"Vedi il sole che sorge laggiù"? Mi ha domandato un giorno il nonno, subito dopo avermi svegliato per accompagnarlo a lavorare nel giardino dei limoni. "Il sole splende per tutti – ha continuato – ma ora che lo stai guardando e sei così contento, è come se nascesse solo per te".
Così inizia Di asini e di boschi, il libro di Alfio Scandurra, uscito nel 2020 per Ediciclo editore, che racconta come la sua vita è cambiata non solo per la direzione che ha preso ma soprattutto nel modo di percorrerla, dopo aver conosciuto quello è diventato il suo inseparabile amico: un asino di nome Fiocco.
Alfio è un ex conosciutissimo capitano della squadra di rugby di Pordenone, classe 1970, figlio di un avvocato che lo ha educato a riservare sempre qualcosa del proprio lavoro per chi è meno fortunato e di una insegnante di lettere. Oggi è padre e nonno. Vive nel brulicante Nord-Est ma le sue origini sono siciliane. Dalla fine dell’Istituto agrario si occupa di verde e di alberi: si arrampica sulle loro cime, li cura, li guarisce, a volte li abbatte, come quelli che oggi si fanno chiamare "Flying gardeners". Ora i suoi trekking con gli asini sono appuntamenti sempre più importanti per molte persone. Lo abbiamo incontrato perché nel racconto che ci fa del suo vagabondare con un asino, si intuisce una scoperta di pace, di ricchezza di esperienza nel ritorno alla propria umanità autentica che merita qualche domanda.
Cosa c’entra il sole che sorge con un capitano di rugby, un asino e il desiderio di essere liberi?
Il rugby mi ha dato moltissimo: oltre a zigomi feriti mi ha insegnato a stare in una squadra, è stato altamente formativo perché è lo sport per eccellenza, dove un uomo da solo non fa niente, se non c'è il sostegno di tutti. Posso andare avanti con la palla in mano, ma so che se vengo placcato, se cado a terra, c'è qualcuno che si occuperà di me per continuare ad avanzare! È un gioco molto leale dove l'arbitro viene ancora rispettato, dove ci sono dei valori importanti: insegna al sacrificio, a non mollare ad arrivare a una meta. E nel mio cammino accorgersi, da grandi, che quelle parole del nonno a cui avevo dato poca importanza, sono invece rimaste lì come semi, un giorno mi ha fatto ricordare che siamo certamente circondati dalla bellezza ma se la bellezza sta negli occhi di chi sa accoglierla, di chi sa guardarla, il vero segreto non è “il sole”, proprio perché il sole sorge per tutti: il vero segreto è vivere la felicità nel guardarlo e sapere che è lì per te, e allora guardare una persona ma anche una felce nascosta nel sottobosco, un germoglio di Crocus che inizia a spuntare dalla neve, una raganella appoggiata sulla riva… La bellezza si palesa. La bellezza è propria della natura, ma chi ne gode veramente sono solo le persone che imparando a guardarla, riescono ad apprezzarla, perché riescono davvero a vederla.
Tu scrivi: "Quello che manca semmai è l’essere grati per ciò che abbiamo". Credi che in questi tempi così duri, l’ingratitudine sia la malattia?
Tempo fa per evitare i festeggiamenti del capodanno (sono uno che ama molto la solitudine), me ne sono andato per i Magredi con Fiocco. La notte c’erano cinque gradi sotto zero. Nei Magredi c’è un branco di lupi che a me non dà fastidio, però magari poteva spaventare Fiocco, così io non mi chiudo in una tenda per rimanere visibile ai lupi in modo da tenerli lontani. Ero accanto al fuoco e mi godevo quella bellezza: un tramonto rosso indimenticabile e poi man mano che mi scaldavo dicevo a me stesso: “Oh guarda quanto importante è questo fuoco, quant'è bello e come sto bene io in questo istante!”. Era il periodo della Rotta balcanica: qua in Friuli abbiamo la rotta dove i siriani o quelli che scappano dalle zone martoriate del Medio Oriente attraversano il Montenegro, la Serbia e poi entrano in Italia. Soprattutto in Serbia tante volte li bloccano sulla neve. Col pensiero a loro mi è venuto di riflettere su quanta gente si lamenta per le cose futili, quando il 70% il resto del mondo sta cercando una casa, e sta peggio di noi.
