Sostenibilità
Italia, quante bugie
Il Belpaese registra il doppio delle emissioni di gas serra rispetto a quelle dichiarate. Lo dice una ricerca svizzera
di Redazione
Il sospetto era già nell’aria. Ora, però, una ricerca condotta dall’EMPA – laboratori federali svizzeri di scienza dei materiali e tecnologia – mostra come a barare sulle cifre di misurazioni dei gas serra siano in primo luogo gli europei e in particolare l’Italia, l’Olanda e la Gran Bretagna. In particolare sul tavolo degli imputati c’è il trifluorometano (HFC-23), un gas alogenato a effetto serra, con una vita atmosferica di circa 270 anni e un potenziale di riscaldamento di gran lunga superiore a quello del CO2. Si tratta di un gas ampiamente utilizzato nei sistemi di condizionamento e refrigerazione, ma anche per la produzione di polimeri come il teflon, di cui i Paesi aderenti al protocollo di Kyoto sono tenuti a segnalare la produzione e la quantità di emissioni generate.
In uno studio pubblicato recentemente sulla rivista “Geophysical Research Letters” (scaricabile in allegato), i ricercatori dell’istituto elvetico hanno dimostrato che le informazioni fornite dagli Stati dell’Europa occidentale non corrispondono alla realtà: con l’esclusione di Francia e Germania, le emissioni di gas fluorurati tendono infatti a superare i dati ufficiali in misura compresa tra il 60 e il 140%.
In Italia tali emissioni sarebbero tra le 10 e le 20 volte al di sopra di quanto dichiarato. Il protocollo di Kyoto non prevede un’autorità indipendente che verifichi i risultati effettivamente raggiunti dai Paesi aderenti, ma si limita a un’autovalutazione da parte degli Stati, sulla base delle informazioni fornitegli direttamente dalle imprese. A loro volta, non è facile individuare inadempienze da parte delle imprese
A livello europeo, la regolamentazione circa l’utilizzo di questi gas, la Direttiva 2006/40/CE, è al momento oggetto di una revisione da parte della Commissione. Si attendono le nuove proposte per il prossimo 11 ottobre. L’introduzione di un organismo di controllo indipendente non sembra però essere al vaglio dei funzionari UE. Tuttavia, alcuni Stati europei, Danimarca in testa, sono propensi a vietare del tutto l’HFC-23, come passaggio indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi comunitari di riduzione delle emissioni inquinanti.
L’Italia e altri Paesi membri sono invece contrari a questa ipotesi, soprattutto a causa della partecipazione finanziaria ad alcuni progetti di compensazione dei gas HFC-23, nell’ambito del cosiddetto “Clean Development Mechanism” (CDM). La Commissione potrebbe, tuttavia, optare per un’eliminazione graduale degli HFC, imponendo limiti progressivi ai consumi ammissibili nei diversi settori. Tra le priorità figurano i sistemi di condizionamento delle automobili, per i quali una significativa riduzione dell’uso di fluorurati è prevista entro il 2017.
[fonte: ilcambiamento.it]
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