Non profit

Italiani primi in Europa

I dati di uno studio presentato oggi a Roma al 26esimo meeting annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia

di Redazione

In Europa non c’è nessuno che ricorre attraverso i viaggi all’estero alla procreazione medicalmente assistita (Pma) quanto gli italiani. È quanto emerso da uno studio presentato oggi a Roma dove è in corso il 26esimo meeting annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre). L’indagine è stata illustrata da Anna Pia Ferraretti, rappresentante italiano della task force istituita dall’Eshre per studiare il fenomeno della migrazione per problemi produttivi in Europa.

Sono stati consegnati questionari in 44 centri europei situati nei 6 Paesi più ‘gettonatì per la Pma all’estero: Danimarca, Spagna, Svizzera, Belgio, Slovenia, Repubblica Ceca. In tutto, i 6 Paesi concentrano circa il 50% dei centri che accolgono pazienti stranieri. Hanno aderito 1.230 coppie e al primo posto si sono piazzati proprio gli italiani, con 391 coppie, pari al 32% degli intervistati, che hanno lasciato il Belpaese per cercare la cicogna all’estero. Seguono Germania, Olanda, Francia, Norvegia, Inghilterra e Svezia.

Al meeting è intervenuta Filomena Gallo, presidente dell’Associazione Amica Cicogna Onlus e avvocato da anni impegnato nella difesa delle coppie italiane in materia di riproduzione assistita, dicendo che «Gli effetti più visibili della legge 40 del 2004 sono stati il calo delle nascite e l’aumento di gravidanze a rischio, con danno alla salute del nascituro
e della donna, ovvero dei soggetti che la legge intendeva tutelare».
Tra le restrizioni più discusse e controverse c’è il divieto di ricorrere a tecniche di fecondazione eterologa, il divieto di produrre più di tre embrioni, quello di
crioconservare embrioni, l’obbligo di trasferire tutti gli embrioni prodotti e il divieto di accesso alle tecniche di fecondazione assistita per le coppie fertili.
Tra il 2008 e il 2010 i giudici hanno progressivamente sollevato dubbi sulla costituzionalità della legge, fino alla sentenza del 2009 che fissava nuovi paletti. «Fino alla sentenza dello scorso aprile da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo – termina Gallo – che ha stabilito che il divieto assoluto di
fecondazione eterologa in vitro non è compatibile con la Convenzione
europea dei diritti dell’uomo».

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