Cultura

Javier Marías, recupero calcistico dell’infanzia

Recensione del libro "Selvaggi e sentimentali" di Javier Marìas.

di Domenico Stolfi

Tra intellettuali e calcio il rapporto non è idilliaco. Un certo snobismo impedisce a molti di cogliere la ricchezza emotiva che uno sport così coinvolgente veicola. Per fortuna, ci sono eccezioni. E che eccezioni! Basti snocciolare qualche nome: Pasolini, Camus, Saba, Soriano, Handke, Cela, scrittori e poeti che il calcio hanno amato e che sul calcio hanno scritto. Alla lista ora s?aggiunge il nome di Javier Marías, uno dei maggiori scrittori spagnoli. Da anni Marías affida a El Pais i suoi sapidi commenti alle partite di calcio, raccolti oggi in un volume (Selvaggi e sentimentali, Einaudi, 12,50 euro). Nelle sue mani un incontro diventa un dramma teatrale, dove i protagonisti non stanno solo sul terreno di gioco, ma anche sugli spalti. Marías accumula sulla pagina le riflessioni, i sentimenti, le passioni che i 90 minuti scatenano nel suo animo. E lo fa con la solita verve stilistica, riscattando il calcio dalle corrive banalità dei cronisti di professione ed elevandolo al rango di potente metafora della vita. E’ un tifoso del Real Madrid, assoluto e devoto, e come tale non ha il dovere della diplomazia e può lasciarsi andare alla trance emotiva del tifoso che se ne frega del bon ton degli ipocriti scribacchini delle pagine sportive. Ma i suoi furori affettivi non c?entrano colla violenza mentecatta degli ultrà e rimandano più a certe infatuazioni infantili, senza le quali ogni passione, non solo calcistica, è spenta.


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