Famiglia

Italia fanalino di coda nella Ue a 25 per occupazione femminile

E la vicepresidente del Cnel avverte: la soluzione in una strategia unitaria e non dei due tempi

di Carmen Morrone

E? l?Italia a detenere il record per il tasso di occupazione femminile più basso dell?Unione europea, con il 42,7% nel 2003. Un primato mantenuto anche dopo l?allargamento a Est, fatta eccezione per la sola Malta che non supera il 33,6%.

Questi alcuni dei dati, elaborati dal Ciss (Centro internazionale di studi sociali), emersi in occasione del convegno ?Donne, lavoro e welfare nell?Europa allargata?, organizzato oggi al Cnel, in collaborazione con il Cese, per riflettere sulla valorizzazione della componente femminile come risorsa imprescindibile per la crescita economica e democratica dell?Unione europea e il rafforzamento della coesione sociale.

I lavori sono stati introdotti dalla vicepresidente del Cnel, Francesca Santoro, e conclusi dal sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali, Grazia Sestini. Per il Cnel, inoltre, ha commentato il tema della quantità e qualità dell?occupazione femminile nell?Europa allargata la consigliera Aitanga Giraldi, mentre la consigliera Beatrice Rangoni Machiavelli ha parlato di welfare e politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia.

La vicepresidente Santoro ha sottolineato la necessità di ?una lettura positiva delle sinergie tra welfare state e crescita economica, del rapporto virtuoso esistente tra questi due elementi, nel solco di un orientamento macro-economico che individua nelle donne una risorsa di importanza fondamentale?. ?Tale orientamento – ha aggiunto – è decisivo per la costruzione di un ambiente favorevole al lavoro femminile e alla sua qualità e presuppone che le politiche di sviluppo dell?Unione, dei singoli Stati e dei territori si misurino con questo obiettivo. Come pure che la teoria dei due tempi, cioè prima la crescita economica e poi le politiche di coesione sociale non prevalga, ma ceda il campo a una strategia unitaria, lucida e lungimirante e a comportamenti coerenti da parte dell?Unione e di tutti gli Stati membri?.

Tra i Paesi della ?vecchia? Unione, gli unici a mostrare un livello di occupazione femminile al di sotto del 50%, oltre al nostro, sono Grecia (43,8%) e Spagna (46%), a fronte di una media del 56,1%. Mentre le migliori performance si registrano in Svezia (71,5%) e Danimarca (70,5%), seguite da Olanda (65,8%), Finlandia (65,7%), Regno Unito (65,3%), Austria (61,7%), Portogallo (61,4%), Germania (59,1%), Francia (57,2%), Irlanda (55,8%), Lussemburgo (52%) e Belgio (51,8%). Tra i nuovi Stati membri, invece, il livello più alto è raggiunto a Cipro (60,4%), seguito da Estonia (59%), Lituania (58,4%), Lettonia (57,9%), Slovenia (57,6%), Repubblica Ceca (56,3%), Slovacchia (52,2%) e Ungheria (50,9%), mentre ultima, ma comunque superiore al dato italiano, si colloca la Polonia (46%). L?Italia è, però, il Paese dove l?occupazione femminile è cresciuta di più, salendo di oltre cinque punti percentuali in cinque anni.
La nuova occupazione femminile si concentra maggiormente nel lavoro dipendente e, in particolare, nel part time. Nell?Europa a 15, infatti, un terzo delle donne lavora a tempo parziale (34%, contro il 6,8% degli uomini). Una formula che, però, vede ancora una volta l?Italia agli ultimi posti della classifica europea (17,2% il tasso femminile), mentre nei Paesi dell?allargamento la quota oscilla fra il 3,7% della Slovacchia e il 13,7% della Lettonia. Quanto ai settori, ad assorbire la maggior parte dell?occupazione femminile sono i servizi, dove copre in media oltre la metà dei posti (ma la percentuale italiana si ferma al 45%), anche se nei Paesi dell?Est la presenza delle donne continua a prevalere nell?industria. Resta, infine, ampio il divario tra la disoccupazione femminile (9,2% nella Ue a 15) e quella maschile (7%) e più accentuato in Paesi come l?Italia (11,3% contro 6,5%), la Spagna (15,9% contro 8,2%) e la Grecia (15% contro 6,2%). Una differenza contenuta, invece, nei nuovi Stati membri in alcuni decimi di punto, ad eccezione della Repubblica Ceca dove si attesta sul 4%.

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