Diritti

Italia condannata sulla Terra dei Fuochi, mamma Marzia chiede «giustizia vera»

«Ci hanno accusato per anni di inventare il male di cui morivano i nostri figli», dice Marzia Caccioppoli, presidente dell’associazione Noi Genitori di tutti. Ha perso il figlio Antonio a 9 anni ed è tra i 41 cittadini e le cinque associazioni che hanno citato l'Italia davanti alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo. Strasburgo oggi gli ha dato ragione e ha condannato l'Italia per non aver messo in campo una strategia adeguata per affrontare la situazione di Terra dei Fuochi

di Anna Spena

C’è anche Marzia Caccioppoli tra i 41 cittadini e le cinque associazioni che avevano accusano le autorità italiane di non aver adottato alcuna misura per proteggerli dalle conseguenze dei depositi tossici, nonostante fossero a conoscenza del problema. E oggi finalmente – dopo tanti anni – una sentenza è arrivata: la Corte Europea dei diritti dell’Uomo – Cedu ha ritenuto all’unanimità che l’Italia doveva elaborare una strategia globale per affrontare la situazione di Terra dei Fuochi, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e creare una piattaforma di informazione pubblica.

Nei comuni tra Napoli Nord e Caserta Sud è a rischio la vita di 2,9 milioni di persone. Secondo la Corte, lo Stato italiano non ha affrontato la situazione «con la diligenza e la tempestività necessarie, nonostante fosse a conoscenza del problema da molti anni». Nella sentenza, definitiva, la Cedu ha stabilito quindi che l’Italia deve introdurre entro due anni misure in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento nel territorio campano, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma di comunicazione pubblica.

«Ho perso tutto», dice Marzia Caccioppoli, presidente dell’associazione Noi Genitori di Tutti. «Avevo solo un figlio, solo Antonio». Antonio è morto a soli 9 anni con un rabrabdomiosarcoma nucleare. «Da Napoli portai mio figlio a Genova», racconta Caccioppoli. «La dottoressa mi chiese “ma signora dove vive? Vicino a qualcosa di radioattivo?”. Io risposi di no, vivevo in mezzo alla campagna. Quando si è ammalato i dottori mi dissero che il tumore non era né curabile né operabile. Mio figlio si è ammalato in soli tre mesi». Quando Antonio stava per andare via, Marzia ha finto per amore: «“Antonio a mamma”, gli dissi, “adesso ti somministrano una medicina per farti guarire. Appena ti addormenti non senti più niente, poi ti svegli e stai bene”. Lui non mi ha mai chiesto niente. Antonio era il sogno della mia vita».

Per Marzia Caccioppoli oggi «è una giornata della memoria. Sto rivivendo il passato e sento addosso tutte le calunnie che abbiamo dovuto subire. Ci hanno accusato di inventare il male di cui morivano i nostri figli. E ora che la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ci dà ragione vorrei e vorremmo che si andasse avanti, che si facesse davvero qualcosa. Chiediamo grandi bonifiche, controlli, cura. Anche se tutti l’hanno dimenticata la Terra dei fuochi non si è mai fermata. Continua ad uccidere: nei nostri comuni muoiono sempre più giovani. Qui il cancro è la nostra ombra, viviamo con l’ansia che ci salti addosso. Non provo emozioni oggi, vorrei però che questa sentenza fosse un punto di inizio. Non basta ammonire l’Italia, non basta punire i colpevoli: abbiamo visto i nostri figli morire, non può succedere anche ad altri».

Credi foto Mauro Pagnano

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