROFE UMANITARIA
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan oggi ha lanciato un appello urgente a Israele affinché si ritiri da Jenin nell’interesse della protezione dei diritti umani e per permettere alle squadre di soccorso di poter operare sul luogo. Annan ha detto di essere rimasto scosso dalla descrizione della situazione nella citta’ palestinese fatta dall’inviato Onu a Jenin Terje Roed-Larsen che oggi ha giudicato le operazioni condotte nel campo profughi come ”un capitolo triste e vergognoso della storia israeliana”. L’appello è stato lanciato da Annan mentre il Consiglio di Sicurezza stava discutendo dell’invio in Medio Oriente di una forza di pace. L’inviato delle Nazioni Unite in Medio Oriente, il danese Terje Roed-larsen, facendo un giro per il campo profughi di Jenin, ha dichiarato che la scena che ha avuto di fronte è ”incredibilmente sconvolgente”. L’inviato ha chiesto a Israele di consentire l’accesso delle squadre di soccorso internazione. ”Io sono choccato a guardare in giro”, ha detto Roed-Larsen, camminando nel centro del campo di Jenin e riferendosi alle montagne di macerie”. ”Sembra che ci sia appena stato un terremoto. Questo è un capitolo della storia israeliana triste e vergognoso. C’e’ odore di corpi in decomposizione ovunque”. ”L’operazione israeliana a Jenin ha prodotto due mila senzatetto -ha detto l’inviato danese, citando fonti della Croce rossa- Ho visto il corpo di un bambino di cinque anni maciullato, spuntare dai detriti. Israele ha diritto a difendersi. Ma questo non può diventare un assegno in bianco per fare ciò che si vuole”. Una settimana fa si sono concluse le operazioni israeliane a Jenin. Secondo fonti palestinesi, nel campo sarebbero stati uccisi dai militari di Gerusalemme più di 500 palestinesi.
“Assistiamo ad una crisi umanitaria senza precedenti nell’area mediorientale, nell’impossibilità di poter recare adeguati soccorsi alla popolazione civile ed avviare una inchiesta indipendente sulle violazioni dei diritti umani denunciate a Jenin. I primi rapporti della missione di Amnesty International confermano l’ipocrisia della comunità internazionale, incapace di tramutare le proprie dichiarazioni in misure concrete per fermare la spirale della violenza. Mi chiedo fino a quando dovremo assistere a questo vergognoso e inaccettabile immobilismo”, ha commentato oggi Marco Bertotto, presidente della sezione italiana della organizzazione. La missione di Amnesty International, presente ormai da giorni nei Territori Occupati, ha avuto parziale accesso al campo profughi di Jenin. Le dichiarazioni di Javier Zuniga, delegato dell’organizzazione, sono allarmanti: “E’ la peggiore scena di devastazione che abbia mai visto. Potrebbero esserci ancora persone in vita sotto le macerie del campo profughi di Jenin. Un collega di una organizzazione umanitaria locale ha ricevuto una telefonata di una famiglia di dieci persone intrappolata che chiedeva aiuto. Se questo disastro fosse stato il risultato di un terremoto, l’intervento della comunità internazionale sarebbe stato immediato. E’ scioccante che le autorità non abbiano chiesto aiuto e che nessuno lo abbia offerto”. Amnesty International continua a chiedere l’immediato e incondizionato accesso ai Territori da parte delle agenzie umanitarie, al fine di evitare un ulteriore aggravarsi della catastrofe. Derrick Pounder, il medico patologo dell’Università di Dundee componente della missione di Amnesty International, da ieri mattina sta conducendo le autopsie sui corpi che si trovano presso il Jenin Government Hospital. “Sono due le questioni da risolvere urgentemente”, ha sottolineato, “innanzitutto l’identificazione delle persone uccise per restituire i corpi alle loro famiglie. Poi, attraverso le autopsie, ricostruire le cause della morte per comprendere meglio cosa e’ accaduto a Jenin”. Secondo le prime testimonianze raccolte dai ricercatori di Amnesty International, durante le operazioni militari a Jenin l’esercito israeliano e’ entrato casa per casa separando gli uomini dalle donne e dai bambini e arrestando tutti gli uomini da 15 ai 45 anni. Ogni uomo è stato usato come “scudo umano” per ripararsi da possibili rappresaglie ed entrare nella casa successiva. Numerose le notizie di maltrattamenti in detenzione: prigionieri lasciati senza cibo né acqua e picchiati. Durante la detenzione, tutti i detenuti sono stati interrogati con lo scopo di conoscere la loro affiliazione politica e la loro opinione sulla situazione politica dell’area. Molte testimonianze raccontano anche di esecuzioni extragiudiziali.
Secondo Israele, invece, sarebbero morte solo alcune decine di persone. L’esercito di Israele nega di avere perpetrato un “massacro” di palestinesi nel campo profughi di Jenin, e descrive l’accaduto come un atto di guerra: “L’inchiesta è appena cominciata – ha dichiarato il comandante delle truppe israeliane sul posto, gen. Eial Shlain – ma quando sarà finita dimostrerà, al di là di qualsiasi dubbio, che questo massacro non c’è stato”.
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