Economia

Italia (in)sostenibile, è la fotografia Istat Sdgs (Sustainable Development Goals)

Tra 2016 e 2017 la povertà o esclusione sociale risulta in calo ma più di 17 milioni di italiani sono a rischio povertà ed esclusione sociale. Inclusi quelli che un lavoro ce l’hanno, visto che gli occupati che non hanno un reddito sufficiente sono il 12,2%. Sanità promossa

di Redazione

A partire dal dicembre 2016 l’Istat ha reso disponibili, con cadenza semestrale, molti indicatori per l’Italia sulla piattaforma informativa dedicata agli SDGs del suo sito. La piattaforma è attualmente popolata da 273 misure che rispondono, spesso integrandola, alla domanda informativa che emerge da buona parte degli indicatori proposti dall’Onu.

I 17 Sdgs stabiliscono dunque l’agenda fissata dalla comunità globale per porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e assicurare prosperità a tutti entro il 2030 e si articolano in 169 sotto-obiettivi che fanno riferimento a diversi domini dello sviluppo relativi a tematiche di ordine ambientale, sociale, economico e istituzionale.

E dallo scorso anno Istat mette a disposizione un Rapporto di ricerca sugli SDGs come strumento di orientamento all’interno di questo complesso sistema. Oltre al posizionamento dell’Italia lungo la via dello sviluppo sostenibile, il Rapporto offre alcuni approfondimenti tematici e di analisi.

Più di 17 milioni di italiani sono a rischio povertà ed esclusione sociale. Inclusi quelli che un lavoro ce l’hanno, visto che gli occupati che non hanno un reddito sufficiente sono il 12,2%. E oltre 5 milioni sono in povertà assoluta, con una forte incidenza (12%) tra i bambini. È il dato più allarmante che emerge dal Rapporto Istat Sdgs (Sustainable Development Goals) sugli indicatori di sviluppo sostenibile, ovvero i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu finalizzati al l’eliminazione della povertà, alla protezione del pianeta e al raggiungimento di una prosperità diffusa. La situazione italiana vede progressi sull’istruzione di qualità, parità di genere, industria e innovazione, energia sostenibile e giustizia. Ma sul fronte delle condizioni sociali la situazione peggiora: restano alte povertà e disuguaglianze, non migliorano lavoro, condizioni delle città e alimentazione. Con differenze notevoli tra le regioni: la situazione peggiore si vede in Sicilia, Calabria e Campania.

La fotografia che emerge dal rapporto è quella di un Paese “insostenibile”, bocciato sul fronte delle disuguaglianze. Con le condizioni della popolazione a più basso reddito che continuano a peggiorare. Tra 2016 e 2017 la povertà o esclusione sociale risulta in calo, ma coinvolge ancora il 28,9% della popolazione, circa 17 milioni e 407mila persone. In questo insieme si trovano gli italiani con povertà di reddito, che riguarda il 20,3% della popolazione. Il 10%, poi, è in condizione di grave deprivazione materiale e l’11,8% vive in famiglie a bassa intensità lavorativa.

L’Italia è invece una delle nazioni con i migliori risultati in termini di salute anche considerando gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) fissati dall’Onu. Tuttavia, il raggiungimento degli obiettivi proposti nell’Agenda 2030 richiede adeguate politiche, sia di tipo sanitario, attraverso la responsabilizzazione dei cittadini nei confronti della salvaguardia della propria salute, sia di tipo non sanitario, attraverso il contrasto alle disuguaglianze sociali e territoriali.

Nel 2017 tornano ad aumentare in Italia i decessi in incidente stradale, allontanando ulteriormente la possibilità di raggiungere l’obiettivo di dimezzamento del numero di morti per questa causa tra il 2010 e il 2020. Si arresta invece la crescita del tasso di lesioni gravi in incidenti stradali, tra gli elementi principali da contrastare individuati per la nuova decade sulla sicurezza stradale 2020-2030.

Nel 2017 sono 58,7 gli anni attesi di vita in buona salute alla nascita nel nostro Paese, valore sostanzialmente stabile rispetto al 2016, ma in aumento di 2,3 anni, rispetto al 2009. L’incremento maggiore si osserva tra le femmine (+2,7 anni), che tuttavia mantengono il loro svantaggio rispetto ai maschi in termini di qualità della sopravvivenza. Più marcate le disuguaglianze territoriali a svantaggio del Mezzogiorno, con una differenza di vita attesa in buona salute alla nascita tra Nord e Mezzogiorno pari a circa 4 anni.

Nel 2017 circa un sesto delle persone di 15 anni e più ha assunto comportamenti a rischio nel consumo di alcol (16,7%), con abitudini rischiose più diffusi tra gli uomini e tra le persone residenti nelle regioni del Nord.

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