Formazione

Jannacci, Wallace, i prof. Il positivo che sorprende

EDITORIALE

di Giuseppe Frangi

In questo momento in cui risse, veleni, schizzi di fango sembrano farla da padroni nel teatrino dell’informazione italiana, è inevitabile sentire un drammatico disagio. Un disagio dettato dal fatto che ci si smarrisce davanti a episodi di cui sfugge completamente la logica. E rafforzato dalla sensazione che questa melma mediatica rischia di contaminare anche la vita civile e le relazioni sociali, di produrre cinismo, scetticismo, rancore. È quindi una sfida pesante quella che ci aspetta per quest’anno lavorativo che inizia, aggravata dai timori per una crisi nient’affatto risolta e per le conseguenze che potrà ancora avere nella vita concreta di tutti noi.
In un orizzonte tanto confuso, diventano incredibilmente preziosi quei segnali, spesso imprevisti, capaci di rompere e sfondare le incrostazioni che paralizzano anche la vita quotidiana, e capaci di restituire uno sguardo positivo e pieno di sorpresa, sulle cose e sulla realtà. Le esperienze dei professori che leggerete nelle prossime pagine sono segnali senza dubbio di questo tipo. Cancellano un’idea di scuola dominata dallo scetticismo o dalla frustrazione e testimoniano invece una quotidianità straordinaria fatta di passione gratuita, di intelligenza nell’affrontare le relazioni più complicate, e le emergenze che la vita porta dentro le aule. Un preconcetto “avvelenato” fa guardare e parlare della scuola con disprezzo e sufficienza; invece la realtà è nella massima parte diversa. Non è forse meglio partire da questa realtà diversa? Non è meglio fidarsi di esperienze così, esserne grati, raccontarle, mutuarle?
La vera sfida che queste esperienze pongono è alla pigrizia intellettuale e pratica che rischia di diventare la cifra del nostro vivere quotidiano. Il “positivo” infatti spiazza, impone di rivedere giudizi, incita ad adeguarsi nei comportamenti. Il positivo insomma muove perché sorprende. È accaduto di sorprendersi a chi, al Meeting di Rimini, ha seguito l’incontro con Enzo Jannacci. Non conta il fatto che lui abbia voluto rendere pubblica la sua fede, per altro personalissima e un po’ “bizzarra” come è nel personaggio. Conta la sincerità contagiosa del suo modo di vivere anche un fatto del tutto personale come questo. Ha raccontato Jannacci: «Quando uno ha la fortuna di riconoscerla e di alimentarla (la fede), prova le stesse situazioni emotive dell’amore, ha voglia di parlare con gli altri, di cantare: sì, di cantare come ho fatto io la scorsa settimana, in auto, a squarciagola». Si può essere scettici davanti a un percorso di fede, è difficile essere scettici davanti ad un uomo di 75 anni che canta a squarciagola per una felicità sperimentata.
Del resto il positivo sorprende a tutto campo. Nella pagina a fianco potete leggere la pagina di un racconto postumo di un grande scrittore, dal destino tragico, David Foster Wallace. Si parla di una donna malata di tumore e del marito che dopo 32 anni di matrimonio la accudisce con amore immutato. Una storia eroica? No, ci dice Wallace. Non c’è fatica nei gesti di Solomon Silverfish. C’è la certezza di un destino buono, di un “positivo” più forte del male. Da dove venga questa certezza Wallace non ce lo dice. Forse neanche lui lo sapeva. Ma per negarla dovremmo davvero voler male a noi stessi.

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