Salute

L’ospedale che sa capire le persone con disabilità

di Sara Bellingeri

Per chi ha una disabilità, non è scontato esprimere e comunicare chiaramente i propri sintomi o malessere. E anche sottoporsi ad esami e procedure può essere faticoso. All’ospedale “Carlo Poma” di Mantova da dodici anni c'è il "Percorso Delfino", dedicato proprio all'accoglienza e alla presa in carico di pazienti con disabilità e loro caregiver. L'ultima scommessa? Portare l'équipe e il servizio fuori dall'ospedale

Descrivere sintomi e disagi che portano a un malessere non è quasi mai semplice, ma per chi convive con disabilità e disturbi che implicano gravi compromissioni del linguaggio o della comunicazione rispondere alla domanda “cosa si sente?” rappresenta un’impresa ardua. Il rischio però è che questa difficoltà vada a impattare negativamente su visite ed esami diagnostici e quindi sulla tutela della salute stessa. A creare un ponte di contatto e di presa in carico a tutto tondo all’insegna dell’inclusione ci pensa il Percorso Delfino, progetto facente parte della rete DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance), attivo all’ospedale “Carlo Poma” di Mantova. Grazie al progetto bambini, bambine, giovani e adulti con disabilità intellettiva grave e di carattere neuromotorio, compresa l’area della comunicazione e del disturbo dello spettro autistico, trovano percorsi di accoglienza medica dedicata.

Sono ben 1.600 i pazienti presi in carico dal Percorso Delfino nella sua storia, attraverso controlli specialistici, interventi chirurgici programmati e visite mediche. Un’accoglienza che passa attraverso sguardi e gesti attenti, competenza e continua formazione, coinvolgendo personale medico, infermieristico e organizzativo in un lavoro sinergico che interfaccia l’ospedale, il Terzo settore (attraverso la stretta collaborazione con Anffas Mantova) e le famiglie.

Dodici anni di soddisfazioni quotidiane

Delfino ha appena tagliato un traguardo importante: 12 anni di sfide e soddisfazioni quotidiane, dove ogni volta ci si rimette in gioco e nulla è scontato. «Il nostro grande obiettivo quotidiano resta quello di ridurre il più possibile il disagio dei pazienti», sottolinea Antonia Semeraro, responsabile e coordinatrice del Percorso Delfino oltre che medico di pronto soccorso e medicina d’urgenza. «Questo avviene attraverso diverse azioni: velocizzando i tempi di attesa, formando in maniera sempre più puntuale medici e infermieri su come approcciarsi alle persone con forti difficoltà di comunicazione e interazione, coinvolgendo e supportando i caregiver, ma soprattutto mantenendo il nostro esserci sul territorio e nelle diverse comunità».

Il Percorso Delfino non si è mai fermato, nemmeno durante la fase più aspra della pandemia: al contrario proprio in quel periodo ha aumentato il servizio per gli utenti realizzando tamponi ed altri interventi in diverse zone della provincia. La prossimità, intesa come presenza autentica sul territorio, rappresenta infatti uno dei più grandi motivi di soddisfazione per la realtà mantovana, come conferma Semeraro: «La pandemia ha mostrato ancora di più la necessità di fronteggiare questa esigenza: raggiungere con medici e infermieri le persone con disabilità nelle strutture del territorio è non solo una peculiarità del Delfino di Mantova ma anche un nostro grande motivo di orgoglio. L’altro traguardo importante è lo sviluppo di alcuni nostri servizi all’ospedale di Pieve di Coriano: un’ulteriore agevolazione per i pazienti che risiedono in provincia».

Quanto allo sviluppo futuro, la prima novità è legata al recente dono da parte del Rotary Castelli: un ecografo portatile acquistato attraverso una raccolta fondi solidale. Lo strumento permetterà di potenziare ancora di più l’attività del Percorso Delfino sul territorio. «Potremo effettuare le ecografie direttamente nelle strutture in cui si trovano diversi dei nostri pazienti. La sonda ecografica agevolerà anche il prelievo venoso, aspetto molto importante nell’ottica di creare meno fastidio possibile alle persone che seguiamo».

