Politica
Iva al 5% sui beni per la prima infanzia
Titti Di Salvo, responsabile del dipartimento mamme del Pd, alla vigilia della Conferenza della Famiglia presenta una proposta di legge che porta dal 22 al 5% l'Iva su pannolini, biberon, latte formulato, omogeneizzati. Il risparmio per le famiglie? Mille euro. Perché «la maternità non può essere un destino ma neppure un desiderio negato». E per la prossima legge di stabilità...
Iva al 5% su pannolini, biberon, omogeneizzati e tutto quello che serve per crescere un figlio nei suoi primi anni di vita. È la proposta di legge presentata dalle onorevoli Pd Titti Di Salvo, responsabile del dipartimento “mamme” del Pd e Sandra Zampa (porta il numero 4637). «Non possiamo lasciare che l’Italia diventi uno dei Paesi più anziani del mondo. Abbattere i costi dei beni di prima necessità per l’infanzia, attraverso una riduzione dell’Iva, è un atto concreto che può incidere positivamente sulla vita delle persone», affermano le deputate.
Onorevole Di Salvo, quanto potrebbero risparmiare le famiglie con questo taglio dell’Iva?
I genitori nel primo anno di vita del bambino versano all’erario circa millecento euro, in particolare proprio attraverso l’Iva sui prodotti di prima necessità. Secondo uno studio della Banca d’Italia il costo di omogenizzati, pannolini eccetera fra gli 0 e i 3 anni del bambino rappresenta il 20% del bilancio famigliare di una famiglia monoreddito: ridurre l’aliquota dal 22% odierno al 5% solleverebbe le famiglie da un onere che oggi è una delle cause che ci porta ad avere una natalità effettiva pari alla metà rispetto al desiderio di genitorialità espresso dalle coppie giovani.
Su quali prodotti ci potrebbe essere l’Iva al 5%?
Si tratta di definire un elenco chiuso di prodotti: pannolini, biberon, tettarelle, omogeneizzati, latte in polvere e liquido per neonati, latte speciale o vegetale per allergici e intolleranti, omogenizzati e prodotti alimentari, strumenti per l’allattamento, prodotti per l’igiene e creme contro gli arrossamenti e le irritazioni della pelle destinati all’infanzia. In futuro si potrebbe allargare il perimetro, trovando altre risorse, per inserire nell’elenco anche carrozzine, passeggini, culle, lettini, seggioloni, seggiolini per automobili. Il minor gettito previsto oggi è di 50 milioni di euro annui a partire dal 2018.
Questa sarebbe una misura strutturale, che è una caratteristica fondamentale se si vuole che le politiche impattino sulla scelta di avere un figlio.
Esatto, soprattutto per la visione che c’è dietro questa misura. Il punto di partenza è il tema della denatalità e un dato preciso, quello che in Italia le coppie giovani desiderano avere due figli ma poi la realtà ne hanno uno solo: la differenza tra il desiderio e la realtà ci dice che bisogna intervenire sulle cause per cui quel desiderio non si realizza. Io parto del presupposto che maternità non è un destino obbligato, lo dice tutta la mia storia, ma neppure la maternità può essere un desiderio negato, ci deve essere libera scelta. Dobbiamo affrontare le cause che oggi ci portano ad avere un desiderio di figli più alto della realtà, fare scelte che aiutano la libertà delle persone e il Paese perché questi temi riguardano il Paese tutto, questo non è un fatto privato. L’altra consapevolezza chiara è quella che per rendere possibile questa scelta libera di maternità e paternità sono necessari più interventi: bisogna intervenire sul lavoro, aumentare l’occupazione femminile, intervenire sui tempi di vita e di lavoro, sulla conciliazione e sulla condivisione delle responsabilità genitoriali, sul sostegno economico alle famiglie, sulla quantità, il costo e la qualità dei servizi… sono necessarie diverse leve e sono da usare tutte, un passo alla volta, componendo un puzzle. In questo quadro vedo anche il fatto di abbassare l’Iva sui prodotti per la prima infanzia, ma è tutto il quadro che va sviluppato. È una strada su cui ci siamo già incamminati, c’è stato il bonus bebé, il voucher per il nido e la baby sitter, abbiamo eliminato le dimissioni in bianco, alle donne in maternità viene dato il premio di produzione mentre prima i mesi di maternità figuravano come assenza, si è aperta la stagione welfare aziendale e dello smart working… dobbiamo proseguire.
Che possibilità ci sono che questa proposta di legge vada in porto nel breve scorcio di legislatura che manca?
Io lavoro in questa direzione, ovviamente non posso dirle sì o no, però è una proposta seria, che ha avuto molti riscontri, proprio perché inserita in un quadro chiaro. Intanto abbiamo la legge di bilancio, che è il primo punto in cui tenere insieme i pezzi del mosaico. Poi abbiamo la conferenza di programma a fine ottobre, dove il PD definirà la sua visione del Paese con proposte precise per i prossimi anno sui tre temi che il segretario ha ribadito ancora recentissimamente: lavoro, casa, mamme. Mettere al centro questi temi significa mettere al centro la vita vera delle persone.
Siamo alla vigilia della Conferenza della Famiglia, lei ci sarà?
Sì, mi sono iscritta al gruppo di lavoro sulla conciliazione.
L’auspicio è che in legge di stabilità si vedano già dei primi impegni concreti sulla famiglia: cosa pensa ci potrà essere?
È molto importante aumentare il congedo obbligatorio di paternità, io ho presentato una proposta che prevede 15 giorni di congedo come obiettivo progressivo. Penso che bisogna anche aumentare i congedi parentali, oggi sono 10 mesi che salgono a 11 mesi se utilizzati in larga parte dal padre, vanno aumentati usando la stessa modalità promozionale perché questo diventa un incentivo vero alla condivisione delle responsabilità genitoriali, qualcosa che impatta sulla cultura e che allo stesso tempo dà un vantaggio che si vede, un tempo più lungo. Poi c’è il tema del sostegno economico alla famiglia, in questi anni l’abbiamo fatto attraverso molte misure, alcune di molto successo alcune in scadenza (il bonus bebè scade 31 dicembre 2017, ndr): penso che dovremmo riorganizzarle, puntando a concentrare le risorse sul nido e baby sitter, rendendo strutturale quell’intervento e anzi incrementandolo. Aiutare le famiglie a sostenere quei costi è importante, basti pensare al successo del voucher baby sitter contro il fatto che dei 100 milioni stanziati due anni fa per gli asili nido una parte non è stata ancora utilizzata. A mio giudizio bisogna anche immaginare una detrazione per la retribuzione della baby sitter, non solo per i suoi contributi.
Ha detto prima che il tema della natalità riguarda il Paese tutto, non è un fatto privato. Tornerà la polemica che ha accompagnato la nascita del dipartimento “mamme”…
Ho dedicato anni di impegno a dire che essere madre non è il destino obbligato di una donna, ma se è vero che la essere madre non è un destino è altrettanto vero che diventare madre non può essere desiderio negato perché allora è negata la libertà di essere madre. So bene anche che affrontare questo tema vuol dire occuparsi di paternità, servizi, lavoro, risorse… non vedo motivo di polemica. Il punto è avere chiaro il quadro, le cause della situazione attuale e gli obiettivi, che riguardano la qualità della vita delle persone, la loro libertà e l’interesse del Paese.
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