Famiglia

De Palo: «Avremo più posti nido che bambini»

Parla il presidente della Fondazione per la natalità: «Nessuno può dirsi contrario all'apertura di nuove strutture, il problema è che se non nascono bambini, per fare i nidi utilizzeremo risorse che poi andranno perdute»

di Alessio Nisi

Il concetto è chiaro, stretto sì nei pochi caratteri di un tweet di risposta ad uno del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro – Cnel, e dentro c’è la sintesi di una stato, quello relativo alla natalità in Italia, che Gigi De Palo, 46 anni, presidente della fondazione per la natalità, considera «un’emorragia tremenda», «un’emergenza sociale. Sbaglia chi lo considera qualcosa di identitario o ideologico. È un problema che riguarda tutti e che coinvolgerà tutti i governi, di qualunque colore, dei prossimi anni». Il tema in particolare? Gli asili nido. Più precisamente il numero degli asili nido: il Cnel citava un proprio rapporto, mettendo in evidenza come il numero degli asili nido in Italia abbia raggiunto l’obiettivo di Barcellona, anche senza utilizzare i fondi del Pnrr (argomento al centro del dibattito in questi giorni). «Grazie alla denatalità. Faccio sommessamente notare che se non ripartono le nascite tra poco avremo più posti nido che bambini» la replica di De Palo, che ricorda che in Italia si «stanno già chiudendo scuole dell’infanzia».

De Palo, lei ha twittato: «A che serve una tavola apparecchiata se non hai nulla da mangiare?». Può spiegare meglio?

«Il quadro è questo: la conferenza di Barcellona aveva posto delle percentuali minime di asili nido in rapporto ai bambini. Ebbene noi abbiamo raggiunto questi obiettivi senza nemmeno avere gli asili costruiti col Pnrr».

Qual è il problema?

«Nessuno può dirsi contrario all’apertura di un nido, il problema è che se non nascono bambini, per gli asili nido utilizzeremo risorse che poi andranno perdute. Perché questi nido, alla luce delle previsioni demografiche (che sono da inverno demografico), rimarranno vuoti. La domanda è: che senso apparecchiare la tavola se non hai da mangiare, che senso ha farsi in quattro su tutta una serie di politiche che ci faranno sprecare dei soldi, se prima non facciamo un piano di ripartenza delle nascite? Facciamole ripartire, poi ci costruiamo attorno tutto il resto. Il tema non è quello degli asili nido, ma quello ancora precedente della natalità. Senza natalità buttiamo i soldi, perché corriamo il rischio di approntare strutture che non verranno utilizzate fra 2 o 3 anni».

Rischiamo di buttare soldi, non nostri.

«I fondi del Pnrr in parte dovranno essere restituiti, dai nostri figli, che oltretutto si troveranno sulle spalle strutture da gestire nel tempo. Perché, sempre in tema di asili nido, il costo principale non è costruirli».

Che fare per invertire la tendenza?

«Ho la sensazione che si vada avanti a mode. Dobbiamo invece fare un piano per la ripartenza delle nascite. Solo dopo aver fatto questo piano, sicuramente vanno costruiti gli asili nido».

Una piano in tre punti. Ne parliamo?

«In primo luogo dobbiamo avere un obiettivo condiviso da tutti, che poi è quello indicato dall’Istat: quota 500 mila nuovi nati entro il 2033. Dobbiamo crescere di 10 mila bambini ogni anno. Come si fa?».

Già, come si fa?

«Ci vuole prima di tutto una fiscalità a dimensione familiare. Dobbiamo pagare le tasse in base a reddito e composizione familiare. Secondo punto, assegno unico impattante. Fai pagare meno tasse a chi ha figli e dai un assegno unico che va ad impattare seriamente e vedrai che ti cambia il tenore di vita. Terzo punto, sicuramente creare le premesse perché i giovani possano avere una casa e un lavoro a tempo indeterminato prima: perché la precarietà influisce negativamente sulla natalità».

Su queste misure come procede l’interlocuzione col Governo?

«Nel Governo la consapevolezza del problema è buonissima. Vedremo che cosa ci sarà nella prossima legge di bilancio di tutto quello che ci siamo detti agli Stati Generali della natalità e se sarà importante da cambiare il mood. Si vedrà se c’è una volontà politica».

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