In programma anche il rinnovo della sede del Delfino: «Sarà sempre a piano terra e vicina non solo al Pronto soccorso ma anche in maniera strategica al bar, in modo che dopo un prelievo i nostri pazienti possano avere con facilità un “premio” che gratifichi la loro collaborazione», spiega con un sorriso Semeraro. La sede avrà una nuova veste, cucita su misura per le esigenze dell’utenza: «Il Rotary si è reso disponibile a dipingere le pareti con colori e immagini per rendere l’ambito ancora più gradevole e rilassante a favore di chi ne usufruisce».

La nuova sede del Percorso Delfino sarà, in maniera strategica, vicino al bar in modo che dopo un prelievo, un esame o una visita i nostri pazienti possano avere con facilità un “premio” che gratifichi la loro collaborazione

Antonia Semeraro, medico, responsabile e coordinatrice del Percorso Delfino

Ruolo cardine continuerà ad averlo la sinergia: «È importante fare rete non solo insieme al DAMA regionale e nazionale ma anche sul territorio: parlare la stessa lingua a livello di approcci e metodi permette di dare risposte più efficaci ai nostri pazienti e anche ai loro familiari perché anche l’attenzione nei confronti dei caregiver resta fondamentale».

Un accompagnamento a tutto tondo

Sul fronte del miglioramento della presa in carico sanitaria, traguardi e prospettive s’intrecciano fortemente, come ci testimonia Lucia Cappiello, medico specialista di audiologia e foniatria al Percorso Delfino. «Il nostro obiettivo è rendere il più possibile precoce la diagnosi di disfagia», racconta. «Prima di tutto abbiamo creato la possibilità di fare una valutazione foniatrica all’interno delle strutture del territorio, destinata alle persone che presentano un disturbo del neurosviluppo, bambini compresi, così da riscontrare la presenza della disfagia indipendentemente che ci sia o meno un sospetto». È un vero e proprio screening a tappeto, che prosegue attraverso un accurato monitoraggio. Indispensabile ancora una volta il lavoro di rete: «Con i pazienti utilizziamo le strategie suggerite dal caregiver e dalla struttura per migliorarne la collaborazione, prevedendo sempre un affiancamento con le figure che li seguono». Approcci ma anche metodiche diagnostiche che fanno la differenza, come sottolinea Cappiello: «Prevediamo l’uso della videofluoroscopia, esame di tipo radiologico, che consente di effettuare diagnosi più precise anche nei pazienti meno collaboranti perché meno invasivo. Inoltre può consentire l’affiancamento del caregiver». Il progetto prevede l’implementazione di un ulteriore strumento di carattere informativo: «Si tratta di schede che informano sul funzionamento neuropsicologico del paziente, comprese le soluzioni che possiamo utilizzare per farlo sentire a proprio agio durante la visita, e sulle sue abitudini alimentari. Queste schede sono consultabili dalle figure sanitarie di riferimento per migliorare l’approccio medico e monitorare al meglio i possibili cambiamenti».

Ulteriore novità è il servizio di supporto psicologico fornito sia ai paziento con disabilità che accedono alle cure e alle visite sia ai loro caregiver. Focale resta infatti la continuità del rapporto tra paziente e familiare: un connubio che viene tutelato e valorizzato anche nel contesto del Pronto soccorso, dove il tempo gioca un ruolo cruciale. Su questo punto riflettiamo con Massimo Amato, direttore della medicina d’urgenza e del Pronto soccorso del “Carlo Poma” di Mantova: «Il paziente non può essere mai decontestualizzato dal caregiver, sarebbe devastante per il paziente stesso che ha difficoltà a comunicare i suoi sintomi», spiega. «Noi stessi come sanitari abbiamo bisogno del familiare che diventa il nostro “traduttore ufficiale” di gesti, manifestazioni e comportamenti della persona perché la conosce meglio: questo ci aiuta anche a migliorare l’approccio e nella gestione di esami e valutazioni». Il caregiver – che in larghissima maggioranza è una donna – entra quindi a far parte di questo meticoloso processo di accoglienza e cura a tutti gli effetti. «Non sempre quello che propone un medico può essere bene accolto, ci può essere una resistenza da parte del caregiver con una ricaduta emotiva sul paziente stesso. Per questo abbiamo attivato un servizio di supporto psicologico che aiuti il dialogo e il confronto rispetto alla decisione clinica». Il lavoro di rete prosegue durante tutto l’iter, evitando al caregiver di disperdere tempo ed energie: «In pratica tutti noi specialisti che seguiamo il paziente ci riuniamo con il suo familiare per discutere il percorso diagnostico e clinico che stiamo svolgendo, evitando al caregiver di dover andare a colloquio individualmente da ogni singolo specialista. Questo gli permette di risparmiare tempo e soprattutto di valutare al meglio la decisione da prendere, com’è giusto che sia».

