Formazione e lavoro

Its, riforma ok ma ora spieghiamo che non c’è solo il liceo

Pietro Cum, amministratore delegato di Elis, analizza la recente riforma degli Its approvata dal Ministro dell’Istruzione Valditara . «Bene l’attenzione riconosciuta all’orientamento e il tentativo di avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro. Alcuni aspetti meritano però particolare attenzione»

di Sabina Pignataro

Pietro Cum, amministratore delegato del Consorzio Elis, conosce da vicino il mondo della formazione. Il consorzio che guida dal 2017 ha proprio come obiettivo quello di formare le persone al lavoro, soprattutto i giovani. Undicimila ogni anno quelli a cui sono stati offerti una formazione e un contratto; oltre 20mila quelli seguiti nell’orientamento.

Elis ha anche un metodo specifico: costruire ponti tra i giovani, le imprese, le organizzazioni di settore, la politica. È quindi evidente il motivo per cui la recente riforma degli Istituti Tecnici Superiori – Its approvata dal ministro dell’Istruzione Valditara (ne abbiamo scritto qui) sia per lui di particolare importanza.

Pietro Cum. Foto @Consorzio Elis

Cum, cosa ne pensa di questa riforma?

Il mio giudizio è positivo sia per quanto riguarda l’aspetto dell’attenzione riconosciuta all’orientamento, sia per il tentativo di avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro. Alcuni aspetti meritano però particolare attenzione.

Quali?

Iniziamo dal tema dell’orientamento. Il ministro Valditara ha istituito le figure professionali di “docente tutor” e “docente orientatore” che hanno il compito di aprire gli occhi agli studenti delle circa 70 mila classi del secondo biennio e dell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado. Accolgo favorevolmente il fatto che questi compiti vengano affidati a 52mila persone che sono interne alla scuola. Visto però che un problema annoso è il debole rapporto che c’è nel nostro Paese proprio tra mondo della scuola e mondo del lavoro, sarà importante che queste persone conoscano bene il mondo del lavoro che devono far scoprire ai ragazzi. Come ogni riforma, il raggiungimento degli obiettivi dipende dalla capacità che avremo di verificare in concreto che le persone e gli strumenti coinvolti siano nelle condizioni di dare il contributo atteso e che ci siano altrimenti le misure per sostenerli nel loro compito.

La riforma prevede anche docenze di esperti provenienti dal mondo produttivo e professionale per ampliare l’offerta didattica. Il suo parere?

È un punto essenziale del metodo di formazione in Elis. Condivido a pieno la scelta. E, per tornare alla domanda precedente, abbiamo raccolto intorno a Elis una community di 230 professioniste e professionisti, che vanno nelle scuole anche per raccontare il proprio lavoro. Sono testimoni molto credibili.

Queste figure, nelle intenzioni del Ministro, avranno il compito di avviare davvero il percorso virtuoso di personalizzazione della didattica e dell’orientamento

È importante offrire un adeguato supporto agli studenti e alle famiglie, finalizzato a individuare e valorizzare i talenti di tutti i giovani. Dobbiamo metterli nelle condizioni di operare scelte consapevoli e ponderate, coerenti con le loro potenzialità. Personalizzare è la parola chiave per ridurre la dispersione scolastica e l’insuccesso negli studi.


La riforma prevede più ore di alternanza scuola-lavoro (potrebbero arrivare fino a 400 ore nel triennio). Cosa ne pensa?

Elis crede moltissimo in percorsi di formazione realizzati insieme alle aziende. Ma proprio questo è il punto. Quanto è intenso il dialogo oggi tra scuole e aziende? Troppo spesso passano come iniziative di alternanza-scuola lavoro esperienze che per i ragazzi sono insignificanti. Chiamiamo alternanza scuola-lavoro l’azienda che entra in aula e tiene una conferenza ai ragazzi. Oppure il ragazzo che sta anche una settimana in azienda, ma a svolgere attività insignificanti, perché per così pochi giorni l’azienda non sa cosa fargli fare. È merito della riforma voler insistere su questo aspetto della formazione e si apre a questo punto un nuovo fronte sul quale dobbiamo migliorare la sostanza delle cose.

La sperimentazione partirà nell’anno scolastico 2024/25. Con il coinvolgimento degli istituti tecnici e professionali attivi sul territorio regionale (in una percentuale che sarà decisa da un successivo provvedimento). È realistico?

È sicuramente auspicabile, ma attendiamo i decreti attuativi. Ad ogni modo, questa riforma non risolve nell’immediato il problema della mancanza di giovani in grado di rispondere alle esigenze dell’industria, perché porterà sul mercato i nuovi professionisti solo tra alcuni anni. Per portare avanti tutti i progetti di infrastruttura previsti dal Pnrr, abbiamo bisogno che siano disponibili oggi.

E come si fa allora?

Servono due progetti. Il primo lo chiamiamo “tattico”. Occorre mettere rapidamente insieme aziende, agenzie interinali, scuole, giovani e adulti che hanno bisogno di opportunità di formazione e lavoro, per creare un sistema efficace, una filiera in cui avvenga l’incontro tra imprese alla ricerca di competenze e persone che le possiedono. Oggi questa comunicazione non funziona. Il Consorzio di aziende Elis ha inaugurato lo scorso aprile il progetto “Distretto Italia” proprio a questo scopo. Solo tra le 50 aziende che hanno aderito, abbiamo rilevato 10.000 posizioni vacanti. Dall’altra parte ci sono molti giovani che non sanno cosa fare, fino al fenomeno dei Neet. Tre milioni di persone in Italia che non studiano, non lavorano e neppure cercano un’occupazione.

E il secondo progetto?

 Il secondo progetto è invece “culturale”. Dobbiamo smettere di assegnare al liceo un ruolo quasi esclusivo di percorso di formazione. Più della metà degli italiani dopo la maturità sceglie l’università, ma siamo penultimi per numero di laureati in Europa. Questo dimostra che il liceo e l’università non sono spesso una scelta consapevole, ma solo la conseguenza del discredito che si è accumulato negli anni nei confronti di istituti tecnici e scuole professionali. Oggi invece scopriamo che ci mancano proprio i tecnici specializzati che escono da questi percorsi di formazione.

L’ Italia registra mediamente ogni anno 260mila immatricolati alle lauree triennali. Tra questi, il 32% è in possesso di un titolo di studio conseguito in un istituto tecnico o professionale.

Il punto non è chi si iscrive, ma chi si laurea. È positivo che anche chi non abbia frequentato il Liceo possa intraprendere uno studio universitario. Anche questa riforma spinge per creare percorsi di formazione comunicanti. In questo modo, concluso un livello di formazione, la persona ha sempre la possibilità di scegliere se entrare nel mondo del lavoro o proseguire gli studi. Importante è orientare le persone affinché possano intraprendere i passi giusti e portare a termine con successo quello che hanno iniziato. Finché ci sarà un giovane che a trent’anni, con un diploma o magari anche due lauree, non sa ancora cosa fare, avremo molto ancora da migliorare.

Foto: ufficio stampa Elis

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