Volontariato
Un’utopia concreta a cui dare gambe solide. Intervista sulla campagna per il Ministero della Pace
Lo scorso 6 maggio si è svolto a Bologna il seminario nazionale a cura della campagna per il “Ministero della pace”, al quale ho partecipato in rappresentanza del Movimento Nonviolento e di Rete Italiana Pace e Disarmo. Ecco una mia intervista sul tema, a cura di Laila Simoncelli, pubblicata su Sempre news
A Bologna il 6 maggio scorso, si è riflettuto sul Ministero della pace per ripensare i paradigmi istituzionali.
Quale ruolo e funzioni rispetto al disarmo dovrebbe avere questo nuovo Ministero?
«In questa fase – nella quale lo stesso ministero della “difesa” si caratterizza sempre di più come ministero della “guerra” – più che sulle funzioni del Ministero della Pace, sarebbe necessario ragionare sui mezzi per realizzarlo, e autenticamente, come fine. Credo sia necessario lavorare contemporaneamente, sui mezzi e sul fine, per costruire una cultura politica di pace, fondata sulla nonviolenza e il disarmo, che abbia come esito, anche il riconoscimento istituzione di un ministero ad essa dedicato; politiche portate avanti oggi dal basso, attraverso forme di lotta e di impegno nonviolento delle relative campagne, affinché diventino domani autentiche politiche di pace dei governi del nostro paese. Ossia coniugare “pacifismo giuridico” e “pacifismo strumentale”, secondo la distinzione proposta da Norberto Bobbio. In questo senso il fine del ministero della pace – e quindi di istituzioni autenticamente pacifiste, secondo lo spirito e la lettera della Costituzione – dovrebbe essere conseguente (e coerente) all’impostazione di politiche attive di pace, cioè di disarmo e riconversione sociale delle spese militari, di riconversione civile dell’industria bellica e adesione al Trattato per la messa al bando delle ami nucleari, di costrizione della difesa civile non armata e nonviolenta e dei corpi civili di pace. Sul tema delle risorse sulle quali dovrà e potrà contare il futuro ministero, a mio avviso, sono da spostare dalle risorse risparmiate attraverso i processi di disarmo e di drastico taglio alle spese militari».
Gli osservatori e costruttori di Pace della società civile (Opal, Iriad, RIPD) quale ruolo potrebbero giocare con un dipartimento ministeriale per il Disarmo e la riconversione dell’industria bellica nell’organigramma del Ministero della Pace?
«In questo senso, il ruolo della società civile organizzata e delle sue reti svolge un ruolo fondamentale e già ora – perché le campagne condotte contribuiscono a costruire quella cultura politica diffusa che possa rendere anche il Ministero della pace “socialmente desiderabile”- per dirla con Alex Langer – oltre che utile e funzionale alle politiche attive e continuative di pace. Rispetto ad una futura organizzazione del ministero, oggi posso immaginare l’istituzione di un Tavolo permanente di consultazione e controllo, a cui parteciperebbero le reti, sul il processo di disarmo e di riconversione civile dell’industria bellica- in stretta connessione e raccordo con i ministeri della difesa e dello sviluppo economico- all’interno di un governo che finalmente abbia l’impegno per la pace, con mezzi pacifici, tra le proprie priorità politiche e istituzionali».
Quali pensa possano essere le gambe su cui fare avanzare e rendere desiderabile alla Politica e alla società civile il progetto del Ministero della Pace?
«Questo, al momento, è il tema fondamentale sul quale, a mio avviso, è necessario concentrare gli sforzi: dare gambe solide e lungimiranti alla proposta. Si tratta di organizzare una campagna culturale e politica nazionale e territoriale, (con un comitato, una segreteria…) che- in stretto collegamento e coordinamento con le altre campagne pacifiste, disarmiste e nonviolente in corso- faccia i passaggi necessari per costruire, nel tempo, le premesse per realizzare l’”utopia concreta” (Langer) del Ministero della pace, oltre ad uno strumento, giuridicamente cogente ed efficace, per raccogliere il sostegno popolare al progetto. Tutto questo, naturalmente, necessita di risorse economiche e dovrebbe essere anche organizzata la raccolta fondi».
In prospettiva dove collocare l’”altra difesa possibile” tra le azioni di un Ministero della Pace?
«La campagna “Un’altra difesa è possibile” per l’istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta, è stata lanciata ormai tre legislature orsono, dalle reti per il disarmo, la nonviolenza e il servizio civile, ed è in fase di ripartenza nella nuova legislatura attraverso la forma della proposta di legge di iniziativa popolare. Si tratta del disegno di un organismo, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri finanziato sia attraverso uno spostamento strutturale di risorse dal Ministero della difesa che attraverso la forma dell’opzione fiscale dei cittadini, in sede di dichiarazione dei redditi. La raccolta delle firme, necessarie per presentare la proposta di legge di iniziativa popolare, avviata nel 2014, ha avuto l’importante effetto collaterale di aprire sul piano nazionale e territoriale un ampio dialogo volto all’apertura del concetto di difesa della patria, oltre la difesa armata, alla difesa dei diritti e della sicurezza dei cittadini, secondo gli articoli 11 e 52 della Costituzione. Le finalità delle due campagne sono complementari; occorre raccordarsi già in questa fase di impegno costruttivo, attraverso percorsi che si rinforzino reciprocamente, insieme alle rispettive reti civili di supporto. Il Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta ad esempio può configurarsi come obiettivo intermedio per poter raggiungere, un giorno, anche l’obiettivo più ambizioso del Ministero della pace».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.