Tutti noi specialisti che seguiamo il paziente ci riuniamo con il suo familiare per discutere il percorso diagnostico e clinico, evitando al caregiver di dover andare a colloquio individualmente da ogni singolo specialista. Questo gli permette di risparmiare tempo e soprattutto di valutare al meglio la decisione da prendere, com’è giusto che sia

Massimo Amato, direttore della medicina d’urgenza e del Pronto soccorso

Per realizzare un confronto multidisciplinare finalizzato a migliorare ancora di più la cura e l’accoglienza dei pazienti con disabilità, il Percorso Delfino il 28 ottobre ha organizzato un convegno. «Sentivo l’esigenza di realizzare un confronto sul tema della disabilità e allo stesso tempo di ribadire alcuni aspetti che riguardano il nostro ambito di lavoro», evidenzia Antonia Semeraro. «La soddisfazione più grande è stata vedere come l’idea di rete sia passata in pieno». L’incontro è stato arricchito da 60 collegamenti da tutta Italia, che hanno coinvolto altri DAMA, ospedali, associazioni dedicate e strutture che ospitano persone con disabilità. Sono inoltre intervenute persone con sindrome di Down, con sclerosi multipla e con disabilità del neurosviluppo per raccontare la loro esperienza. «Diversi territori si stanno attivando per far nascere nuovi DAMA, per esempio al Gaslini di Genova», spiega Semeraro. «La richiesta principale espressa dai pazienti riguarda proprio l’implementazione ancora più forte a livello territoriale del nostro servizio. Noi faremo di tutto per soddisfare questa esigenza».

Un servizio come questo credo debba essere presente in ogni ospedale perché ce n’è davvero tanto bisogno

Graziella Goi, presidente di Anffas Mantova

In ogni ospedale

L’associazione di Terzo settore che ha accompagnato fin dai primi passi sia il Progetto DAMA sia il Progetto Delfino è Anffas. Valentina Salandini, pedagogista e direttrice tecnica di Anffas Mantova, spiega: «Per favorire il benessere fisico delle persone occorre fare il più possibile prevenzione ed escludere che alla base delle manifestazioni comportamentali del paziente ci sia una causa di tipo fisico che scateni il disagio. Chiunque di noi quando ha mal di testa può assumere autonomamente un medicinale e risolvere il sintomo e il malessere, mentre chi ha gravi problemi di comunicazione spesso non riesce ad esprimere il motivo del suo malessere, in alcuni casi nemmeno utilizzando le immagini della comunicazione aumentativa alternativa. La diagnostica a maggior ragione gioca un ruolo fondamentale in questo frangente». La presidente di Anffas Mantova, Graziella Goi, torna con la memoria all’inizio del Percorso: «Ricordo che non è stato semplice metterlo in piedi, a maggior ragione i risultati raggiunti oggi ci danno grande soddisfazione. Per noi che ci confrontiamo quotidianamente con la condizione della disabilità grave resta fondamentale mantenere aggiornato il personale sanitario attraverso una formazione che sviluppi gli approcci e migliori sempre più l’accoglienza medica dove la fiducia svolge un ruolo chiave. Un servizio come questo credo debba essere presente in ogni ospedale perché ce n’è davvero tanto bisogno».

Un sogno condiviso da sempre più persone, in risposta a un bisogno che possiamo definire senza dubbio essenziale.

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