Era il periodo della Rotta balcanica: qua in Friuli abbiamo la rotta dove i siriani o quelli che scappano dalle zone martoriate del Medio Oriente attraversano il Montenegro, la Serbia e poi entrano in Italia. Soprattutto in Serbia tante volte li bloccano sulla neve. Col pensiero a loro mi è venuto di riflettere su quanta gente si lamenta per le cose futili, quando il 70% il resto del mondo sta cercando una casa, e sta peggio di noi.
Mi venivano in mente i profughi che nella stessa mia notte gelida e non potevano neanche sapere se al mattino avrebbero trovato i figli ancora vivi o congelati: c’è gente che non sa neanche cosa mangiare e non ci lamentiamo perché magari non abbiamo ricevuto il regalo bello, oppure abbiamo da fare un po' di coda in macchina per tornare a casa. Bisogna imparare a essere grati di tutto! Nella mia vita io stavo camminando velocemente. Il mio asino Fiocco mi ha costretto a rallentare. Così ho iniziato a vedere cose nuove: ero sempre stato un amante della natura. Allo stesso tempo avevo il rugby che ha bisogno di molta adrenalina. Andavo su per le cime in montagna, facevo canioning, mi buttavo nei fiumi con la canoa, fino nelle cascate, quindi avevo una sorta di atteggiamento, nei confronti della vita, che direi “predatorio”: raggiungere conquistare con la necessità di avere la massima prestazione. Fiocco è diventato il mio maestro: all'inizio mi ha rallentato! Rallentare per lui è la cosa più normale: bruca, non ha fretta e se il prato è bello si ferma! All'inizio lo invitavo a muoversi, gli dicevo: “dai andiamo”, poi un giorno mi sono detto: ma alla fine, dove stiamo andando? Ho imparato ad apprezzare la bellezza dell'ozio della natura, dell’imparare a rilassarsi, ad ascoltare, a guardare e a conoscere. Quando ho occasione di fare attività con i bambini cerco di farglielo vedere e anche capire e loro si stupiscono dell'universo che c'è in un metro quadrato.
Cosa hai iniziato a vedere di nuovo rispetto all'amore che già avevi per la natura?
Non è il tuo amore per la natura il motore, ma la natura che inizia a risponderti: nei miei viaggi faccio moltissime soste. Ho imparato a osservare con calma, senza fretta. Un giorno Fiocco era sdraiato accanto a me nell'erba, gli avevo tirato via il bastio, quindi avevo appoggiato le sacche e mi ero sdraiato anche io: ho iniziato a guardare dove guardava lui, e vedevo un filo d'erba, poi un fiore poi la coccinella che sale nel fiore e guardavo le formiche e ti rendi conto quanta biodiversità c'è in un metro quadrato. Ma quello che mi ha cambiato, che ha sfondato la mia visione è stato il senso di pace. La pace è una conseguenza: dopo che ti sei accorto, hai visto tutto questa bellezza, ti senti “obbligato” a stare in silenzio, a chiudere gli occhi. Ora lo faccio fare alle persone che accompagno. Allora lì c’è una risposta: è la natura che entra in te che sei natura. Quando vai di fretta, anche se passi in un bosco, passi per un prato, cammini con la tua idea, hai la tua cosa di raggiungere, che sia una cima o un Bivacco. Così è più difficile assaporare. In questo senso per la pace, occorre un suo tempo, una lentezza. Ora, imparando, iniziano a proporre questi “Bagni di foresta”, per far incontrare davvero la persona con la natura. Per me Fiocco è stato il tramite, camminare con lui che non ha fretta che risponde ai suoi bisogni primari, quando sente rumore alza la testa e guarda, e si riguarda intorno e ritorna a brucare… a passo d'asino scopri anche mille altre cose: i capitelli, le chiesette, il rudere, non è come parcheggiare la macchina, fare due passi e andare via: è invece un arrivare, un arrivarci pian piano.
In questo ritorno alla natura tu racconti di esserti accorto della sacralità del bosco che può essere tutto e il contrario di tutto, l'esperienza più paurosa o l'esperienza più pacificante a seconda di come lo percepisci. Ecco io vorrei chiederti se tu riesci a rivivere questa esperienza di sacralità poi anche nelle relazioni umane…
Sì è così. Ma non tutti capiscono o cercano di entrare in questa lunghezza d’onda. Così come vedi certi bambini che sono gradassi con gli asini e altri invece hanno lo stupore, che percepiscono la sua “specialità”, entrando in connessione con l’animale. Il differenziale lo fa chi vive con stupore e lo stupore per la bellezza è un andare oltre ai cliché e allo status quo, è andare oltre l'immagine che ti danno a cui devi corrispondere. Quando un bambino un po’ "diverso” si avvicina a Fiocco e gli appoggia una mano sulla guancia, vedi se nasce un silenzio, se dalla loro faccia sta iniziando qualcosa che è una connessione. Altri gli danno la carotina e via, al massimo ti chiedono delle orecchie lunghe e se la ridono, tutti i bambini racconti cosa è l’asino, quali sono le sue caratteristiche ma certe cose che non gli puoi spiegare, in alcuni bambini accadono, li vedi subito che sono diversi, hanno una sensibilità diversa. Così vale per gli uomini. Ci sono uomini a cui puoi raccontare la sensazione che hai e l’energia che ti arriva a stare appoggiato in un tronco e ti guardano come un matto e altri invece che sentono la necessità di recuperare quell’esperienza perduta. I miei trekking non sono per arrivare alla scoperta della cima, ma per arrivare a qualcosa di sé, alla scoperta della pace e della bellezza della natura, nelle piccole cose.
Questo viaggio nomade è quindi un ritornare a se stessi?
Sì, nel cammino lento, con percorsi lunghi dov'è l'arrivo è dilatato ho visto che si riesce a percepire meglio il tutto, perché non si corre il rischio di sottostare alle tempistiche. Certamente ho un obiettivo ma è più importante quello che accade durante. Il fatto di camminare per imparare la bellezza assecondando l’asino, fermarsi quando c'è una cosa interessante, un incontro inaspettato con un contadino o con un vecchietto in un borgo, non ti fa più dire “devo andare via” e ti accorgi che è davvero importante incontrare e parlare. Quindi quando arrivi in questo tempo come dilatato hai dato un senso assoluto alla libertà: lì c’è la vera pienezza, quella del 'vagabondare' ma con un senso: come quelli che andavano in Terrasanta, magari alcuni non ci sarebbero mai arrivati e lo sapevano: viaggiavano ma era il viaggio in sé la loro terra promessa.
Si ma c’è anche da lavorare e da correre. O Fiocco ti ha cambiato anche lì?
Nel mio lavoro sono considerato una persona brava che sa fare bene e che si da molto da fare. Negli ultimi anni avrei potuto creare più squadre e puntare tutto sul farmi un capitale. Ma qual’è la mia vera felicità? Se la mia vera felicità è questa pace che ho ritrovato nella natura e io divento un piccolo capitalista con 10 operai da far trottare ogni giorno, che vita sarebbe diventata la mia vita? Ho deciso allora di fare solo quello che mi serve, quello che considero il mio necessario così per avere tempo e non dover essere schiavizzato del mio lavoro. Pur avendo una anima combattiva capace di sfondare una linea avversaria, da quando vivo nella natura sono molto più calmo, più riflessivo, meno emotivo e mi arrabbio meno. Non vivo nell'ansia del futuro. E taglio gli alberi in modo diverso, rispettandoli.
Perché sei andata a vivere in una Yurta mongola?
All’inizio mi sono appoggiato, la Yurta era stata costruita per quando viene gente a vedere Fiocco e gli altri asini, avere un punto coperto… poi ho iniziato a fermarmi la sera ed era così bello: vedi le stelle che ti entrano, sono vicino ai miei asini… Per me è sempre un problema di cosa mi rende davvero felice. Le persone che mi chiedono di accompagnarli nei trekking, non sono interessati a sapere se ho una casa lussuosa o la piscina o se ho comprato l'ultimo modello di quell’auto.
Si può dire che la rivincita di Fiocco come “rappresentante” di un genere animale sfruttato e bistrattato e ridicolizzato è la tua pace?
Il raglio dell’asino è come un urlo all’infinito di chi per troppo tempo ha taciuto e tacere non vuole più. Così a Fiocco dico sempre: "Raglia forte, fatti sentire perché te vali e sai chi sei!". E questo vale per tutte quelle persone che si sono sentite private e bistrattate. Ognuno di noi può dare qualcosa.
Per chi volesse contattare Alfio Scandurra, qui la sua pagina Facebook.
Le foto sono di Daniele Salviato
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